La conoscenza è il mezzo che permette l’arresto delle discriminazioni di vario genere
Viviamo nel 2016, il mondo del progresso, il mondo dalle wifi potenti e protette in maniera impensabile. Andiamo sulla Luna e torniamo anche a Terra. Abbiamo smartphone di ultima generazione che hanno reso leggera la distanza tra persone che vivono in terre differenti.
Siamo un popolo evoluto, siamo il progresso vivente, eppure nel 2016, ci sono ancora episodi di discriminazione: giudichiamo una persona dal colore della pelle, dalla religione che professa, dalla lingua che parla, addirittura dalla squadra che tifa.
Non ci apriamo all’Altro e spesso, quando ci rivolgiamo a chi ci sta accanto, è per ottenere benefici personali. Siamo perennemente nel mondo «Io-Esso» che Buber descrive come la dimensione in cui l’uomo reifica l’Altro considerandolo solo in termini utilitaristici.
Narcisisti nel midollo osseo, non ci interessiamo alle dinamiche che riguardano qualcuno più sfortunato di noi.
Gli atti discriminatori si presentano sotto varie forme e spesso sono tutte della stessa matrice: mancanza di conoscenza.
Se l’uomo conoscesse, si comporterebbe in modo differente; sarebbe davvero cosciente del fatto che a una sua azione, corrisponde una conseguenza, e capirebbe che anche le parole sono un danno profondo se utilizzate in modo errato.
È quello che è accaduto qualche giorno fa a Legnano (Milano), in una classe di scuola media, in cui una ragazzina di 13 anni è stata maltrattata tramite messaggi su WhatsApp, dai suoi compagni di classe che non la volevano come compagna di stanza in una gita scolastica, solo perché autistica.
Nel 2016 è impensabile che l’autismo venga considerato come una colpa; nulla nel 2016 dovrebbe essere oggetto di discriminazione ed esclusione!
Negli anni del progresso digitale ci sono ancora vittime, per giunta bambini, di atti di discriminazione che nascono da un’ignoranza latente (nemmeno troppo) dell’essere umano, indice di una poca apertura all’alterità. Nelle scuole dovrebbero essere inseriti dei programmi per aumentare la consapevolezza e la conoscenza su temi che, anche se non ci tangono in prima persona, è comunque doveroso conoscere, come il caso dell’autismo.
Solo poche settimane fa c’è stata la giornata della sensibilizzazione a questa sindrome e solo pochi giorni fa è accaduto questo episodio increscioso.
Come possiamo definirci animali razionali se il raziocinio di cui siamo dotati non lo utilizziamo per documentarci e renderci consapevoli?
Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini è intervenuta in prima persona in questa faccenda sostenendo, nella sua pagina Facebook (legandosi a precedenti fatti di discriminazione sempre inerenti la sindrome di autismo) che: «la scuola raggiunge il proprio obiettivo educativo quando è luogo di rispetto ed inclusione, non certo di esclusione». Emblematico, oltretutto, che la gita scolastica si farà in Austria a Mauthausen, un campo di concentramento, «luogo simbolo del dispezzo della persona umana» aggiunge il ministro dell’Istruzione.
Ciò che si dovrebbe fare è sensibilizzare profondamente tutti gli uomini, a partire dalle scuole, il luogo che per eccellenza forma i futuri uomini e donne, all’esistenza della diversità e al fatto che essere diversi non vuol dire in nessun caso essere sbagliati.
Vanessa Romani