Conferenza sul clima: come se non ci fosse un domani

Cattive notizie su impatti, adattamento e vulnerabilità nel nuovo rapporto dell’IPCC. Italia hot spot del cambiamento climatico in Europa.

Il rapporto dell’ultima conferenza sul clima presentato il 30 Marzo di quest’anno da WGII (Working Group II), fornisce un‘analisi dei potenziali rischi e le relative conseguenze per i sistemi umani ed ecologici. E’ proprio la valutazione dei rischi a consentire una più chiara comprensione degli impatti sempre più gravi, interconnessi e spesso irreversibili dei cambiamenti climatici.  Alcuni  di questi, come la perdita di biodiversità, risultano in parte già irreversibili, mentre altri, come quelli derivanti dallo scioglimento dei ghiacciai, rappresentano chiari esempi di impatti prossimi all’irreversibilità.

Qual è la posta in gioco? Dipende dalle temperature globali

Sono diversi gli impatti, sia globali che locali, analizzati dal WGII, ciascuno associato a un diverso grado di probabilità. Scarsità d’acqua, impatti su allevamento pesca e malnutrizione sono alcuni esempi di impatti ad alta probabilità identificati per la regione mediterranea, a cui per la prima volta è stato dedicato un capitolo ad hoc.

L’analisi di tali impatti ha fatto emergere, un totale di 127 rischi potenziali, con una più accurata suddivisione in rischi a breve termine e rischi a medio/lungo termine.  A livello globale, tra i rischi a breve termine rientrano la perdita di biodiversità, la compromissione di ecosistemi costieri e, anche se con una probabilità inferiore rispetto ai primi, la limitazione di particolari servizi, quali energia e acqua nelle città metropolitane, oggetto di particolare interesse in quanto ospitano più della metà della popolazione mondiale.

conferenza sul clima
Il grafico mostra, per le regioni mediterranea ed europea, i rischi principali e l’entità degli impatti ad essi associati, da moderata (gialla) a molto alta (viola). – Rapporto IPCC.

Per quanto riguarda il nostro continente, sono invece stati identificati quattro rischi principali a medio-lungo termine. Si tratta di rischi causati da ondate di calore su popolazioni ed ecosistemi terrestri e marini, rischi per la produzione agricola, scarsità di risorse idriche e maggiore frequenza e intensità di inondazioni costiere, fluviali e pluviali. Questi rischi prospettano con una probabilità  più o meno alta, in funzione del grado di temperatura raggiunto entro il 2030.

Tra la vulnerabilità e l’adattamento, in mezzo c’è il trasformare

E’ chiaro ormai che quando parliamo di crisi climatica, si deve appurare che i rischi connessi al clima possono essere il risultato di interazione tra i rischi stessi al clima e l’esposizione o la vulnerabilità dei sistemi umani ed ecologici colpiti.

Quest’ultima conferenza sul clima ha evidenziato molteplici fattori che rendono la regione mediterranea particolarmente vulnerabile al cambiamento climatico. Esempi di fattori di vulnerabilità sono la perdita di ecosistemi posti in pericolo o la grave e crescente carenza idrica, parallela a una crescente richiesta d’acqua da parte del settore agrario. Allo stesso tempo, anche l’elevata dipendenza economica dal turismo rappresenta un fattore determinante, a rischio non solo per l’aumento della temperatura, ma anche per politiche volte a ridurre l’emissione di gas serra e per politiche internazionali.

Il grafico mostra, per ogni regione e a livello globale, l’elenco degli impatti del cambiamento climatico osservati su ecosistemi (a) e sui sistemi umani (b). Gli impatti sono caratterizzati, quando possibile, da un grado specifico di probabilità, da alto (blu) a basso (grigio chiaro), e da un’indicazione dell’entità delle conseguenze che arrecano, negative (-) o sia negative che positive (±). – Rapporto IPCC.




Parola chiave: leadership climatica, ma l’Italia non sta al passo

Il risultato del WGII  e di questa conferenza sul clima mette in evidenza l’importanza della collaborazione e dell’unione nell’affrontare problematiche di questa portata, ma anche la necessità di affrontare questioni relative a equità e giustizia climatica e sociale. L’inclusione di esempi concreti rende infatti più stridente la mancanza di azione e di impegno da parte dei Paesi maggiormente responsabili delle emissioni globali. Come descritto in termini drammatici dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, il rapporto rappresenta infatti un atlante della sofferenza umana e un atto d’accusa schiacciante contro la fallita leadership climatica.

E tra i Paesi con una leadership climatica debole si trova anche l’Italia. Sono infatti passati quattro anni dall’elaborazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), ma il piano si trova da allora in attesa di approvazione della Valutazione Ambientale Strategica. Nonostante la nostra penisola sia un hot spot del cambiamento climatico, esposta quindi a un rischio elevato caratterizzato da possibili inondazioni e ondate di calore più frequenti, la messa in opera di un piano di adattamento non sembra ancora imminente.

 

Fabio Lovati

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