La crisi a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, evidenzia le tensioni storiche tra il governo congolese e il movimento ribelle M23, supportato dal Ruanda. L’avanzata dei ribelli M23 a Goma e la presa della città nelle ultime ore ha portato alla conseguenza di un controllo di territori strategici e dell’escalation di violenze hanno messo in ginocchio la città, portando caos, saccheggi e migliaia di sfollati. Sullo sfondo, si intrecciano interessi economici globali legati alle risorse minerarie e il confronto geopolitico tra potenze internazionali.
La presa di Goma: città sotto assedio
La città di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), è stata teatro di violenti scontri tra le Forze Armate congolesi (FARDC) e il movimento ribelle filo-ruandese M23. Dopo tre anni di conflitto, in queste ore c’è stata l’arrivo dei ribelli M23 a Goma e la presa della città.
Il gruppo armato, già in avanzata su confini molto importanti quali quello tra la Repubblica del Congo e il Ruanda, si sono posizionati strategicamente nei punti chiave della città, tra cui la sede della Radio televisione nazionale congolese (RTNC).
I residenti raccontano un clima di paura, con esplosioni di bombe e colpi di arma da fuoco che echeggiano ovunque. La resa di molti militari congolesi, che hanno consegnato le armi al contingente Onu (MONUSCO), ha lasciato la popolazione in balia degli eventi. Intanto, i Paesi europei come la Francia hanno espresso tutta la loro solidarietà al governo di Kinshasa.
Saccheggi e caos nelle strade
Con l’avanzata dell’M23 a Goma, la città è sprofondata nel caos. L’aeroporto, il tribunale e il mercato di Birere sono stati saccheggiati, mentre circa 4.000 prigionieri sono fuggiti dal carcere di Munzenze. Intanto, esplosioni sono state segnalate anche nel vicino Ruanda, ferendo 15 civili nella città di Rubavu, a testimonianza di quanto il conflitto stia oltrepassando i confini nazionali.
Radici profonde: le tensioni tra RDC e Ruanda
Risorse naturali e interessi internazionali
Il conflitto nella regione non è nuovo ed è alimentato da decenni di tensioni tra RDC e Ruanda. Al centro della disputa ci sono le ricchissime risorse naturali del Congo, tra cui cobalto, uranio, oro e coltan, essenziali per l’industria tecnologica globale. Negli ultimi anni, il controllo di queste risorse è passato da aziende occidentali a società cinesi, portando a un crescente coinvolgimento internazionale.
Mentre la Cina domina il settore minerario, gli Stati Uniti cercano di ripristinare la loro influenza nella regione per contrastare l’espansionismo cinese e garantire l’accesso alle materie prime.
Accuse reciproche tra Kinshasa e Kigali
Il governo di Kinshasa accusa il Ruanda di sostenere il gruppo M23, fornendo loro armamenti, missili e cecchini, una posizione confermata anche da esperti delle Nazioni Unite. Dall’altra parte, Kigali afferma che la RDC supporta gruppi estremisti hutu, storicamente avversi al Ruanda. Queste accuse reciproche hanno ulteriormente inasprito le relazioni, con il presidente congolese Félix Tshisekedi che considera la presenza di soldati ruandesi una “dichiarazione di guerra”.
La dimensione internazionale del conflitto
Il coinvolgimento delle grandi potenze
La crisi congolese si inserisce in un più ampio contesto di competizione globale tra Stati Uniti e Cina. Washington, sotto l’amministrazione Biden, ha denunciato le pratiche illegali e il lavoro minorile nelle miniere controllate dai cinesi, ma la militarizzazione del territorio continua a essere un problema irrisolto.
Nel frattempo, il Ruanda utilizza la sua posizione strategica e il sostegno all’M23 a Goma per consolidare il controllo su territori ricchi di risorse.
L’appello dell’ONU e la risposta regionale
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato il sostegno del Ruanda ai ribelli e ha chiesto un’immediata cessazione delle ostilità, ma i suoi appelli sono caduti nella totale indifferenza.
Anche il presidente del Kenya, William Ruto, ha convocato un vertice d’emergenza tra i leader regionali per cercare una soluzione diplomatica. Tuttavia, la situazione rimane critica, con i ribelli che minacciano di avanzare verso altre città strategiche, come Bukavu e persino Kinshasa.
L’impatto sulla popolazione civile
Fuga di massa e proteste
L’avanzata dell’M23 a Goma ha costretto centinaia di migliaia di civili a lasciare le proprie case, cercando rifugio in zone più sicure. A Bukavu, migliaia di persone hanno manifestato contro l’aggressione ruandese, temendo che la loro città possa essere il prossimo obiettivo. Le tensioni si riflettono anche nei campi profughi, dove le condizioni sono spesso insostenibili e l’assistenza umanitaria è limitata.
La crisi umanitaria è quindi chiara e sempre più ingestibile: lo stato di sicurezza è sempre più in bilico, mentre ci sono nuovi flussi di migrazione di massa dalle città e dai villaggi del Congo. Secondo gli ultimi dati rilasciati dall’ONU, dall’inizio del 2025 sarebbero 400mila i nuovi sfollati.
Nonostante gli sforzi diplomatici, il conflitto nella RDC evidenzia la fragilità di una regione già devastata da anni di violenze e sfruttamento. La militarizzazione per procura e la competizione tra le grandi potenze internazionali non fanno che aggravare una situazione già complessa, lasciando poco spazio alla speranza per una soluzione pacifica e duratura.