Per Condé Nast è ufficialmente crisi: chiude anche Glamour Italia

Condé Nast Italia dichiara 20 nuovi esuberi e licenzia 3 giornalisti. Diffondere le notizie è un privilegio e una responsabilità. E in quanto tale ha il suo prezzo.

Fonte: pixabay.com

La crisi del mondo dell’editoria è ormai un fatto ben assodato, riscontrabile nelle migliaia di professionisti che difficilmente trovano il loro posto nel mondo, professionale. La notizia però è che anche i grandi colossi delle news e le realtà più consolidate vedono venir meno le loro certezze. In meno di sei anni Vanity Fair, Vogue, Glamour, Traveller, GQ e AD hanno subìto l’evoluzione di una società proiettata sempre più verso il digital, in cui i giornali non si vendono, le redazioni si dimezzano, e la qualità delle informazioni cala verso il basso.

Dichiarazioni di esuberi, uscite su incentivo, chiusure di testate sono indicatori di una situazione grave, e di sicuro non limitata ai confini di Condé Nast. Ampliare i propri orizzonti verso le nuove forme di comunicazione 2.0 e prediligere contenuti interattivi non basta a salvare la figura del giornalista, e la qualità dell’informazione. Serve far quadrare i conti, e quelli non tornano mai. 175, 95, 86 le misure indicative dell’escalation dei licenziamenti che, negli ultimi anni, stanno colpendo la Società. I giornalisti contestano e dichiarano il loro stato di agitazione, che non tarda a concretizzarsi nella paura più temuta: dal 2020 anche l’edizione italiana di Glamour chiuderà i battenti. Colpisce che la bellezza e la qualità dell’informazione non bastino. Colpisce il fatto che giornali simbolo, per generazioni, di un sogno stiano affrontando l’incubo di non farcela.

Fonte: pixabay.com

L’obiettivo di una testata non può ridursi al raggiungimento di un target. In questo caso, una digital audience di fan, follower e like. Una testata giornalistica dovrebbe anche e soprattutto promuovere il suo brand attraverso la qualità della notizia, la professionalità dei suoi collaboratori e la reputazione che, conseguente, si crea. Caratteristiche che oggi, presumibilmente, non contano tanto quanto un pollice alzato.




I lettori, i veri lettori, chiedono un’informazione che non sia limitata ad un massimo di 280 caratteri o ad una caption commerciale. Sfogliare le pagine di un giornale fatto bene, che paga i propri collaboratori e che sappia distinguere il giornalismo dall’advertising ha un prezzo. Che una società civile deve essere disposta a pagare.
I giornalisti Condé Nast, l’Associazione Lombarda dei Giornalisti, la Federazione Nazionale della Stampa chiedono l’immediato ritiro delle lettere di licenziamento e l’apertura di un tavolo sindacale per gestire la situazione attraverso l’uso di ammortizzatori sociali.
Le crisi ci sono, e si vedono concretamente nelle difficoltà di ogni giorno. Ma si affrontano. E colpisce che, per un colosso come Condé Nast, non ci sia altra via d’uscita che mettere alla porta metà della propria redazione.

 

Emma Calvelli

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