Condé Nast Italia dichiara 20 nuovi esuberi e licenzia 3 giornalisti. Diffondere le notizie è un privilegio e una responsabilità. E in quanto tale ha il suo prezzo.
La crisi del mondo dell’editoria è ormai un fatto ben assodato, riscontrabile nelle migliaia di professionisti che difficilmente trovano il loro posto nel mondo, professionale. La notizia però è che anche i grandi colossi delle news e le realtà più consolidate vedono venir meno le loro certezze. In meno di sei anni Vanity Fair, Vogue, Glamour, Traveller, GQ e AD hanno subìto l’evoluzione di una società proiettata sempre più verso il digital, in cui i giornali non si vendono, le redazioni si dimezzano, e la qualità delle informazioni cala verso il basso.
Dichiarazioni di esuberi, uscite su incentivo, chiusure di testate sono indicatori di una situazione grave, e di sicuro non limitata ai confini di Condé Nast. Ampliare i propri orizzonti verso le nuove forme di comunicazione 2.0 e prediligere contenuti interattivi non basta a salvare la figura del giornalista, e la qualità dell’informazione. Serve far quadrare i conti, e quelli non tornano mai. 175, 95, 86 le misure indicative dell’escalation dei licenziamenti che, negli ultimi anni, stanno colpendo la Società. I giornalisti contestano e dichiarano il loro stato di agitazione, che non tarda a concretizzarsi nella paura più temuta: dal 2020 anche l’edizione italiana di Glamour chiuderà i battenti. Colpisce che la bellezza e la qualità dell’informazione non bastino. Colpisce il fatto che giornali simbolo, per generazioni, di un sogno stiano affrontando l’incubo di non farcela.
L’obiettivo di una testata non può ridursi al raggiungimento di un target. In questo caso, una digital audience di fan, follower e like. Una testata giornalistica dovrebbe anche e soprattutto promuovere il suo brand attraverso la qualità della notizia, la professionalità dei suoi collaboratori e la reputazione che, conseguente, si crea. Caratteristiche che oggi, presumibilmente, non contano tanto quanto un pollice alzato.
I lettori, i veri lettori, chiedono un’informazione che non sia limitata ad un massimo di 280 caratteri o ad una caption commerciale. Sfogliare le pagine di un giornale fatto bene, che paga i propri collaboratori e che sappia distinguere il giornalismo dall’advertising ha un prezzo. Che una società civile deve essere disposta a pagare.
I giornalisti Condé Nast, l’Associazione Lombarda dei Giornalisti, la Federazione Nazionale della Stampa chiedono l’immediato ritiro delle lettere di licenziamento e l’apertura di un tavolo sindacale per gestire la situazione attraverso l’uso di ammortizzatori sociali.
Le crisi ci sono, e si vedono concretamente nelle difficoltà di ogni giorno. Ma si affrontano. E colpisce che, per un colosso come Condé Nast, non ci sia altra via d’uscita che mettere alla porta metà della propria redazione.
Emma Calvelli