Nel mondo del marketing alimentare o, per meglio dire, nel mondo delle bugie del marketing alimentare, il compito del commerciante consiste nel promuovere l’acquisto di determinati prodotti facendo credere ai clienti che si tratti di qualcosa di indispensabile. Ogni strategia di marketing, ogni presentazione del prodotto sugli scaffali, ogni promessa scritta sulle confezioni ha l’obiettivo di convincere i consumatori che il prodotto in questione sia un must-have per il loro benessere. Tuttavia, queste strategie di marketing alimentare promuovono dei prodotti non salutari e non sostenibili per la vita dell’essere umano, degli animali e dell’ambiente.
Tutti credono all’etichetta
Una delle prime strategie che incentiva l’aumento delle bugie del marketing alimentare consiste nella creazione di un’etichetta che rassicuri il cliente sul prodotto scelto. Quando ci si trova davanti ai banchi del supermercato, le promesse delle etichette diventano la nostra guida. Tra le varie etichette ingannevoli, che influiscono sull’incremento delle bugie del marketing alimentare, troviamo quelle del “100% naturale”, “prodotto fresco” oppure “allevato all’aperto”.
Tra le bugie del marketing alimentare, la promessa di “carne buona” proveniente da “allevamenti aperti” sembra ingannare molte persone. In verità, dietro questa etichetta, si “nasconde” una realtà crudele (che tanto nascosta non è, a meno che non si viva, per rimanere in tema, con le fette di prosciutto sugli occhi) che molte persone decidono di ignorare.
Bisogna sfatare il mito che gli animali allevati in modo “naturale” conducano vite serene. La verità è che tutti gli animali destinati alla produzione alimentare vivono in condizioni di sofferenza e oppressione. Sì, anche quelli negli allevamenti considerati “aperti”. Anche se hanno più spazio rispetto agli animali confinati negli allevamenti intensivi, questo non significa che la loro esistenza non sia piena di crudeltà.
La realtà è che molti di questi animali sono ancora soggetti a pratiche disumane, come la castrazione senza anestesia, il taglio delle code e delle orecchie e la separazione forzata dai loro cuccioli. Dunque, è fondamentale tenere a mente che queste pratiche rientrano nelle tante rassicuranti etichette che promettono una qualità maggiore quanto maggiori sono le “condizioni di benessere” dell’animale.
Il linguaggio d’innovazione
La seconda strategia che incentiva le bugie del marketing alimentare è quella del linguaggio d’innovazione il cui metodo risponde alla domanda: “come possiamo mentire al cliente e farla franca?”. Utilizzando parole attentamente scelte e incentrando, falsamente, la conversazione attorno al progresso e all’innovazione, i marketer cercano di placare le apprensioni che potrebbero derivare dai clienti nel caso in cui quest’ultimi decidano di non continuare a tenere sugli occhi le sopra citate fette di prosciutto.
Una conseguenza inevitabile dell’agricoltura intensiva è il rischio d’aumento di trasmissione di malattie tra animali confinati in spazi ristretti. La mancanza di spazio favorisce la diffusione di malattie tra gli animali. Ciò rappresenta una vera minaccia non solo per la salute degli animali stessi ma anche per quella umana.
Un’altra realtà che viene nascosta dalla bugie del marketing alimentare e che non può essere ignorata è che almeno la metà degli antibiotici viene utilizzata nella produzione di animali da allevamento. Quando gli antibiotici vengono dati in gran dosi a quest’ultimi, per promuovere la crescita o prevenire le malattie causate delle condizioni di sovraffollamento e igiene precaria, c’è un alto rischio di diffondere ceppi batterici resistenti. In seguito, questi batteri possono essere trasmessi agli esseri umani attraverso il consumo di carne.
Nonostante questi dati di fatto, i marketer, attraverso il linguaggio d’innovazione, incrementano le bugie del marketing alimentare mentendo sull’introduzione di modi più efficienti nell’allevamento degli animali e promuovendo così una narrazione di miglioramento continuo. La bugia più gettonata del linguaggio d’innovazione è quella che afferma che nell’agricoltura e nel trattamento degli animali siano state introdotte nuove tecnologie e metodi. Ciò fa sentire bene i clienti, in quanto viene data loro una falsa visione d’innovazione e miglioramento che non corrisponde all’orribile realtà che gli animali d’allevamento sono costretti a sopportare.
Inoltre, i marketer sfruttano strategie creative, che incrementano le bugie del marketing alimentare, per coinvolgere anche i consumatori più giovani e plasmare, fin dalla giovane età, le false percezioni positive riguardo alla realtà degli animali d’allevamento. Un esempio è quello dei libri da colorare in cui vengono mostrate le fattorie come ambienti moderni e sanificati, con i quali i bambini sono incoraggiati ad associare l’agricoltura intensiva all’innovazione e alla pulizia. Insomma, un vero e proprio lavaggio del cervello fin dalla tenera età, che risulterà poi in adulti che crederanno alla favola della vecchia fattoria in cui gli animali vissero felici e contenti… almeno fino al taglio della testa.
I consumatori
Affidarsi alle due strategie sopra citate non è abbastanza. La terza strategia, quella più potente, che incentiva le bugie del marketing alimentare sei tu, il consumatore. I marketer sanno che, quando è al supermercato, il consumatore non vuole pensare all’origine dei prodotti che riempiono gli scaffali o alle condizioni degli animali che si nascondono dietro le accattivanti confezioni. I marketer fanno affidamento sulla potenza dell’ignoranza volontaria che ha un potente impatto sul successo di un prodotto alimentare.
La propensione degli acquirenti a non volersi informare sulle pratiche d’orrore che si nascondono dietro alla maggior parte dei loro pasti è l’arma sulla quale i marketer fanno più affidamento. La trasparenza e la consapevolezza vengono spesso messe da parte per favorire il guadagno economico. È proprio attraverso questa mancanza di consapevolezza da parte dell’acquirente che le bugie del marketing alimentare possono manipolare le percezioni dei consumatori. Questa mancanza di conoscenza permette ai marketer di mantenere il controllo sul mercato alimentare.
È necessario, dunque, educare i consumatori, incoraggiandoli a cercare la verità dietro le etichette e a fare scelte consapevoli che riflettano l’impegno di garantire un futuro sostenibile e conveniente, non solo per gli animali, ma anche per la nostra salute e quella dell’ambiente. Ciò che è fondamentale è rendersi conto che il successo delle bugie del marketing alimentare derivi dalla propensione dei consumatori a voltare lo sguardo dall’altra parte.
Dovremmo leggerne uno al giorno di articoli così. La società è davvero troppo distratta.
Grazie della condivisione.