Era usanza nel settecento che artisti e letterati compiessero un viaggio di erudizione, il cosiddetto “Grand Tour”, oltre i confini geografici e culturali nazionali. In particolare la “tensione verso il Sud” (“Drang nach Suden”) incitava i tedeschi a giungere nella penisola italiana.
Correva l’anno 1786 quando il giovane Johann Wolfgang Goethe, abbandonò la sua amata, la signora Von Stein, e salì su una carrozza a notte fonda, mantenendo un profilo basso, e si diresse verso l’Italia.
Goethe proveniva da una famiglia benestante: il padre avvocato e la madre figlia di un alto membro della diplomazia. Compì gli studi a Lipsia e Strasburgo e respirò i primi aneliti dello “Sturm und Drang”, accogliendone il profondo sentire. Dilaniato da contrasti interiori, scriverà il testo del Werther, e sarà costretto in una carriera ministeriale a Weimar.
Ma la sua indole artistica lo porterà ad esprimersi a pieno nel campo letterario dove diventerà un protagonista indiscusso. Goethe era anche un ottimo pianista, violoncellista, pittore. Queste sue attitudini lo porteranno a compiere il Grand Tour, prassi consolidata all’epoca, con uno spirito appassionato.
L’Italia è la patria della musica, arte e teatro. Sarà colpito dalla bellezza di Firenze, dalla folla di Venezia, dai colori di Napoli, e dalle condizioni di povertà in cui versava la Sicilia. Roma sarà la sua tappa più lunga e la sua preferita, dove acquisirà nozioni in campo pittorico grazie alla sua amicizia con Tischbein. Amerà profondamente la campagna laziale. Troverà un amore passionale con Faustina.
Ma il suo spirito critico non tralasciava giudizi severi su ciò che osservava. Note frasi come: “Solo dando a bere ai gonzi e spacciando fandonie, indulgendo giorno per giorno alle loro debolezze e rendendoli peggiori, solo allora si diventa popolari; e per questo, anche ai tempi nostri si compiacciono di tante volgarità”- “Il popolo spadroneggia sempre. Il ricco può scialarla da ricco e costruirsi i suoi palazzi; il nobile può governare, ma quando ha ben costruito un porticato o un atrio, il popolo se ne serve per le sue occorrenze”.
Per alcuni aspetti queste immagini sono rimaste similari a come è oggi. Goethe ritornò una seconda volta a Venezia e si meravigliò di come ancora avesse ritrovato “la stessa polvere sulle strade, ancora truffe allo straniero” e proseguiva “qui c’è vita e movimento, ma nessun ordine e disciplina. Ognuno pensa solo a sé stesso, è vanitoso, diffida degli altri. E anche i padroni dello Stato si curano dei loro interessi”. Goethe fu sopraffatto dalla bellezze e ricchezza dal paese “dove fioriscono i limoni”, tanto rimase deluso dalle attitudini politiche e i costumi in esso dilaganti.
“…Ah piace alla folla ciò che al mercato vale,
E il servo onora solo il violento padrone;
Al divino credono
Sol quelli che lo sono essi stessi.”
(cit. Plauso umano di Friedrich Holderin)
Costanza Marana