Si riaccende il conflitto in Congo: l’M23 avanza verso Goma

Il gruppo ribelle M23 sta avanzando nell'est del paese, nella provincia del Kivu Nord

conflitto in Congo

Nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo, paese ricco di risorse naturali che da decenni è martoriato da instabilità e conflitti intestini, si è riacceso lo scontro tra le truppe del gruppo ribelle M23 e le forze armate congolesi. Al centro del dibattito internazionale vi è il ruolo del Ruanda nel conflitto in Congo: il supporto che Kigali ha deciso di fornire ai ribelli rischia di determinare un’escalation del conflitto, che potrebbe trasformarsi in una guerra su larga scala in Africa centrale.

Si riaccende il conflitto in Congo 

Secondo quanto riportato dalla diplomatica e inviata speciale delle Nazioni Unite Bintou Keita, le condizioni della regione orientale della Repubblica Democratica del Congo si stanno deteriorando, e stanno aumentando vertiginosamente i rischi per la sicurezza della popolazione locale. Infatti, il conflitto in Congo si è riacceso: le truppe del gruppo ribelle M23 stanno avanzando verso Goma, nei pressi del confine con il Ruanda, e stanno incrementando significativamente la loro sfera di influenza.

Da decenni, ormai, la provincia del Kivu Nord, nella parte orientale del paese alle porte del Ruanda, è incendiata da sanguinosi conflitti. Oltre 100 gruppi armati, tra cui l’M23, si contendono il controllo su questa regione, altamente strategica in quanto ricca di risorse naturali e minerarie: oltre al coltan, sono presenti ingenti quantità di oro, diamanti, cobalto e nichel. I gruppi armati che operano nella regione si sono frequentemente resi responsabili di massacri ai danni della popolazione civile e hanno dato vita ad una tragica emergenza umanitaria.

Il conflitto in Congo, che vede contrapposti il movimento ribelle M23 e le forze armate regolari congolesi, si è recentemente riacceso anche a causa dell’inizio del graduale ritiro da parte delle Nazioni Unite delle truppe impegnate in una missione di peacekeeping nella Repubblica Democratica del Congo. La missione in cui esse erano impegnate, che prende il nome di MONUSCO e che è stata attiva per 13 anni, aveva l’obiettivo di contribuire alla stabilità della regione e mitigare gli effetti del conflitto in Congo sulla popolazione civile.

Tuttavia, le truppe delle Nazioni Unite erano divenute sempre più invise alla popolazione locale, che accusava la missione MONUSCO di aver fallito nel suo intento di proteggere i civili della crescente violenza dispiegata dalle milizie operanti nella regione. Le agguerrite proteste, in cui questa accusa si è concretizzata, hanno spinto il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad approvare la conclusione della missione nel dicembre del 2023.

Il ruolo del Ruanda nel conflitto in Congo

Il Ruanda è stato più volte accusato di essere uno tra i principali responsabili dell’instabilità che caratterizza la regione del Kivu Nord in quanto attivo sostenitore del gruppo ribelle M23. Il nome del gruppo, che è composto per la maggior parte da ribelli di etnia Tutsi, si riferisce al 23 marzo 2009, data in cui venne siglato un accordo che mise fine a una precedente ribellione infiammata dai Tutsi nell’est del Congo. Il gruppo, determinato a difendere gli interessi dei Tutsi, accusa il governo congolese di non aver rispettato i termini del patto del 2009 riguardo all’integrazione dei Tutsi in Congo.



Numerosi stati hanno accusato il Ruanda di alimentare il conflitto in Congo armando e supportando i ribelli. Sebbene il Ruanda abbia negato il suo coinvolgimento nel conflitto in Congo, gli Stati Uniti hanno invitato il Ruanda a ritirare il suo personale militare dalla Repubblica Democratica del Congo e hanno chiamato la comunità internazionale a condannare il Ruanda e a rivalutare la sua credibilità come partner nelle operazioni di peacekeeping. Anche la Francia ha esplicitamente condannato la presenza di truppe del Ruanda sul suolo congolese e il suo coinvolgimento nel conflitto in corso.

Il Ruanda si è schermato dalle accuse asserendo che le sue truppe sono impegnate a difendere l’integrità territoriale del paese, messa in pericolo dall’allarmante presenza di considerevoli contingenti militari congolesi alle porte del Ruanda. Inoltre, il Ruanda si è detto preoccupato per la sua sicurezza nazionale a causa della presenza sul territorio congolese di un gruppo armato che presumibilmente includerebbe anche perpetratori del genocidio del 1994: l’FDLR, che, secondo Kigali, sarebbe del tutto integrato nelle forze armate regolari congolesi.

Al di là della retorica adottata dal governo del Ruanda, l’escalation del conflitto in Congo e la violenza e l’instabilità che ne deriverebbero possono essere prevenute solo interrompendo il supporto nei confronti della milizia M23. Come suggerito dal governo statunitense, è di vitale importanza che Congo e Ruanda si attivino tramite canali diplomatici per giungere a una soluzione negoziata e sostenibile al fine di evitare una recrudescenza del conflitto in Congo che potrebbe determinare lo scoppio di una guerra su vasta scala in Africa centrale.

Pietro Menzani

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