Consiglio d’Europa chiede di limitare il ricorso alla custodia cautelare. L’Italia, paese degli abusi di potere, si adegui
La custodia cautelare dev’essere applicata solo come ultima risorsa, secondo il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio di Europa (CPT) nel suo rapporto annuale pubblicato in data odierna 20 aprile 2017.
L’importante organismo ha esortato i 47 Stati membri ad offrire ai prevenuti soddisfacenti condizioni di detenzione. Il CPT è l’istituzione responsabile per il monitoraggio delle carceri europee per valutare come vengono trattati i detenuti. Nel 2016, i suoi esperti hanno spesso notato che la custodia cautelare era soggetta a pessime condizioni, nonché ad un piano di attività carcerarie “impoverito”.
“La custodia cautelare può avere gravi effetti psicologici e conseguenze gravi, come la rottura dei legami familiari o la perdita di un lavoro o un alloggio,” richiama il Presidente del CPT, Mykola Gnatovskyy, citato in un comunicato stampa.
Inoltre, il cronico problema della sovrappopolazione carceraria è grande a causa dell’elevata percentuale di prigionieri in attesa di giudizio all’interno della popolazione carceraria, comunica il CPT. Quest’ultimo invita, pertanto, gli Stati ad utilizzare e rendere effettive delle misure alternative come la cauzione, gli arresti domiciliari, la sorveglianza elettronica o la confisca dei passaporti. In Italia nel solo 2016 secondo il rapporto annuale di Antigone, l’associazione che da anni si occupa delle condizioni carcerarie nel nostro Paese, il 34,9% della popolazione carceraria (ben 18.908 su 54.072 detenuti) era detenuto in custodia cautelare, contro una media del 25% rispetto agli altri 47 Stati membri del Consiglio. Sull”Italia è regolarmente puntato il dito per le sue cattive condizioni di detenzione principalmente per quelle che riguardano indagati ed imputati in attesa di giudizio. “La custodia cautelare dovrebbe essere imposta per la durata più breve possibile. “Dovrebbe essere il risultato di una valutazione individuale circa i seguenti rischi: i rischi di un nuovo reato, pericolo di fuga, danno agli elementi di prova o influenza su testimoni o ostruzione al regolare svolgimento della giustizia”, secondo il Presidente del CPT.
È un fatto gravissimo rilevato anche dalla comunità internazionale, che nonostante la recente modifica della normativa nazionale – che nel tentativo di adeguarsi alle pressanti raccomandazioni delle istituzioni europee e alla necessità di condizioni più umane e meno afflittive, ha riformato nel 2015 il codice di procedura penale in materia di misure custodiali preventive – avrebbe dovuto farci assistere ad una concreta riduzione dei casi di custodia cautelare, mentre si è registrato l’esatto contrario, con un aumento delle richieste e dei provvedimenti in tal senso.
Non è possibile, in tale ottica, tollerare che oltre un terzo della popolazione carceraria sia in attesa di giudizio e soprattutto, fino a prova contraria, non colpevole dei reati ascritti. È evidente, quindi, se giunge un richiamo così forte da parte da un organismo internazionale così autorevole, che bisogna fare davvero qualcosa di concreto per evitare il perseverare di abusi, spesso patiti dai soggetti più deboli che hanno meno possibilità di ottenere adeguata difesa, come gli immigrati, i meno abbienti e comunque tutti coloro che sono stretti nella morsa di una Giustizia non sempre adeguata all’insostituibile funzione attribuitale.
Giovanni D’Agata