Contro la paura racconta del grande inganno.
Il grande inganno di cui siamo vittime tutti, o quasi, a vantaggio di pochi. Pino Arlacchi scrive, appunto, Contro la paura di un futuro fosco, violento, teatro di continui scontri.
La violenza, infatti, è in continuo aumento, cresce il numero di guerre, attacchi terroristici, omicidi, soprusi e dipendenze da sostanze stupefacenti. Questo, almeno, è quello che ci fanno credere.
Questo è il grande inganno.
Ma chi sono gli artefici di quest’opera a tinte cupe? Sono i governi, almeno quelli più ricchi e con maggiori interessi in ballo, il mondo della comunicazione e dei mass media, gli apparati militari che giocano un ruolo fondamentale.
La verità è che la tendenza è nettamente opposta.
Le guerre diminuiscono progressivamente, sia in frequenza che nell’impatto sulle vite umane. Gli attacchi terroristici sono molto meno frequenti e pericolosi di come ci vengono presentati. Gli omicidi, anche in città che appaiono particolarmente turbolente come New York, sono in realtà in declino costante.
Pino Arlacchi utilizza ciò che avuto modo di conoscere e di scoprire durante la sua notevole carriera, che spazia dalle strategie antimafia alle Nazioni Unite, passando per la Camera e l’università. L’autore svela l’altra faccia di più di una medaglia, aprendo gli occhi dei lettori.
Contro la paura presenta gli aspetti e le motivazioni del grande inganno, ma anche la tendenza, quella realmente in atto, verso un sempre maggiore ricorso alle risoluzioni non violente e al confronto.
La storia, l’analisi socio politica dei fatti ma anche quella della natura umana e la filosofia si uniscono in un saggio che svela il germe, in potenza, di ciò che ancora sembra un’utopia: un mondo pacifico.
La chiave del libro edito da Chiarelettere è il confronto tra le varie teorie e tra queste ultime ed i dati reali, concreti, affinché il lettore abbia una visione chiara e realistica del contesto in cui vive. Potremmo riassumere lo spirito di questo testo con una citazione dell’autore:
Tutto il senso del mio lavoro è consistito nel tentativo di fare politica in modo scientifico e di fare scienza in modo politico. Cosa ritenuta doverosa da Carlo Marx e impossibile da Max Weber.
Mariarosaria Clemente