Condannata Zhang Zhan: aveva testimoniato la verità sull’epidemia in Cina

Zhang Zhan

È stata condannata a quattro anni di reclusione la giornalista cinese Zhang Zhan che si era dedicata a documentare la reale situazione causata dalla diffusione dell’epidemia di Covid-19 a Wuhan.

La sentenza è stata emessa il 28 Dicembre dal tribunale di Shanghai che ha dichiarato la giornalista colpevole di “aver provocato litigi e problemi” attraverso la diffusione di “false informazioni” tramite “articoli, video e altri mezzi su internet”.





Zhang Zhan era un’avvocatessa di 37 anni quando, nel dicembre 2019, sono emersi i primi casi di infezione da Coronavirus in Cina. Decise allora, senza essere legata a nessuna testata giornalistica, di recarsi a Wuhan, epicentro dell’epidemia, per monitorare la reale gestione dell’emergenza da parte del governo cinese.

Così, mentre i media di regime avallavano con i propri servizi di informazione la versione ufficiale secondo cui il contagio era stato adeguatamente contenuto, Zhang Zhan riprendeva e diffondeva le immagini dei corridoi degli ospedali pieni di pazienti che rendevano conto di una verità ben diversa.

Oltre a documentare le condizioni dei pazienti negli ospedali, la giornalista era anche riuscita ad intervistare i familiari delle vittime che chiedevano chiarezza alle istituzioni del paese.

Tutte le testimonianze raccolte, tutte le riprese, anche quelle più brevi e caotiche, raffiguranti persone che si rifiutavano di apparire e chiedevano di essere oscurate per paura delle ripercussioni, sono state diffuse tramite social, privilegiando Twitter e You Tube perché We Chat, social molto utilizzato in Cina, è spesso soggetto a censura.

L’attività di informazione di Zhang Zhan si è interrotta a Maggio, nel momento della sua scomparsa.

Il 15 dello stesso mese si viene a sapere che la giornalista era stata arrestata e detenuta a Shangai, ma le accuse formali a suo carico sono state formulate solo a Novembre.

Quello che l’ha condotta alla condanna di quattro anni, non è il primo arresto che l’attivista subisce: era stata infatti precedentemente reclusa nel 2019 a causa del suo supporto al movimento di proteste di Hong Kong.

Per contestare l’ingiustizia della sua reclusione e cercare di attirare l’attenzione sull’azione repressiva del governo cinese, Zhang Zhan ha iniziato uno sciopero della fame in carcere.

Il suo avvocato ha però fatto sapere che il governo ha iniziato a nutrirla forzatamente, legandole mani e piedi per evitare che si strappasse i tubi dell’alimentazione artificiale.

Alla lettura della sentenza, a cui la stampa non ha potuto assistere, la giornalista è apparsa molto provata dallo sciopero della fame e dalle torture subite durante il periodo di reclusione.

La vicenda di Zhang Zhan è purtroppo una delle tante, simili, che vedono protagonisti esponenti della stampa cinese.

Il 2020, infatti, è stato un anno difficilissimo per l’informazione in Cina dove il governo ha incarcerato 47 giornalisti che avevano tentato di raccontare la verità sulla pandemia nel paese dove tutto è iniziato. A nulla finora è servita la dichiarata preoccupazione dell’Alto commissario dell’ONU per i diritti umani che non ha ricevuto alcuna risposta dal governo cinese.

Silvia Andreozzi

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