Confinamento da coronavirus: misure estreme nel mondo

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In seguito alla propagazione del coronavirus, i vari Paesi hanno adottato misure estreme per evitare una crisi sanitaria.

La polizia di ogni Stato è stata autorizzata ad assicurare il rispetto delle misure di contenimento.

La necessità di imporre il rispetto delle misure di confinamento da coronavirus ha attribuito alle autorità un grande potere sul controllo della popolazione, che talvolta è sfociato in abuso e violenza, soprattutto nelle società più povere e verso i più deboli.

Andiamo a vedere alcune tra le misure più estreme dal mondo.

Kenya, la morte di un tredicenne

A Mombasa, il primo giorno di restrizioni non è stato semplice. Gli agenti hanno utilizzato misure estreme, come gas lacrimogeni, manganelli e proiettili di gomma, per assicurare il rispetto delle misure di confinamento da coronavirus. Già due ore prima dell’entrata in vigore del coprifuoco, sono iniziate le bastonate e le violenze sulla popolazione locale.

Ha fatto scalpore il caso di Yasin Hussein Moyo, un ragazzino di 13 anni di Nairobi. Il giovane si trovava sul balcone di casa sua quando è stato ucciso da un proiettile della polizia. Sarebbe stato quindi una vittima involontaria dell’abuso di potere da parte della polizia keniana per mantenere il rispetto delle misure di contenimento. Il governo ha deciso di aprire delle indagini. Inoltre, a pochi giorni dall’accaduto, il presidente Uhuru Kenyatta si è scusato per le maniere eccessive messe in atto dalla polizia. Il governo keniano, però, ha una storia pregressa di violazione dei diritti umani. Risulta molto difficile sperare in una condanna per coloro che hanno perpetrato queste violenze.

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Filippine, sparate per uccidere

Nelle Filippine, il presidente Duterte ha ordinato di sparare a vista su chiunque violi le misure di confinamento da coronavirus con proteste di ogni genere. La minaccia è arrivata in una diretta televisiva dopo l’arresto di 12 manifestanti che domandavano aiuti per fronteggiare l’emergenza, scrive il quotidiano locale Rippler.

India, la più grande marcia nazionale

L’India è il Paese dove le misure di contenimento sono state applicate in maniera più drastica. Il blocco dei mezzi di trasporto e di tutte le attività produttive è stato annunciato all’improvviso, obbligando i cittadini a rientrare a casa a piedi per non morire di fame. La marcia rappresenta la più grande migrazione demografica della storia del Paese.

I due avvocati Nikita Sonavane e Ameya Bokil hanno iniziato il progetto Criminal Justice & Police Accountability per portare a conoscenza e denunciare le moltissime violazioni della legge alla corte indiana. Numerosissimi sono i casi di persone picchiate, obbligate a performare esercizi fisici affermando di essere dei cittadini disonorevoli, o esposte alla pubblica gogna.




Pakistan, scontri religiosi

In Pakistan il lockdown è stato più graduale rispetto alla vicina India vicino indiano. Le norme meno restrittive, però, non hanno impedito alla polizia di utilizzare metodi molto simili a quelli indiani, punendo le persone con castighi corporali per far rispettare le misure di confinamento da coronavirus.

Negli ultimi giorni si sono verificate proteste e scontri. Il 3 aprile, a Karachi, la polizia ha cercato di bloccare i fedeli Musulmani intenti a partecipare alla messa del venerdì.

Il 6 aprile, a Quetta, il personale medico del Quetta Civil Hospital and Bolan Medical College ha manifestato contro le autorità locali a causa della mancanza di materiale di protezione idoneo. I dimostranti hanno denunciato di essere stati fermati e picchiati dalla polizia.

 

L’appello delle Nazioni Unite

L’appello di UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, del 16 marzo non è servito a impedire gli abusi di potere. Le Nazioni Unite hanno ricordato che la legge internazionale riconosce l’uso di misure estreme per fronteggiare minacce urgenti, ma, queste misure, devono essere proporzionate, necessarie e non discriminanti. La triste realtà è che il ruolo delle Nazioni Unite funziona nella teoria, ma nella pratica i suoi poteri sono estremamente ridotti nei confronti delle politiche nazionali.

Questa situazione emergenziale di portata globale pone molteplici sfide ai governi e alle organizzazioni internazionali. È chiaro però, che la tutela dei diritti umani, anche in momenti delicati, deve essere garantita. La lotta al virus non deve dimenticare il valore dell’uomo.

 

Noemi Rebecca Capelli

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