Condizioni degradanti nel CPR di Palazzo San Gervasio

CPR di Palazzo San Gervasio Belmaan Oussama è deceduto Il governo ha messo 42 milioni per i CPR.

La gestione del Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) di Palazzo San Gervasio è al centro di un dibattito, con accuse di gravi violazioni dei diritti umani e condizioni di detenzione disumane. La deputata del Partito Democratico, Rachele Scarpa, insieme alla Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD), ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Potenza, denunciando una situazione che definisce inaccettabile sotto ogni profilo etico e legale. L’iniziativa è scaturita da una visita ispettiva condotta il 16 dicembre, durante la quale è stata evidenziata una lunga lista di criticità strutturali e gestionali.

Un sistema al collasso: sovraffollamento e celle “pollaio”

Tra le condizioni più scioccanti riscontrate durante l’ispezione, le celle sono state descritte come vere e proprie “pollaio”. Le sbarre, presenti non solo sulle finestre ma persino sui soffitti, creano un ambiente opprimente e privo di dignità. In alcuni moduli, mancano perfino porte e finestre, esponendo i detenuti a temperature glaciali durante i mesi invernali. Tale situazione non solo aggrava la già precaria condizione fisica e psicologica degli ospiti, ma contravviene anche agli standard minimi internazionali di trattamento umano.

Queste criticità erano già state segnalate dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), che aveva espresso preoccupazione per la sistematica violazione dei diritti fondamentali all’interno di tali strutture. Tuttavia, le segnalazioni sembrano non aver portato ad alcun miglioramento tangibile, lasciando irrisolti problemi strutturali e gestionali di estrema gravità.

Detenuti anziani e con gravi problemi psichiatrici

Un aspetto particolarmente allarmante è la presenza di detenuti anziani e di persone con gravi disturbi psichiatrici. La gestione di queste categorie vulnerabili appare del tutto inadeguata. Nonostante la necessità di cure specialistiche, queste persone vengono confinate in un contesto che non solo non è attrezzato per rispondere alle loro esigenze, ma che rischia di peggiorare ulteriormente il loro stato di salute.



Le testimonianze raccolte durante l’ispezione indicano che molti di questi detenuti vivono in condizioni di isolamento e privazione, senza accesso a supporto medico adeguato. Questa situazione solleva interrogativi sul rispetto delle normative nazionali e internazionali in materia di trattamento dei detenuti con disabilità fisiche o mentali, che richiedono un’assistenza mirata e non detentiva.

Somministrazione indiscriminata di psicofarmaci

Un altro elemento di forte denuncia riguarda l’abuso di psicofarmaci, somministrati spesso senza una diagnosi precisa o una prescrizione medica adeguata. Questa pratica è stata descritta come una sorta di “sedazione chimica” utilizzata per gestire comportamenti considerati problematici. Tale approccio non solo è eticamente discutibile, ma rappresenta anche una grave violazione del diritto alla salute e all’integrità fisica e mentale dei detenuti.

L’assenza di un monitoraggio medico appropriato e di una supervisione specialistica mette in luce una gestione che privilegia il controllo coercitivo rispetto alla cura e alla riabilitazione. Questo abuso rischia di avere conseguenze irreversibili per la salute psichica dei detenuti, molti dei quali già in condizioni di estrema fragilità.

Criticità gestionali e mancanza di trasparenza

Oltre alle condizioni materiali delle strutture, l’ispezione ha mostrato una totale mancanza di trasparenza nella gestione del CPR. Le autorità competenti sembrano non aver adottato misure concrete per affrontare le denunce già sollevate in passato, perpetuando un sistema caratterizzato da opacità e inefficienza.

La deputata Rachele Scarpa ha ricordato come queste problematiche non siano nuove, ma rappresentino il risultato di una politica sistematica di disinteresse nei confronti dei diritti fondamentali dei detenuti. La delegazione della CILD ha ribadito la necessità di un controllo indipendente e continuo per garantire che vengano rispettati gli standard minimi di detenzione.

Le responsabilità istituzionali

La situazione descritta nel CPR di Palazzo San Gervasio non può essere considerata un caso isolato, ma è emblematicamente rappresentativa di una crisi più ampia che coinvolge l’intero sistema di detenzione amministrativa in Italia. La responsabilità di tali condizioni è da attribuire non solo alla gestione diretta del centro, ma anche alle politiche nazionali che sembrano trascurare sistematicamente i diritti fondamentali delle persone migranti.

Questa impostazione non solo mina i principi fondamentali dello Stato di diritto, ma rischia anche di alimentare un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni.

Le richieste avanzate dalla CILD e dalla deputata Scarpa

L’esposto presentato alla Procura di Potenza rappresenta un passo per richiamare l’attenzione su queste gravi violazioni. La CILD e la deputata Scarpa hanno richiesto interventi immediati per sanare le criticità emerse, tra cui:

La situazione del CPR di Palazzo San Gervasio è un monito inquietante sulle condizioni in cui vengono trattenute persone vulnerabili, spesso senza colpa alcuna se non quella di trovarsi in una condizione di irregolarità amministrativa.

 

 

 

 

Patricia Iori

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