I detenuti iraniani nelle prigioni del terrore: “Nessuna cura medica”

Otto esperti ONU denunciano le condizioni sanitarie limite dei detenuti iraniani nelle prigioni di Raja’i Shahr e Evin.

Le condizioni dei detenuti iraniani continuano a destare preoccupazione: trattamenti medici negati, soprusi e violenze creano un clima di terrore e sopraffazione.

Già un anno fa, l’HRANA, Agenzia Iraniana di News degli Attivisti per i Diritti Umani, descriveva le pratiche e gli abusi a cui erano sottoposti i detenuti politici e non della prigione di Raja’i Shahr.

La prigione di Karaj è gestita attraverso terrore e repressione: i prigionieri vengono costantemente minacciati di violenze e trasferimenti in blocchi più pericolosi.

Più detenuti iraniani confermano che nei blocchi si è mischiati per età e tipologia di pene detentive: molti adolescenti vengono mandati tra i carcerati più violenti e pericolosi, dove il rischio che si venga violentati è quasi certezza.





condizioni detenuti iraniani

In altri bracci, la promiscuità e la mancanza di assistenza generano epidemie e malattie, rendendoli zone dove la sopravvivenza è interamente in mano ai detenuti.

Negli ultimi mesi abbiamo espresso i nostri timori al governo iraniano circa l’integrità fisica e psicologica dei detenuti” hanno dichiarato gli esperti ONU.

“Nonostante le rassicurazioni del governo, siamo frustati dal ricevere ancora rapporti in cui sia afferma che le condizioni sanitarie dei detenuti iraniani siano al limite o addirittura negate”.

Le cure negate all’attivista per i diritti umani Arash Sadeghi hanno risollevato l’attenzione sul problema. 

Sadeghi viene condannato nel 2015 a 15 anni di reclusione con l’accusa di “assemblea e collusione nella forma di propaganda anti stato”, “insulto al fondatore della Repubblica Islamica di Iran” e “pubblicazione di menzogne online”.

Nel settembre 2018, nonostante la diagnosi di cancro alle ossa, l’attivista non riceve i trattamenti medici necessari.

Il timore degli esperti ONU non riguarda singoli casi, ma che si stia configurando un vero e proprio sistema di prevaricazione e soprusi, dove la moneta di scambio diventano il terrore e i privilegi.

Ahmadreza Djalali, medico con cittadinanza doppia iraniani e svedese, condannato a morte con l’accusa di corruzione per presunto spionaggio in Iran, non viene curato per il cancro.

Nella stessa strutture detentiva, Kamran Ghaderi, di nazionalità iraniana-austriaca, accusato e condannato per spionaggio a 10 anni, soffre per un tumore alla gamba per cui non riceve alcun tipo di terapia.

“Questi non sono più casi isolati, ma rappresentano uno schema”.

Esortiamo il governo iraniano a fornire immediatamente e incondizionatamente a tutti l’accesso ai trattamenti medici necessari”.

Le condizioni dei detenuti iraniani non preoccupano solo dal lato fisico: gli abusi quotidiani da parte di chi gestisce questi luoghi del terrore minano l’integrità psicologica di tutti i carcerati.

Stupri, droghe, difficoltà nel reperire cibo e acqua potabili, rendono le prigioni iraniane luoghi rischiosi per la salute, con malattie come AIDS e tubercolosi che si diffondono a macchia d’olio.

Abusi di ogni genere e nessun tipo di controllo nella gestione dei detenuti con pene diverse, mettono a rischio la salute mentale, sopratutto dei più giovani, che molto volte tentano il suicidio.

“Ripetiamo le nostre richieste di uno scarcerazione immediata degli attivisti per i diritti umani e di tutti gli altri individui che abbiamo provato essere detenuti arbitrariamente”.

Chiara Nobis

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