I conflitti tra India e Cina, che durano ormai da decenni, hanno avuto origine dalla definizione ambigua dei confini nella regione occidentale dell’Himalaya. Nel giugno del 2020 gli scontri tra le due potenze nucleari, hanno creato una forte tensione geopolitica, ma gli ultimi eventi sembrano scongiurare l’avvento di una guerra.
L’innesco degli scontri
I contrasti, che hanno portato ai recenti conflitti tra India e Cina, hanno avuto inizio nel maggio del 2020 nei pressi del lago Pangong Tso, più volte al centro delle contese. Sulle montagne del Karakoram un gruppo di soldati cinesi ha attraversato la frontiera in diversi punti, violando gli accordi stretti fra i due paesi e dando inizio ai primi scontri al confine.
Un mese dopo, nella notte tra il 15 e il 16 giugno 2020, nel Ladakh, un territorio indiano fra le catene del Karakorum e dell’Himalaya, dei soldati hanno perso la vita al confine per la prima volta in 20 anni: sono morti senza armi, solo a colpi di pugni e bastoni. In quello scontro hanno perso la vita con certezza 20 soldati indiani, mentre il numero di morti dell’esercito cinese non è mai stato confermato ufficialmente dalle autorità.
L’innesco del conflitto non è chiaro, entrambi i paesi hanno avanzato reciproche accuse di sconfinamento: Zhao Lijian, Ministro degli Esteri cinese, sostiene che, il 15 giugno, l’esercito indiano avrebbe oltrepassato almeno due volte il confine, scatenando la reazione dell’esercito. Secondo altre fonti, l’origine di questo scontro sarebbe stata la costruzione di una strada da parte degli indiani lungo il fiume Shyok, un gesto provocatorio secondo il governo cinese.
Lo sconfinamento ha scatenato una reazione attesa da decenni: i due paesi da tempo si accusano reciprocamente di violare le linee di separazione e per questo hanno militarizzato la regione costruendo strade, piste di atterraggio e altre infrastrutture.
Tuttavia era dal 1962 che, sul fronte sino-indiano, non si verificavano scontri così ostinati.
La storia dei conflitti tra India e Cina
L’avanzamento degli eserciti nel giugno del 2020 ha contribuito quindi ad aggravare una situazione geopolitica già tesa e fragile. Le radici delle ostilità vanno ricercate nella contestazione dei confini tra India e Cina nella parte occidentale dell’Himalaya, nella regione del Ladakh, una terra povera e parzialmente disabitata. Nonostante le caratteristiche inospitali del territorio, la regione è strategica per entrambi i paesi: per la Cina rappresenta un collegamento con il Tibet, per l’India invece la rivendicazione della regione è legata a un’idea di prestigio.
Una questione di confini
I confini tra Cina e India sono contesi perché non sono stati mai definiti bilateralmente da entrambi paesi, ma sono stati tracciati, originariamente, durante il colonialismo dall’Impero Britannico. Lungo l’Himalaya, si estendono per più di 3.5mila km e vi sono alcuni tratti che non sono divisi nettamente o le cui divisioni non sono riconosciute dalle due parti.
Nel ventesimo secolo con l’Accordo di Simla la Gran Bretagna riconobbe i confini tra l’Impero Britannico e il Tibet, tracciando la Linea McMahon. I confini però non vennero mai riconosciuti dai paesi coinvolti e già alla fine degli anni ’50 iniziarono i conflitti tra India e Cina per la rivendicazione dei territori. La Cina propose, senza riscontro, di rinunciare alle pretese della parte Occidentale dell’Himalaya in cambio della rinuncia, da parte dell’India, della regione dell’Aksai Chin.
Per le zone occidentali rivendicate da entrambi i paesi, i conflitti si intensificarono nel 1962 con un attacco, da parte dell’esercito cinese, nella regione dell’Aksai Chin che comportò più di 2mila morti. In 32 giorni la Cina riuscì a sconfiggere l’India, sostenuta dagli Stati Uniti, e in questa occasione, fu imposta la LAC, Line of Actual control, una linea semi-ufficiale che traccia i confini nella parte occidentale dell’Himalaya, mentre la Linea McMahon ne segna i confini a est.
La LAC non ha risolto le dispute legate alle regioni dell’Himalaya occidentale perché è stata vissuta come un’imposizione cinese e i confini non sono definiti in maniera netta, rimangono almeno 13 aree contese, che sono di indefinita appartenenza. Inoltre, quando è stata tracciata, i due paesi non hanno nemmeno concordato la sua durata, per questo i conflitti tra India e Cina non si sono ma fermati.
