Contesi tra nostalgia e degrado, in Italia esistono borghi fantasma

Borghi fantasma

In Italia esistono interi borghi completamente abbandonati. Dei borghi fantasma, in cui ad aggirarsi sono rimasti gatti, polvere e silenzio. Tutto appare immobile: le porte delle case, aperte dai curiosi. Le tavole apparecchiate. I letti sfatti. Tutto congelato in un tempo che non riprende a scorrere. In genere, la casistica è la medesima: il disastro di un terremoto, il conseguente spopolamento e la disgrazia di promesse mai mantenute.

Secondo i dati Istat sono circa seimila i borghi d’Italia abbandonati. Un numero, con ogni probabilità, destinato ad aumentare negli anni, se si considerano anche i piccoli agglomerati abitativi o gli alpeggi. A renderli luoghi fantasma, diversi motivi: emigrazione, spopolamento e, nella maggior parte dei casi, calamità naturali come terremoti.

Dopo l’abbandono, più nulla. Rimasti in silenzio, quei borghi hanno continuato a vivere nella memoria di chi li ha abitati, sebbene oggi vengano riscoperti con un’incredula meraviglia. Circondati da una malinconia straziante, appaiono come una fotografia scattata decenni prima. Molti borghi fantasma sono stati così rivisitati: le stradine deserte hanno riiniziato a ripopolarsi di curiosi, nostalgici e turisti che, tra un passaparola e un altro, hanno permesso a questi luoghi di riappropriarsi d’identità, da tempo abbandonata alle braccia dell’incuria e dell’indifferenza.

Contesi tra nostalgia e degrado

Tra i borghi fantasma più famosi d’Italia, indubbiamente, c’è il borgo di Tirone a Messina.

Un pezzo di storia, ma anche di resistenza: scampato a ben due terremoti – quello del 1783 e quello del 1908 – è sopravvissuto anche ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Eppure, oggi il borgo rischia di morire per l’incuria e il degrado in cui sosta.

Ubicato nel cuore della città vecchia, l’antico quartiere del Tirone prende il suo nome da un illustre personaggio storico, Gerone, tiranno di Siracusa, il quale vi si accampò la notte prima di stringere d’assedio Messina, nel 246 a.C. Caratterizzato dai bastioni cinquecenteschi di Carlo Quinto, dalla settecentesca scalinata Sergi e da abitazioni ottocentesche – note come Case Durante – un tempo era un colle ricco di chiese e palazzi.

Ovunque, probabilmente, sarebbe stato trattato come punto di forza, simbolo di prestigio e sfarzo. In Italia, invece, diventa il simbolo di fallimento. Anche a seguito di progetti di riqualificazione, promesse di restauro e denunce di residenti ed esponenti politici, il Tirone oggi è rimasto inalterato: sepolto tra sacchi di spazzatura e sporcizia.

Infondo, è un vizio tipicamente italiano: così abituati alla bellezza, da lasciarla deperire.




Quasi non avessero valore, molti borghi storici vengono dimenticati, nonostante il loro recupero permetterebbe lo sviluppo di un vero e proprio turismo sostenibile. I borghi fantasma presenti all’interno del territorio italiano permetterebbero l’accesso ad un’esperienza insospettabile, fatta di ricordi e periodi lontani, ma ben conservati. I luoghi fantasma sono, dopotutto, autentici soggetti antropologici, incastrati in un vissuto sospeso. Ridare loro dignità è possibile, soprattutto attraverso ricerche etnografiche, progetti di restauro e la diffusione della loro storia, fatta di folclore, ma non solo.

Progetti futuri

L’abbandono di interi borghi, simbolo d’identità e tradizione, non è passato completamente in sordina. Difatti, è stato previsto dal PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – un cospicuo stanziamento destinato al rilancio dei borghi italiani, in abbandono o già abbandonati. La strategia messa in campo è finalizzata, sostanzialmente, alla creazione di un acceleratore socioeconomico che permetta interventi di restauro architettonico e attrazioni in grado di suscitare interesse e futuro.

La leva economica attivata dal Ministero per la Cultura – MiC – ha messo a disposizione un miliardo di euro, tratteggiando due linee ben precise. La Linea A prevede l’erogazione di 420 milioni di euro, suddivisi tra ventuno borghi e individuati da Regioni e Provincie Autonome. La seconda linea di intervento – Linea B – ha come obiettivo, invece, la realizzazione di progetti locali che stimolino il risveglio culturale. In totale, saranno interessati ben 229 borghi italiani, alcuni dei quali hanno già iniziato a riscuotere successi e soddisfazioni, risvegliandosi da un sonno che pareva destinato a essere eterno.

La riscoperta dei luoghi dimenticati: il caso di Bussana e Apice Vecchia

Bussana Vecchia è un antico borgo ligure, abbandonato e rinato per merito dell’arte.

Ubicato alle spalle della famosa città di Sanremo, il borgo di Bussana Vecchia fu colpito da un violento terremoto nel 1887 e abbandonato dai suoi abitanti a seguito del disastro. La scossa che colpì l’entroterra sanremese danneggiò la fortezza, le abitazioni e la chiesa di Santa Maria delle Grazie, diventata poi la chiesa di Sant’Egidio. Una costruzione del 1652, in stile barocco, sorta su un edificio medievale esistente già alla fine del XIV secolo.

Così, per moltissimi anni, Bussana Vecchia si trasformò in un vero e proprio borgo fantasma.

Negli anni Cinquanta, però, la storia del borgo ha trovato un nuovo senso. Un gruppo di artisti, artigiani e filosofi ha scritto per Bussana Vecchia una storia diversa, recuperandone la bellezza e il fascino. Ristrutturate le antiche case presenti intorno al castello, il borgo ha iniziato a prendere l’aspetto di un autentico laboratorio a cielo aperto, ricco di osterie, negozi, mostre, atelier, piccole osterie, botteghe, circondate da pietre, rovine e verde.

Un altro borgo estremamente suggestivo è Apice Vecchia, in Irpinia, a dodici chilometri da Benevento.

Colpito da un terremoto che costrinse i suoi abitanti a fuggire, il 23 novembre del 1980, oggi conserva ancora tutto il suo malinconico fascino. I segni evidenti del sisma si scontrano violentemente con la vita quotidiana di chi abitava quei luoghi, più di quarant’anni fa. Ai lati della strada centrale rimangono negozi, botteghe e abitazioni in cui l’arredamento è rimasto pressoché intatto, nonostante gli anni d’abbandono e le intemperie. Gli armadi accolgono ancora i vestiti di chi li indossava, i mobili e le credenze conservano piatti, bicchieri e stoviglie. Tutto è rimasto congelato, fermo nell’attesa dei propri abitanti. Inoltre, sul soffitto di uno dei palazzi nobiliari del borgo, è possibile ammirare un dipinto del celebre pittore Nicola Auciello, databile 1932.

E tutti gli altri?

Ad affiancare queste storie rimangono borghi lasciati a sé stessi, privati di memoria e dignità. Ad esempio, molti sono i borghi dimenticati in Aquila. Nel borgo di Castelnuovo tutto è rimasto fermo alle 3:32 del 6 aprile 2009, diventando preda perfetta di crolli, inadempienze e sciacalli.

Un ultimo dato è importante da riportare, estremamente significativo nella sua freddezza: ogni regione italiana ha almeno un paese fantasma, un borgo disabitato e una storia sconosciuta.

Angela Piccolomo

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