Dallo scoppio dell’epidemia di COVID-19, un numero crescente di persone si sta rivolgendo al sapere filosofico. Ciò che si chiede oggi alla filosofia è di fornire strumenti per affrontare la crisi. Per interpretare il presente, ma anche per immaginare, reinventandolo, il futuro. A questa esigenza hanno risposto, ad esempio, le giornate proposte da Tlon. Coniugando il pensiero di qualità a un approccio pop, l’associazione è riuscita nel difficilissimo compito di rendere la filosofia irrinunciabile e mainstream. Nel frattempo, più in sordina, la filosofia si sta muovendo anche su altri fronti per aiutarci in questo momento di difficoltà. Un esempio è il servizio di consulenza filosofica Help Desk Philo, offerto dall’associazione di professionisti delle pratiche filosofiche Pragma.
Help Desk Philo è un servizio gratuito di consulenza filosofica offerto da 40 professionisti attivi in tutta Italia. Ora, in che cosa consiste una consulenza filosofica e come dovrebbe aiutarci ad affrontare la crisi che stiamo vivendo? Per scoprirlo abbiamo intervistato Luca Nave e Maddalena Bisollo. In una stimolante chiacchierata, i fondatori di Pragma ci hanno raccontato questo servizio e, con esso, la loro professione.
In Italia la pratica della consulenza filosofica è ancora poco conosciuta: ci spieghereste di cosa si tratta?
L.N.:
Possiamo partire da una definizione molto generale. La consulenza filosofica (o counseling filosofico) è una relazione di aiuto che usa la filosofia in senso terapeutico. O, se si preferisce, come cura della condizione umana. L’obiettivo è quello di produrre degli effetti di trasformazione nella vita delle persone e delle organizzazioni – dai gruppi familiari alle grandi multinazionali.
Di solito si pensa che sottoporre a un filosofo un nostro problema equivalga a ricevere una lezione di filosofia. Si scoprono le opinioni di molti pensatori, senza però trovare alcunché di utile per affrontare la propria difficoltà. Si pensa, cioè, che chi lavora con la filosofia trasmetta conoscenze astratte. Il consulente filosofico, invece, mira a passare competenze del pensare utili a gestire le situazioni di difficoltà.
Quali sono queste competenze?
L.N.:
La prima fra tutte è la padronanza del pensiero critico. La capacità di pensare criticamente nella vita quotidiana comporta il saper sottoporre ad esame i propri pensieri. Ricordiamo la lezione del filosofo Epitteto: secondo lui, non sono le cose a turbarci ma i nostri giudizi sulle cose. Poter lavorare su questi, poter cambiare la nostra visione del mondo, è il primo passo per diventare capaci di cambiare effettivamente il mondo. Per riuscirci, però, dobbiamo avere precisa consapevolezza dei nostri pensieri.
Qui entra in gioco la filosofia. Essa ci mostra all’opera e sottopone a critica quelle credenze che ci portiamo dietro fin da bambini, apprese con l’educazione o formate autonomamente. Queste credenze riguardano giusto e sbagliato, buono e cattivo, e spesso nella vita quotidiana non sono un problema. Può capitare, però, che esse si scontrino con la vita ed entrino in crisi. In questo caso bisogna saper intervenire, perché possederle in maniera irriflessa evidentemente non basta più.
Dietro tutto questo, naturalmente, c’è il collegamento tra pensiero ed emozioni. Le emozioni, come insegnavano già gli stoici e come ha ribadito più di recente lo psicologo Daniel Goleman, hanno una forte componente cognitiva. Agendo su questa, possiamo gestire i vissuti emotivi più difficili e dolorosi. Questa competenza risulta quindi cruciale per affrontare le difficoltà della vita. E, auspicabilmente, per recuperare il benessere perduto.
La tua risposta fa percepire la consulenza filosofica come molto vicina alla psicoterapia: qual è il rapporto tra le due pratiche?
L.N.:
La consulenza filosofica è una possibile alternativa alla psicoterapia, senza per questo essere una “psicoterapia alternativa”. Il counseling filosofico consiste, come dicevo prima, in una relazione di aiuto rivolta all’individuo, alla coppia, ai gruppi. Poiché mira ad aiutare le persone ad affrontare problemi e difficoltà concreti, questa pratica deve mantenere un occhio attento anche ad altri ambiti disciplinari. Anzitutto quello clinico, ma non solo. La consulenza filosofica, infatti, può valersi anche di strategie di coaching, di negoziazione per la risoluzione creativa dei conflitti e perfino di pianificazione neuro-linguistica. Tuttavia, le premesse di questa pratica e le competenze veicolate sono e restano di natura specificamente filosofica.
