In occasione della Festa del papà, Save the Children lancia un appello per un congedo di paternità universale e paritario. Il 19 marzo 2024 festeggiamo i papà italiani, ma per molti di loro la gioia di essere padre si scontra con la dura realtà: il congedo di paternità, pur se previsto dalla legge, è ancora un diritto lontano dalla realtà. Un’analisi di Save the Children su dati Inps ci offre un quadro preoccupante: nel 2022 solo il 64% dei padri ha usufruito dei 10 giorni obbligatori, con forti disparità territoriali, contrattuali e di reddito.
Nord contro Sud, precariato e stabilità lavorativa, il peso del reddito: sono tanti gli ostacoli che impediscono ai papà italiani di vivere appieno i primi giorni di vita dei loro figli. Ma il tempo dei padri è adesso: Save the Children chiede un cambio di passo, con un congedo di paternità universale e paritario, che sia davvero un sostegno per le famiglie e un passo avanti verso una società più giusta e inclusiva.
L’appello che Save The Children ha lanciato per un congedo di paternità universale e paritario
Il congedo di paternità universale è un diritto che, negli ultimi anni, sta registrando un trend in crescita, ma che ancora produce un importante divario nel Belpaese. In particolare, la differenza si evidenzia nelle aree geografiche in cui i nuclei familiari vivono e conducono la loro quotidianità.
Nonostante un aumento del 300% tra il 2013 e il 2022, il congedo di paternità universale in Italia è ancora poco utilizzato. In occasione della festa del Papà, è stata pubblicata un’analisi di Save the Children su dati Inps che mostra come nel 2022 solo il 64% dei padri ha usufruito dei 10 giorni obbligatori, con forti differenze geografiche, contrattuali e di reddito.
Nord contro Sud
I papà del Nord Italia sono più propensi a utilizzare il congedo rispetto a quelli del Sud. Le province con la maggiore fruizione sono Bergamo, Lecco, Treviso, Vicenza e Pordenone (oltre l’80%), mentre quelle con la minore sono Crotone, Trapani, Agrigento e Vibo Valentia (inferiore al 30%).
Il congedo di paternità è cresciuto molto tra il 2013 e il 2022: se nel primo decennio degli anni 2000 si è registrato 1/5 dei padri che ne ha usufruito, nel 2022 sono stati più dei 3/5 tra la popolazione italiana. Oggi il congedo di paternità in Italia prevede 10 giorni obbligatori e uno facoltativo e si può utilizzare due mesi prima del parto o per i cinque mesi dopo il parto.
Il sud ha registrato notevoli crescite ma, rispetto all’80% della regione veneta, le province di Trapani, Crotone e Agrigento registrano appena il 30%. Sicuramente i dati partoriti da questo scenario descrivono una situazione di estrema discriminazione economica tra il Nord e il Sud Italia. Ci sono delle importanti disuguaglianze economiche dovute ai contratti di lavoro e alle loro clausole, oltre alle posizioni che i neopadri sono chiamati a ricoprire.
Il congedo è più utilizzato da padri con contratto a tempo indeterminato (70%) rispetto a quelli a tempo determinato (36%) o stagionali (20%). Inoltre, la fruizione aumenta con il reddito, con picchi tra i 15mila e 28mila euro (73%) e oltre i 28mila euro (86%). Si capisce quindi che il congedo di paternità, così applicato dalla normativa italiana, non è un diritto ma un privilegio che può essere sfruttato solo se si è abbastanza benestanti da potersi concedere ore o mesi di ferie retribuite.
Serve un cambio di passo
Per Save the Children, è necessario estendere il congedo di paternità universale, quindi un diritto rivolto a tutti i lavoratori, garantendo parità di genere e adeguamento alle migliori pratiche europee. “Bisogna superare le disparità e incentivare la cultura della condivisione della cura dei figli”, afferma Giorgia D’Errico, Direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali dell’organizzazione.
Il Family Act prevede un congedo di paternità di due mesi, ma la sua attuazione è ancora in sospeso. “Serve uno stanziamento ad hoc nella prossima legge di bilancio”, conclude D’Errico. “Non possiamo più aspettare: il tempo dei padri è adesso”.
Un sostegno alle neomamme e all’occupazione femminile
Il congedo di paternità universale non solo favorisce il benessere dei bambini, ma aiuta anche le neomamme e l’occupazione femminile. “Una donna su cinque lascia il lavoro dopo la nascita di un figlio”, spiega D’Errico. “Un congedo di paternità più lungo e accessibile a tutti aiuterebbe a ridurre questo divario”.
Inoltre, il congedo di paternità universale porterebbe ad una parità di genere nel momento in cui il lavoro di cura non retribuito – così domestica come infantile – possa essere considerato un onere anche della figura paterna, in quanto parte integrante e attiva nel nucleo familiare.
L’appello di Save the Children
L’organizzazione ha raccolto 48mila firme per chiedere al governo di aumentare tempi e retribuzione del congedo di paternità. “Invitiamo tutti a unirsi alla nostra campagna per un futuro più equo per le famiglie italiane”, conclude D’Errico.
L’obiettivo del congedo di paternità universale, pubblicata nel giorno della Festa del papà, è quindi quello di fornire un quadro completo e informativo sul tema del congedo di paternità in Italia, sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere un cambiamento positivo.
Proprio quel cambiamento concreto che, almeno per una volta, darebbe un importanza segnale di indipendenza e autodeterminazione della donna, non più vista come mamma e donna di casa. L’utilizzo universale, quindi esteso a tutti e in tutte le condizioni sociali ed economiche, del diritto di paternità andrebbe a eliminare – o quantomeno arginare – la mascolinità tossica di un paese che parla di progresso ma che si nasconde in una trappola patriarcale molto più complessa.
Un diritto ancora negato che aumenta man mano che cresce il divario tra nord e sud, tra lavoratori con contratti stabilizzati e quelli con rapporto di lavoro a tempo determinato …… quindi nulla di nuovo sotto il sole !
Una fotografia di un Paese, ma possiamo dire di un mondo, che ha ancora molta strada da fare in materia di parità di genere.
La conquista dei diritti e’ sempre lunga e tortuosa. Si scontra con divari culturali, economici e geografici che resistono al tempo ed al progresso.
La mancata ed equa applicazione di questo importante strumento normativo è senza dubbio tra le cause della bassa natalità, che tutti vorrebbero ridurre ma che nessuno affronta con il dovuto buon senso.