I due paesi nel 1993, nel 1996 e nel 2016 hanno stretto accordi per definire un veto sull’uso della forza per le dispute relative alla LAC, e durante il primo incontro ufficiale, entrambe le parti hanno dichiarato ufficialmente di accettare la Line of Actual Control e di promuovere l’impegno di garantire pace e sicurezza lungo il confine, ma gli accordi non sono mai riusciti a frenare le tensioni. Periodicamente le infrastrutture costruite dai due paesi sulla zona di confine venivano distrutte e i soldati oltrepassavano, spesso usando la violenza, i confini.
India e Cina sono due potenze nucleari
Come si legge sull’Internazionale, l’8 settembre 2020 il caporedattore del Global Times, un quotidiano nazionalista cinese, su twitter scriveva: “l’esercito cinese è pronto al peggio e ha la capacità di infliggere una sconfitta all’esercito Indiano in caso di conflitto a qualsiasi livello”.
Queste affermazioni hanno scatenato nella comunità internazionale il timore che i conflitti tra India e Cina potessero condurre all’uso di armi nucleari. Gli scontri dei confini non sono sicuramente l’unica ragione che si cela dietro un astio che, sotto gli occhi dell’occidente, si protrae da decenni a causa della politica espansionistica della Cina e che ha sempre comportato una forte tensione geopolitica. Tra i due paesi si è creato uno squilibrio profondo, politico ed economico, con il PIL della Cina 6 volte superiore a quello indiano e sviluppi tecnologici molto diversi. A incrementare le tensioni tra i due paesi anche i rapporti sempre più stretti tra l’India e gli Stati Uniti, che vedono in questa alleanza un modo per fermare l’espansione cinese nell’Indo-pacifico.
Le numerose cause di divergenza tra India e Cina e il fatto che entrambe siano potenze attive nello sviluppo missilistico hanno reso concreta la minaccia di una risoluzione nucleare delle tensioni. Negli anni dei conflitti al confine, i due paesi hanno eseguito delle esercitazioni per avanzare reciprocamente delle minacce. Nell’ottobre del 2020 l‘India ha testato un missile balistico intercontinentale con capacità nucleare, con una gittata di 5 km il missile rappresentava una minaccia per la Cina. Due anni dopo si è diffusa la notizia di alcune esercitazioni cinesi con dei lanciarazzi al confine con New Delhi. I test servivano a sperimentare il PCL191, un sistema di lanciarazzi multiplo con una gittata fuori dal comune: può sparare i missili fino a 500 km di distanza. Il risultato è che con questa portata i missili cinesi avrebbero potuto colpire le basi indiane al confine sull’Himalaya.
Pericolo scongiurato?
Già dopo due settimane dallo scontro del 2020 Cina e India hanno stabilito un accordo di de-escalation per evitare ulteriori perdite di uomini, iniziando un disimpegno delle truppe disposte sui confini, ma a livello diplomatico non avevano ancora definito un accordo. A incidere sull’indebolimento delle tensioni anche la grave situazione sanitaria in cui verteva l’India a causa della pandemia di Covid-19.
Nonostante gli accordi e le riunioni dei vertici dei due paesi, la situazione è rimasta critica e la regione del Ladakh è stata, per anni, al centro di ulteriori tensioni tra le due potenze nucleari.
Qualcosa si è mosso quest’anno: a settembre le truppe indiane e cinesi hanno iniziato a ritirarsi dalla zona di Gogra-Hot Springs, una zona di confine che appartiene alla zona indiana del Ladakh, ma che Pechino ha sempre rivendicato come propria. Il Ministero della Difesa indiano ha dichiarato che le truppe indiane e quelle cinesi hanno iniziato il disimpegno in modo pacifico per garantire pace nelle zone di confine liberano entro il 12 settembre.
I conflitti tra India e Cina sembrano essere arrivati a un punto di stallo che sembra allontanare il rischio di una guerra nucleare tra le due potenze. La Cina tuttavia respinge ancora le richieste del governo indiano di tornare allo status di aprile 2020, sostenendo che si fosse stabilito attraverso un’invasione illecita oltre la linea di controllo. Mentre, con il disimpegno, Gogra-Hot Springs è diventata una zona cuscinetto, rimangono delle zone critiche nelle regioni di Demchok e Depsang, come dichiarato dal capo dell’esercito indiano.