Quando, nei primi anni 2000, la consulenza filosofica è arrivata in Italia, naturalmente è stata guardata con un certo sospetto dai professionisti della salute mentale. Questo perché il filosofo sembrava quasi uno psicoterapeuta camuffato. Successivamente, si è reso evidente che psicoterapia e consulenza filosofica sono pratiche molto diverse. E non per forza di cose concorrenti, peraltro. Infatti, mentre a livello istituzionale e accademico una certa diffidenza permane silenziosamente, non è infrequente che psicoterapeuti, psicologi e filosofi lavorino insieme in équipe. Io stesso, assistendo con psicologi e psicoterapeuti in ospedale pazienti con malattie rare e le loro famiglie, non ho riscontrato conflitti di pertinenza. Nessuno si sognerebbe di fare il lavoro dell’altro. Piuttosto, si lavora insieme perseguendo un obiettivo comune: gestire la sofferenza.
In generale, mi sentirei di dire che chi teme una contaminazione tra filosofia e psicoterapia forse non sta pensando nel modo corretto la consulenza filosofica.
Oggi anche la consulenza filosofica sta offrendo il proprio contributo nell’affrontare le difficoltà causate dall’epidemia. Pragma, ad esempio, ha messo a disposizione il servizio Help Desk Philo: in cosa consiste e a chi si rivolge?
M.B.:
L’idea dell’Help Desk Philo è nata ai primi di marzo, in concomitanza coi primi provvedimenti presi per arginare l’epidemia. Questi provvedimenti hanno comportato modificazioni profonde nel nostro modo di vivere. Di conseguenza, abbiamo iniziato ad avvertire un vero e proprio sommovimento emotivo. Esso ha trovato sfogo in molti modi, il più evidente dei quali sui social network, invasi da espressioni di frustrazione, aggressività, angoscia e impotenza. Quasi subito sono stati messi a disposizione servizi di carattere socio-assistenziale e psicologico per venire incontro a un’emergenza emotiva ed esistenziale di proporzioni sempre maggiori.
Consultandoci con il direttivo di Pragma, ci siamo trovati concordi sulla necessità di mettere a disposizione della collettività anche le nostre competenze. Questo perché la filosofia aiuta a leggere la realtà, a comprendere il mondo più chiaramente e dunque a far ordine tra le idee. Mai come in questo momento è risultato chiaro che idee e rappresentazioni caotiche generano una confusione emotiva insostenibile. Se si fa ordine tra le idee è possibile far ordine anche nel cuore. Ecco perché l’aiuto filosofico può risultare efficace, perfino cruciale. E penso che le persone, a poco a poco, stiano iniziando a rendersene conto.
Tramite il nostro sito e le pagine social, quindi, abbiamo messo a disposizione i contatti per raggiungerci. Quando le persone si rivolgono a noi, cerchiamo anzitutto di metterle in contatto con il professionista più vicino nella zona. Questo perché l’emergenza è vissuta in modo diverso non solo tra le diverse regioni ma addirittura tra provincia e provincia. Ci sembra fondamentale, pertanto, che chi ci contatta possa confrontarsi con qualcuno che già conosce il più possibile le sue difficoltà concrete. Con questo/questa consulente l’utente potrà usufruire di due colloqui gratuiti, da svolgersi secondo la modalità che preferirà: telefono, e-mail, Skype o altra piattaforma.
Qual è il profilo degli utenti che stanno utilizzando questo servizio?
M.B.:
Generalmente sono uomini e donne che stanno vivendo in modo particolarmente frustrante l’isolamento, o perché si sentono soli o per la complessità delle relazioni domestiche. Infatti, com’è facile immaginare, non è raro che la convivenza coatta modifichi le relazioni, mettendo alla prova tanto la coppia quanto la famiglia.
Tendenzialmente, stiamo riscontrando nelle persone il bisogno di un contatto, quantomeno vocale o visivo. Di conseguenza, stiamo svolgendo i colloqui in prevalenza al telefono o in videoconferenza.
L.N.:
Un dato forse ovvio ma comunque interessante è la distribuzione geografica. La maggior parte delle richieste, infatti, arriva dalle zone più severamente colpite dall’epidemia, come la provincia di Bergamo.
M.B.:
Non solo. Alcune richieste, infatti, provengono anche da zone che già di per sé sono territorialmente un po’ isolate. Ad esempio, certe zone del Friuli, ma anche comuni del Sud Italia che a causa di questa emergenza stanno soffrendo un isolamento ancora maggiore.
Con il proseguire del lockdown, è diventato sempre più evidente che la società italiana – come, del resto, tutto il mondo – subirà dei mutamenti profondi. È lecito aspettarsi che questo ci porrà di fronte a sfide quanto mai urgenti. In che modo, secondo voi, la filosofia potrà aiutarci?
M.B.:
Credo, a questo proposito, che dovremmo anzitutto ricordare che i momenti di crisi rappresentano sempre anche delle opportunità. Del resto, la stessa parola “crisi” racchiude questo aspetto anche nella sua etimologia.
[n.d.r.: “crisi” viene dal greco antico “krisis” e dal verbo “krino”. I termini, utilizzati originariamente per indicare il momento conclusivo della raccolta del grano, indicavano l’atto di separare i chicchi dalla pula e dalla paglia].
