Nicolas de Condorcet non era un uomo qualunque: a fine Settecento, egli era ormai il più illustre degli illuministi francesi, rappresentante di una generazione che andava scomparendo. La sua lotta senza quartiere contro l’oppressione delle donne ci dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che la questione femminile è un problema che riguarda tutti, anche gli uomini.
La Rivoluzione francese fu un punto di svolta fondamentale per la storia dei diritti umani. Ma fu anche un’occasione mancata per il raggiungimento di una maggiore parità tra uomo e donna, nonostante le rivendicazioni in tal senso non mancassero.
Si parla spesso delle prime femministe francesi: nomi come quelli di Théroigne de Mericourt, o di Olympe de Gouges, sono giustamente famosi. Ma è interessante rilevare anche la presenza, seppur minoritaria, di alcuni personaggi maschili che si spesero in questa battaglia.
Tra questi spicca il marchese Nicolas de Condorcet, che, spingendo all’estremo le premesse dell’Illuminismo, riuscì a elevarsi al di sopra dei pregiudizi del suo tempo, per dichiarare la sostanziale parità di uomini e donne.
Le battaglie di Nicolas de Condorcet
Noto matematico, nonché filosofo ed economista, Condorcet dedicò la sua vita e la sua opera alla difesa dei gruppi sociali maggiormente discriminati. Attaccò con fermezza l’istituto della schiavitù, sostenendo i diritti delle minoranze etniche. Soprattutto, si espresse con inaudita fermezza in favore delle rivendicazioni femminili, molto spesso trascurate da altri pensatori a lui contemporanei.
Una nuova concezione della donna
Secondo la mentalità dell’epoca la donna era una creatura fragile, priva di interessi politici, da tutelare, recludendola all’ambito domestico, unica sfera in cui potesse raggiungere una qualche realizzazione personale. Il principale e più recente sostenitore di questa concezione era niente di meno che Rousseau. La posizione antifemminista di uno dei più autorevoli fautori del giusnaturalismo (l’ideale secondo il quale gli uomini nascono per natura con uguali diritti) è un ottimo esempio di come anche gli spiriti più rivoluzionari, nel momento in cui si approcciavano ai diritti delle donne, cadessero vittima dei pregiudizi dominanti.
Del tutto opposto (e sorprendente, per l’epoca) era il pensiero di Condorcet. Se è infatti vero, come affermato da molti teorici della Rivoluzione, che gli individui nascono uguali in natura, allora non è possibile stabilire alcuna limitazione a questa uguaglianza. Nemmeno di fronte alle differenze di genere.
“O nessun individuo della specie umana ha dei diritti veri, o tutti hanno gli stessi; e colui che vota contro il diritto di un altro, quale che sia la sua religione, il suo colore o il suo sesso, ha da quel momento in poi rinunciato ai propri.”
Condorcet, Sur l’admission des femmes au droit de cité
Tra uguaglianza naturale e oppressione storica
Il tema della discriminazione femminile ricorre per la prima volta nelle Lettere di un borghese di New Haven a un cittadino della Virgina (1787). In quest’opera, Condorcet sostiene con forza l’uguaglianza per natura di uomo e donna, riprendendo la tesi prettamente illuministica della razionalità intrinseca a ogni essere umano; ma sottolineando con forza che essa appartiene a ogni membro della specie, non solo agli esponenti di sesso maschile. Nonostante questo, il marchese non può fare a meno di notare che, in ogni ordinamento giuridico, le donne sono oggetto di una discriminazione e oppressione non giustificabili sul piano razionale.
Egli arriva addirittura a suggerire alle donne un metodo di ribellione: esse potrebbero rifiutarsi di pagare le tasse, dal momento che non hanno mai avuto voce in capitolo nel processo decisionale che le ha stabilite. Anche qui, troviamo un ideale di stampo illuminista come il diritto alla disobbedienza. Anche qui, l’elemento davvero originale sta nell’aver ampliato l’orizzonte del discorso alla popolazione di sesso femminile, solitamente esclusa anche dalle ultime conquiste del pensiero moderno.
L’importanza dell’istruzione femminile
Negli anni successivi, durante i suoi incarichi politici in seno al nuovo governo rivoluzionario, Condorcet tornò in più occasioni sulla questione femminile. Cardine della sua battaglia fu il diritto all’istruzione. Inutile infatti sostenere che le donne siano per natura disinteressate alla cosa pubblica e incapaci di occuparsene, dal momento che esse non sono mai state messe nelle condizioni di dimostrare il proprio valore. Così facendo, si scambia per inclinazione naturale un comportamento che è semplicemente frutto dell’educazione ricevuta. D’altronde, afferma Condorcet, le donne hanno dimostrato di amare la libertà tanto quanto gli uomini, come evidenziato dalla loro partecipazione ai moti rivoluzionari.
Una volta garantite alle donne uguali opportunità formative, queste saranno perfettamente in grado non solo di esercitare il diritto di voto, ma anche di ricoprire in prima persona cariche pubbliche.
E contro chi ribadisce la tesi dell’inferiorità biologica della donna, tirando in ballo una presunta debolezza fisica (attribuita alle mestruazioni e alle gravidanze), Condorcet si limita a ricordare che nessun sostenitore dell’uguaglianza si sognerebbe mai di privare dei diritti i cittadini inclini al raffreddore o malati di gotta. Dietro a queste teorie si nasconde solo il peso dell’abitudine, scambiata erroneamente come dato di natura, e volta a preservare una condizione secolare di privilegio.
L’uguaglianza di genere, per Condorcet, non è una semplice questione di principio, ma una condizione vantaggiosa per tutti, anche per gli uomini. Solo dotando tutti gli individui di giudizio critico e responsabilità civili, la società potrà proseguire sul cammino della perfettibilità.
La Rivoluzione che dimenticò le donne
Dopo i primi mesi di felici premesse, la Rivoluzione francese dimenticò velocemente le rivendicazioni femminili. Molte delle donne che sostennero la causa del loro genere furono canzonate o addirittura giustiziate; i club femminili furono sciolti; la retorica del sesso debole e bisognoso di protezione prevalse, nonostante le prove di coraggio e l’attiva militanza dimostrata da molte cittadine all’indomani del 1789.
Lo stesso Condorcet andò incontro alla disfatta. Arrestato per aver tentato di arginare la deriva violenta della Rivoluzione, morì in carcere. Eroico suicidio, secondo molti storici. Omicidio, secondo altri, compiuto tramite veleno per evitare l’esecuzione pubblica di un uomo tanto amato dal popolo, simbolo stesso di quel cambiamento che, ormai, stava imboccando la strada del fanatismo.
Si inaugurava così il regno del Terrore. La questione femminile tornò nel dimenticatoio; le pur piccole conquiste ottenute nel campo del diritto di famiglia furono a loro volta liquidate dal successivo regime napoleonico.
Di Condorcet ci rimane il richiamo a una società più giusta, e la fiducia, nonostante tutto, nelle potenzialità della specie umana, portata naturalmente al progresso; purché abbandoni la componente dell’abitudine e del pregiudizio, per abbracciare la scienza e la ragione.
Del femminismo rivoluzionario ci rimangono queste parole, pesanti come macigni, pronunciate da Olympe de Gouges, prima di essere ghigliottinata:
“Se la donna ha diritto a salire sul patibolo, deve avere ugualmente il diritto di salire sulla Tribuna.”
Elena Brizio