Conte: giornata media di un cittadino fumatore italiano

Il premier Conte è entrato in Senato oggi per sostenere le proprie argomentazioni alla presenza dei parlamentari riuniti. Il discorso del presidente non risparmia nessuno.

Il cittadino italiano fumatore medio alla fine del discorso di Giuseppe Conte, alle 15.58 di questo pomeriggio, aveva già consumato un quarto delle sue adorate. Il presidente del Consiglio, agguerrito più che mai, non si è risparmiato. Nel momento dell’entrata in scena in Senato ha deciso di stringere le mani a tutti, ma proprio tutti, Matteo Salvini compreso. Poi c’è stato quel momento in cui i due si sono avvicinati e, guancia a guancia, si sono scambiati qualche parola. Il nostro, il cittadino fumatore medio, ha accesso subito la prima, sintonizzato, come tutti i mediamente italiani fumatori e non, sulla direttissima nazionale.




“Chissà cosa c’era in quei sussurri..” avrà pensato lui, “quali epiche schermaglie retoriche non potrò mai udire?”. Ed è per questo che accende la prima sigaretta, perché la seduta si preannuncia interessante, in un certo senso narrativa, teatrale. A pensarci bene, già qualche ora prima aveva avuto l’impressione che sarebbe andata così. In mattinata, un’altra lettera social lo ha colto subito dopo il caffè e si è inframezzata alla sua conseguente sigaretta. Era Luigi Di Maio, che con pugno fermo vergava parole amicali dirette al premier Conte. Quasi una riflessione intima, una testimonianza privata che ha l’odore del diario segreto della giovinezza. Una pagina strappata a un manoscritto occultato, Dio solo sa quante avventure sono iniziate così, quante sigarette.

Poi si è arrivati al dunque, e Conte si è alzato dal seggio non appena è stato nominato. Lo sguardo serio, una mano regge i fogli, l’altra si libra nell’aria circostante assegnando meriti, elargendo accuse. Ne escono un po’ tutti menomati, l’azione certo non manca in questa novella, nè l’acredine. “E’ stato egoistico aprire una crisi di governo in questo periodo” sottolinea Conte, “è fondamentale chiedere il parere degli elettori, ma incosciente farlo una volta all’anno“. A questo punto fare i nomi è doveroso, e Matteo Salvini è al centro dell’invettiva di Conte. Al ministro degli interni si rimprovera una possibile svolta autoritaria, un’eccessiva attività di piazza a discapito di quella propriamente parlamentare, un’incoerenza comportamentale nello sfiduciare un governo di cui è membro, una sleale condotta nei confronti dei suoi alleati.

Inutile dire che il nostro cittadino fumatore medio indugia sul pacchetto in attesa della risposta del ministro. Pensa che, con tali stimoli, il devoto Matteo, per altro vituperato per l’uso propagandistico della fede, darà sfogo alla sua tecnica oratoria di maggior pregio. Intanto quello che sente è uno scrosciare di applausi che arrivano da parti differenti e opposte e che si alternano a seconda delle dichiarazioni del premier. Continui richiami al silenzio. Conte si barcamena nella burrasca senatoriale e cerca di portare a termine il suo discorso. Ai suoi lati siedono i due vicepremier.  Salvini ammicca, a tratti fa il broncio, richiama all’ordine la Lega, gesticola platealmente. Di Maio è sempre più in ombra, quasi non reagisce, d’un tratto, mentre Conte richiama l’attenzione sull’uso improprio (a parer suo) dei social per le campagne diffamatorie di stampo politico, una lieve flessione delle sopracciglia tradisce un non roseo pensiero: “Parlerà anche di me?”.

Ma passa subito. Ora tocca a Matteo Salvini che deve cambiare seggio per parlare e viene accolto dal plauso dei suoi senatori. Si inizia subito con l’elenco degli improperi che ha dovuto subire da parte di Conte. Poi si passa al vero Matteo, che parla dai palchi delle piazze cittadine. Perché lui, Salvini, lo sa che ci sono tanti italiani medi fumatori e non che lo osservano da casa, ed è a loro che vuole parlare. Agita il dito indice, ripete “No, no, no” più volte, con fermezza e cattolica osservanza. Il Paese necessita di riforme, di ““, e se, prima di tutto, il buon Dio e, poi, il popolo italiano, glielo concederanno, sarà lui a guidarlo alla riscossa. Per Conte solo un’osservazione ironica: “Non mi ero accorto di non esserle gradito in tutto questo tempo insieme“, il nostro cittadino da casa pensa di aver sprecato una sigaretta per un momento sbagliato.

Giunge l’ora di Renzi. Lui sì, è acceso. Accusa il ministro degli interni di avere un portamento non istituzionale, lo rimprovera per la scelta del periodo in cui ha innescato la crisi, augura un governo che possa permettere al Paese di attraversare la fase di transizione e sostiene che fieramente non ne farà parte.

Pausa di fine primo tempo.

Sono ore in cui le ipotesi possibili si succedono senza sosta. Salvini va in diretta Facebook, Renzi guarda in faccia le telecamere. Di Conte, ovviamente, nessuna traccia. Qualcuno gli rimprovera di aver sostenuto un discorso basato su un risentimento personale, di non aver criticato l’operato del governo quando in disaccordo. Le sue risposte si fanno attendere. L’alleanza più gettonata è quella tra il M5s e PD, nella possibilità che si realizzi un governo. Anche se quello che non si capisce è che tipo di governo dovrebbe nascere: di transizione, di stabilità, temporaneo? L’insinuarsi dei dubbi porta il nostro cittadino medio fumatore a cercare l’ultima sigaretta nel pacchetto e, mentre pensa di uscire di casa per andare a rifornirsi, all’improvviso, intorno alle 19.30 arriva una news: la Lega ritira la mozione di sfiducia nei confronti di Conte.

E’ impossibile distrarsi un attimo. Ancora qualche momento e Conte riprende la parola. “Non rinnego nulla“, dice, “nulla di quello che questo governo ha realizzato“. Poi la stoccata finale, riferita direttamente al ministro degli interni: ” Se manca il coraggio, sarò io ad assumermi le responsabilità, ora vado dal Presidente della Repubblica“.

Il cittadino medio fumatore ha fame, è ora di cena, spera che Mattarella parli presto. Non sa cosa gli mette più ansia, se un nuovo governo tecnico o la possibilità di nuove elezioni.

Paolo Onnis

 

 

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