La filosofia ci sarà molto utile nel riuscire a cogliere il lato nascosto della medaglia. E a capire come trasformare il negativo in stimolo creativo per liberare nuove idee e possibilità inedite.
A partire dal commento di Maddalena Bisollo, Luca Nave aggiunge questa riflessione:
Ultimamente si sta parlando moltissimo di “cambiamento di paradigma”, come se la pandemia automaticamente cambiasse tutto. In realtà questo discorso riprende, applicandola alla società, una famosa teoria del filosofo Thomas Kuhn sul progresso scientifico. Secondo Kuhn, ogni cambiamento di paradigma necessita, prima, di una crisi paradigmatica. E credo sia precisamente questa la situazione in cui ci troviamo. Durante una crisi paradigmatica, infatti, tutti i vecchi valori, le credenze e le certezze condivise saltano. Il vecchio paradigma non è più adatto a fornire risposte, ma quello nuovo non si prospetta ancora. Perciò, viviamo quella che Kuhn probabilmente definirebbe una “instabilità paradigmatica”.
Credo che la filosofia debba aiutarci a prendere consapevolezza dei tempi attuali e rendere la crisi abitabile. Questo elemento oggi manca molto, anche perché il dibattito pubblico è caratterizzato da una fortissima sovrastruttura emotiva. La ragione cede il posto alle emozioni. Anche e soprattutto a livello del linguaggio e della comunicazione. Questo genera equivoci che aggravano la già difficile situazione che stiamo vivendo.
In quanto strumento razionale, la filosofia permette di vagliare le argomentazioni che reggono ciò che ci viene comunicato. Il guadagno in termini di spirito critico e consapevolezza è inestimabile, anche perché diventa possibile esaminare le intenzioni che orientano la comunicazione.
Il fatto è che con le parole noi non descriviamo soltanto il mondo: lo creiamo. In base alle parole che utilizziamo, conferiamo una certa struttura al mondo. Per questo chi ha responsabilità politiche dovrebbe fare molta attenzione alle parole che usa. Invece, oggi, una profonda equivocità caratterizza la comunicazione politica e pubblica e questo, secondo me, non fa che aggravare la crisi. Anziché ragionare ed argomentare, si preferiscono hashtag e slogan, del tipo “io-resto-a-casa”. Ma con quattro parole in testa e nient’altro non si può far fronte alla complessità delle situazioni reali.
Maddalena Bisollo sottoscrive le parole del co-fondatore di Pragma, chiarendo:
Oggi più che mai, riuscire ad applicare il pensiero critico alla comunicazione che riceviamo dai media è di vitale importanza. Infatti, quando ci riusciamo diventiamo meno manipolabili. Ecco, proprio il rendere la persona capace di smarcarsi dall’assoggettamento alla comunicazione mediatica è un valore aggiunto preziosissimo della filosofia. Che così preserva la nostra libertà tanto dall’allarmismo quanto dalle fake news.
Luca, tu prima sostenevi che stiamo attraversando una crisi paradigmatica e compito della filosofia è aiutarci a pensarla razionalmente. Cioè a comprenderla e abitarla senza che il disordine delle emozioni finisca per dominarci. Credi possa essere compito della filosofia anche contribuire all’elaborazione di un nuovo paradigma?
Assolutamente sì. Il problema maggiore, però, è che difficilmente i filosofi entrano in gioco in tal senso. Alla maggior parte dei filosofi piace parlare dal pulpito. Quello che manca è il passaggio dalla filosofia parlata a quella realizzata. Noi, nel nostro piccolo, vorremmo riuscire con le pratiche filosofiche a produrre degli effetti di trasformazione nelle vite delle persone. Lo facciamo operando in ambito ospedaliero, scolastico, aziendale. Tanto nel contesto del nostro lavoro quotidiano, quanto nei progetti in cui siamo coinvolti. È ovvio, tuttavia, che se parliamo di paradigmi e di problema politico globale, il filosofo dovrebbe pensare più in grande. Ossia, cominciare a entrare nei luoghi di potere. Essere presente là dove si prendono decisioni importanti. Oggi, come sappiamo, purtroppo la classe politica è tutto fuorché composta da filosofi o minimamente educata alla filosofia come modo di vivere.
Del resto già un antico saggio, terapeuta dell’anima a sua volta, ci avvisava per bocca di Socrate:
Se nelle città i filosofi non diventeranno re o quelli che ora sono detti re e sovrani non praticheranno la filosofia in modo genuino e adeguato […] le città non avranno tregua dai mali e neppure, credo, il genere umano.
(Platone, Repubblica, V, 473 d)
Questa crisi, allora, potrebbe costituire il momento giusto per ripensare radicalmente la nostra politica, la nostra società e il nostro modo di vivere. In questo contesto la consulenza filosofica rappresenta uno strumento da non sottovalutare.
Valeria Meazza