Di Maurizio Martucci
Una giornata tipo nell’era elettromagnetica: lasciato sul comodino come amuleto (beh, dovesse mancarci la reperibilità di notte!), sveglia con simultaneo controllo dello Smarthpone (ci accompagnerà tutto il giorno puntato sulla testa, pronto all’uso sul taschino della giacca all’altezza del cuore o più generalmente portato in tasca nei pantaloni, area genitali).
Attivazione dell’allarme domestico prima di uscire di casa (ovvio, con sensori a microonde e due/tre batterie in funzione h24). Poi via, di corsa verso l’ufficio, alla guida di un auto con amplificazione vocale Bluetooth e connessione Wi-Fi, trafitta nel traffico dalle irradiazioni di ubiquitarie antenne di telefonia mobile piazzate in stile far west e pure con potenza Wi-Max (risultato? La macchina è una gabbia di Faraday in movimento!), con sosta rituale per far colazione al bar, in locale rigorosamente ‘Wi-Fi Free Zone’ per non scontentare la clientela. In cassa, pagamento con bancomat o carta di debito di ultima generazione, quella sistema contactless (altre onde, altro che smart!). Il figlio lasciato a scuola dove Renzi c’ha piazzato l’immancabile radiofrequenza del segnale Wi-Fi (sta pure all’asilo, tradotto in cifre vuol dire 6 ore tra i banchi per 5 giorni a settimana di lezioni, ovvero 36 settimane l’anno, per 12 anni fino all’università dove – caspita, certo che anche lì c’è – ci sarà un’ulteriore massiccia dose di elettromagnetismo, fanno la bellezza di 12.960 ore di esposizione complessiva nella vita di un adolescente tra le microonde WLAN e Wi-Fi: che vita globale per i nostri figli!). Vabbè, in ufficio al lavoro piegati sulla scrivania per 7-8 ore davanti al Pc, in un groviglio senza fili dove tutto è connesso col server in modalità wireless (tra poco pure i water, ne hanno già progettati in modalità wireless per l’analisi delle urine in tempo reale!), al netto della miriade di cellulari, tablet e marchingegni tecnologici vari in dotazione ai nostri colleghi. Infine ritorno a casa, nello slalom al contrario di antenna selvaggia col tragitto macchina-ripetitori di telefonia percorso fino al calduccio delle quattro mura. Qui, dulcis in fundo, partitina multimediale col pargolo a Wii (per non farci mancare niente). Quindi cena frugale in famiglia (con Wi-Fi domestico attivato anche quando non serve e cordless sul tavolo per le chiamate domestiche). E di notte a dormire su un bel letto in ferro, magari con rete in metallo e materasso sintetico in lattice (a far da risonanza). E il giorno dopo si ricomincia. E avanti ancora così, per chissà quanti altri anni. Come se fosse normale. Ma poi? A quale prezzo per la nostra salute?
“E’ arrivato il momento di sostituire il solito ritornello ‘non ci sono prove certe del rischio’ con ‘è tempo di riconoscere il pericolo e di agire di conseguenza’ Sono tanti i passi necessari per cambiare”. Martin Blank (docente della Columbia University e consulente d’elettrosmog per Parlamento canadese e Corte Suprema federale brasiliana) da oltre trent’anni studia gli effetti (non termici) sulla salute umana dei discussi e controversi campi elettromagnetici: Blank ha fatto parte del BioInitiative Group (conclusioni adottate dall’Unione Europea nel nome del Principio di Precauzione, considerati obsoleti gli attuali standard di sicurezza) e ora sbarca in libreria nell’edizione italiana di “Troppo connessi? Le verità scientifiche sui pericoli delle radiazioni elettromagnetiche per la nostra salute” (Macro Edizioni). I contenuti di questo libro, sconosciuti agli utenti di nuove tecnologie che ignorano gli effetti biologici di onde non ionizzanti e campi elettromagnetici generalmente (chissà poi perché?) ritenuti innocui, sono delle buone pratiche da adottare per scongiurare spiacevoli conseguenze (è del 2012 la sentenza in Cassazione che sancisce il nesso ‘cellulare-tumore’!) e che dovrebbero starsene allegate – come un decalogo – in dotazione alla strumentazione Hi-Tech al momento dell’acquisto, come guida per l’uso, per farlo in modo moderato e consapevole. “E’ ormai generalmente accettato che venga posto un limite all’esposizione della popolazione – afferma l’autore, parafrasando l’arcano dubbio sulla nocività del tabacco (ricordate? oggi universalmente riconosciuta sulla pelle delle vittime) nel denunciare (tra gli altri) i conflitti d’interesse dello studio elettroscettico Interphone (voluto dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ma finanziato pel 29% dall’industria wireless con risultati “compromessi da errori e distorsioni”) nel business della scienza che si occupa dei CEM – ma le aziende produttrici esercitano grandi pressioni”. Con stile scientifico ma divulgativo, Blank illustra le evidenze validate dal mondo medico-scientifico, tracciando norme di condotta precauzionali in un percorso “che possiamo fare nel nostro quotidiano per ridurre l’esposizione”. Consiglio? Libro da leggere (subito) per non rimpiangere (dopo) il troppo tempo trascorso … connessi!