La confusione tra antisemitismo e antisionismo, ha generato un errore linguistico e storico riconosciuto come tale anche da molti ebrei antisionisti. Infatti, non solo una parte della comunità ebraica sparsa in giro per il mondo non condivide le tesi propugnate dal Sionismo, movimento secolare e anti-religioso, ma addirittura le respinge con convinzione.
L’origine del termine “semita” (semitisch) risale al 1781 quando lo storico tedesco August Ludwig von Schlozer lo adoperò per la prima volta per definire la famiglia linguistica comprendente siriaco, cananeo, aramaico, fenicio, arabo, ebraico, vale a dire quelle lingue parlate dai popoli che la Bibbia individua come discendenti di Sem, figlio di Noè.
Da un punto di vista antropologico, “semite” sono tutte quelle popolazioni che si sono affermate in un’area geografica molto ampia che si estende dal Mar Mediterraneo, monti d’Armenia, fiume Tigri, Arabia meridionale fino all’Etiopia e al Nordafrica.
Partendo da questa premessa storico-linguistica emerge un fatto evidente: la confusione tra antisemitismo e antisionismo nasce proprio dalla forzata identificazione fra i termini “semita” ed “ebreo”. Etimologicamente parlando, il termine “antisemitismo”, coniato dal giornalista viennese Willhel Marr nel 1789, dovrebbe essere impiegato per indicare non solo l’avversione contro il popolo ebraico, bensì contro tutti quei popoli che parlano lingue semitiche, in particolare gli arabi, i quali rappresentano la famiglia etnico-linguistica più numerosa.
Uso improprio dei termini “semita” ed “ebreo” come sinonimi alla base della confusione tra antisemitismo e antisionismo
L’equivoco alla base della confusione tra antisemitismo e antisionismo, prende forza quindi dall’uso esclusivo del termine “semita” in riferimento all’ebreo, ma se il criterio per stabilire l’appartenenza ad un gruppo etnico-linguistico è la lingua parlata, in realtà non è poi così scontato considerare gli ebrei come semiti a pieno titolo. Gli ebrei della diaspora, sparsi in giro per l’Europa e l’America infatti, hanno sempre parlato lingue indoeuropee come inglese, francese, spagnolo, italiano, tedesco, oppure lingue slave come russo, ucraino, polacco. Anche l’Yiddish, un idioma internazionale affermatosi nel XIII secolo tra gli ebrei emigrati nell’Europa centrale, nacque da un dialetto tedesco-slavo pur presentando lessico e caratteri mutuati dalla lingua ebraica antica.
Solo nel 1948 contestualmente alla colonizzazione della Palestina, dalle ceneri di una lingua morta, l’ebraico antico, venne creato ad hoc un linguaggio artificiale, il neoebraico, come simbolo identitario dell’entità coloniale sionista.
Anche sotto il profilo antropologico è molto complesso pervenire ad una definizione precisa del popolo ebraico, non solo per via delle migrazioni, ma soprattutto perché fin dalle origini delle prime tribù israelitiche, in Asia Minore, Siria e Palestina, gli ebrei hanno sempre contratto matrimoni misti con differenti stirpi.
Per comprendere da quali presupposti hanno origine la confusione tra antisemitismo e antisionismo e le illegittime ambizioni coloniali in Palestina del movimento sionista a partire dalla strumentalizzazione del mito del ritorno, occorre tenere presente la distinzione tra ebrei Sefarditi ed ebrei Aschenaziti. I primi hanno origini semite, non necessariamente ebraiche, e si sono stabiliti in Nordafrica ed Europa meridionale, i secondi che costituiscono la maggioranza della comunità ebraica mondiale e hanno esercitato il peso maggiore sulla nascita dell’ideologia sionista, discendono dai Cazari, ovvero un popolo turcofono originario dell’Asia Centrale, e si sono stabiliti principalmente nei paesi balcanici, in Ungheria, nell’Europa centro-orientale, in particolare in Lituania, Polonia, Ucraina e Russia meridionale.
