La pandemia sta imponendo nuove forme di comunicazione, di studio, di lavoro e non solo. Contanti e covid sono correlati: ma cosa sta cambiando?
Il coronavirus sta modificando in maniera radicale, forse irreversibile, le nostre vite. Dopo la pandemia niente sarà più come prima: molti dei cambiamenti attuali sopravvivranno all’emergenza e rimarranno stabilmente nella nostra società. Tra questi troviamo il pagamento digitale, da anni al centro del dibattito tra scettici e ottimisti. Lotta all’evasione fiscale, trasparenza e praticità: questi i vantaggi del cashless che, in tempo di pandemia, si sommano alla necessità di evitare contatti con monete e banconote, possibili fonti di contagio. La correlazione tra diminuzione dei contanti e covid appare quindi strategica, ed è una delle priorità del governo. Anche nel nostro Paese la curva dei contagi non accenna a rallentare, raggiungendo livelli preoccupanti. E questo, già a partire dalla scorsa primavera, ha costretto gli italiani a stare a casa: qui, gli acquisti online hanno registrato una brusca impennata. Anche per le imprese le cose stanno cambiando, e l’Italia si sta adeguando.
Il piano dell’Italia per il 2020: contanti e covid
Un trend in costante crescita, quello degli acquisti digitali, che conosce in questa fase storica un’accelerazione. A tal proposito il governo ha previsto di incentivare, con una serie di misure, i sistemi di pagamento digitale, storicamente concepiti come un’opportunità per lottare contro l’evasione fiscale. Tra i provvedimenti presi spiccano il cashback e la lotteria degli scontrini. In particolare, il primo verrà introdotto a partire dal 1° dicembre 2020 e consiste in un rimborso parziale che spetterà ai cittadini sulla base di quanto avranno speso online. La lotteria degli scontrini, invece, partirà con il nuovo anno e – sebbene Confcommercio abbia chiesto una proroga – prevede un montepremi annuale da 5 milioni di euro. Inutile dire che i premi saranno diversificati: più alti i premi destinati a coloro che avranno scelto il cashless.
Cashless in Italia: a che punto siamo?
Secondo il Cash Intensity Index 2020, l’Italia si classifica – a livello internazionale – come uno degli Stati più dipendenti dal contante. L’indice è stato elaborato appositamente per comparare lo stato di digitalizzazione nei pagamenti delle economie mondiali e Ue. Dallo studio emerge che alcuni Paesi dell’Europa meridionale e orientale sono ad “Alta cash intensity”, cioè fra le 35 economie più dipendenti dal contante al mondo. L’Italia è al 28° posto, seguita dall’insospettabile Svizzera e dalla Slovenia. Tra le 35 peggiori economie troviamo anche Ungheria, Bulgaria, Grecia, Lituania, Slovacchia, Portogallo, Polonia e Spagna. Enzo Quarenghi, country manager di Visa Italia, ha dichiarato giorni fa che – sebbene non sia possibile fare delle stime affidabili per quest’anno – è un dato di fatto che le piccole e medie imprese (Pmi) abbiano aumentato la possibilità di distribuire tramite internet. I consumatori, da parte loro, fanno registrare un aumento della richiesta di carte prepagate.
“I cittadini europei stanno ricorrendo sempre di più alla tecnologia digitale nei loro comportamenti di spesa, risparmio e investimento. Il nostro ruolo è mantenere la fiducia nella moneta, assicurando che anche l’euro sia pronto ad affrontare l’era digitale.”
(Christine Lagarde, Presidente della Bce)
L’euro digitale
Dopo l’arrivo dello yuan digitale, la moneta della rinata economia cinese, ecco che anche l’Unione Europea si muove. L’euro digitale rappresenterà una sorta di competitor per le criptovalute già in circolazione. Concepito come un modo per affiancare – non sostituire – banconote e monete, l’euro digitale costituirebbe una delle vie sperimentali per aiutare a gestire le crisi legate a calamità naturali o pandemie. Eventi che rendono difficile intervenire tempestivamente quando i metodi di pagamento tradizionali vanno in crisi. Soprattutto si darebbe un notevole impulso alla tracciabilità e alla lotta ai reati finanziari commessi nell’Unione. Darebbe, poi, la possibilità ai cittadini europei di depositare delle somme direttamente presso la Bce. Ad ogni modo: le istituzioni europee non sembrano ancora aver fissato delle date stringenti in merito all’avvio del progetto. Progetto comunque in fase di studio per via di alcuni dubbi in merito al trattamento dei dati sensibili.
Francesco Nicolini