Sionismo, movimento secolare e anti-religioso
Per sfatare la confusione tra antisemitismo e antisionismo è fondamentale conoscere i punti cardine sui cui si fonda l’ideologia secolare sionista:
- Sviluppare una nuova lingua, basata sul linguaggio della Bibbia e dei rabbini, espressione artificiale dell’identità coloniale sionista.
- Trasformare l’identità transnazionale degli ebrei della diaspora, fondata sulla Torah, in un’identità nazionale che si identifica con l’entità statale sionista d’Israele, un etnostato nato dalla repressione e cancellazione della memoria storica dei nativi arabi-palestinesi.
- Instaurare un’egemonia politica, economica, storica e culturale sulle terre occupate di Palestina attraverso l’oppressione e l’apartheid del popolo nativo.
- Favorire il trasferimento di flussi crescenti di ebrei dai loro paesi di origine alle terre di Palestina per contrastare l’incremento demografico diffuso tra la popolazione palestinese.
Il Sionismo, con i suoi intenti secolari e suprematisti, tradisce e nega i valori morali dell’Ebraismo tradizionale e si riduce a simulacro ad uso e consumo dei coloni sionisti che ne fanno un uso strumentale per legittimare pratiche usurpatorie e dare un senso trascendente alla violenza razzista contro i palestinesi. Ricordiamo che già prima del 1948, le bande paramilitari sioniste, Irgun e Haganah, poi integrate nell’IDF in seguito alla fondazione dello stato d’Israele, furono artefici di pulizie etniche contro gli arabi nativi ma non disdegnarono l’uso della forza nemmeno contro gli ebrei tradizionalisti che da secoli convivevano in armonia con i popoli non ebrei nelle terre palestinesi.
La resistenza degli ebrei antisionisti in opposizione alla confusione tra antisemitismo e antisionismo
L’Ebraismo tradizionale non solo ritiene pericolosa l’idea di fondo del Sionismo di concentrare tutta la comunità ebraica in un’unica area geografica, ma sostiene altresì che l’esistenza stessa dell’entità statale sionista d’Israele, in quanto “ebreo tra le nazioni”, rappresenti in realtà per gli ebrei di tutto il mondo, non una patria ideale ma una trappola, poiché proprio la confusione tra antisemitismo e antisionismo, ebrei ed Israele, Sionismo ed Ebraismo, alimentata da politici e coloni ultranazionalisti, fomenterebbe convinzioni e azioni antisemite.
Nel 1924 una resistenza ebraica antisionista, in seno alla minoranza di ebrei che viveva in Terra Santa, si oppose alla Dichiarazione Balfour che riconosceva la legittimità della colonizzazione nelle terre di Palestina già abitate da secoli dai nativi arabi-palestinesi, il leader di questi ebrei resistenti rimase vittima di un attentato terroristico organizzato da gruppi paramilitari sionisti.
Ma perché gli stessi ebrei tradizionalisti contestano il progetto coloniale sionista?
La risposta si trova nel Talmud, strumentalizzato dai sionisti per trovare un fondamento metafisico alle politiche ultranazionaliste e alle violenze coloniali ai danni dei nativi palestinesi. Il testo sacro dell’Ebraismo in realtà, riconosce solo il diritto individuale al ritorno degli ebrei in Terra Santa ma proibisce il ritorno in massa e il conseguente insediamento collettivo. Su queste basi, gli ebrei tradizionalisti si oppongono alla distorsione del Talmud operata dal movimento sionista e auspicano la sostituzione dell’etnostato ebraico fondato su apartheid e discriminazione ai danni dei nativi, con un’entità binazionale che si estenda dal fiume Giordano al mar Mediterraneo ed includa al suo interno tutte le etnie e religioni.
Uno stato insomma, per tutti e di tutti, dove ognuno possa godere di eguali diritti.
Uno stato multietnico che possa riscattare finalmente i palestinesi sradicati dalla loro terra, cacciati, oppressi ed umiliati.