È una sentenza storica quella pronunciata ieri dal Tribunale amministrativo di Parigi, che condanna lo Stato francese per inazione sul cambiamento climatico. La Francia non ha adottato le misure necessarie a contrastare l’impatto della crisi climatica e in particolare non ha ridotto il proprio livello di emissioni di CO₂.
Nel dicembre 2018 quattro Ong (Greenpeace, Oxfam, Notre affaire à tous e la Nicolas Hulot Foundation) hanno intrapreso un’azione legale per dimostrare che la Francia non stava facendo abbastanza per contrastare il cambiamento climatico, in violazione degli accordi internazionali. La battaglia legale ha potuto contare sul sostegno di 2,3 milioni di persone, che hanno firmato quella che è diventata la petizione più partecipata della storia francese. Un ottimo segnale per quanto riguarda il coinvolgimento e l’interesse dei cittadini sulla crisi climatica e sulla volontà di partecipare in maniera diretta al processo decisionale.
La Francia non ha fatto abbastanza contro l’emergenza climatica
Lo Stato francese è stato condannato a pagare un risarcimento puramente simbolico del valore di un euro per ciascuna delle quattro Ong. L’intenzione della Corte sembra voler sottolineare l’importanza di un risarcimento in termini di risultati, piuttosto che una riparazione economica. Proprio per questo è importante rilevare come nella sentenza si parli di “carenze ecologiche” da parte dello Stato. A cui viene riconosciuta la responsabilità per non aver raggiunto gli obbiettivi previsti dall’accordo di Parigi. In particolare, l’impegno consisteva nel ridurre le emissioni del 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. A nove anni dalla data limite per conseguire l’obbiettivo la Francia non sembra essere sulla strada giusta. Questo è quanto affermato lo scorso luglio dall’ Haut Conseil pour le Climat nel suo rapporto annuale.
La reazione del governo francese
Dal canto suo il governo ha preso atto della sentenza e ha fornito un elenco di azioni in agenda per rispettare gli impegni presi. Barbara Pompili, ministra per la Transizione ecologica ha dichiarato che il governo francese «resta pienamente impegnato a raccogliere la sfida climatica e a non lasciare nessuno da parte in questa transizione indispensabile». Gabriel Attal, portavoce del governo francese, ha inoltre dichiarato che è previsto un investimento pari a 30 miliardi di euro per combattere il riscaldamento globale. A questo punto la speranza delle Ong è che il Tribunale amministrativo imponga allo Stato francese di prendere le misure necessarie. Questo potrebbe avvenire durante un’ulteriore udienza che si terrà in primavera.
La condanna alla Francia è un passo decisivo verso la giustizia climatica
Questa sentenza va celebrata come un momento storico. È la prima volta che lo Stato francese viene riconosciuto colpevole per quanto riguarda la gestione della crisi climatica. La condanna alla Francia per inazione sul clima conferma quello che diverse associazioni sostengono da anni. Ora, finalmente, vedono riconosciuti i propri sforzi. Le tante petizioni che ci passano davanti ogni giorno, e che spesso ignoriamo credendo che siano inutili, possono essere uno strumento concreto di cambiamento. La partecipazione popolare, infatti, ha portato forza all’azione legale che le Ong hanno giustamente ribattezzato “l’affaire du siècle”. Tale è l’importanza della questione climatica a livello globale.
La condanna della Francia per inazione sull’emergenza climatica rappresenta un precedente importante e, secondo i promotori dell’iniziativa, un monito ai governi di tutto il mondo affinché gli impegni presi a favore del clima non rimangano lettera morta.
Negli ultimi tre anni i casi giudiziari attinenti al clima sono quasi raddoppiati, specialmente nei paesi ad alto reddito. Se da un lato si tratta di un dato preoccupante, perché testimonia le inadempienze dei governi e le difficoltà nell’affrontare la questione, allo stesso tempo è un segnale positivo.
L’azione dei tribunali potrebbe mettere un freno ai fallimenti delle blande politiche ambientali adottate sinora, inchiodando i governi a realizzare davvero gli obbiettivi prefissati.
Alle responsabilità politiche dell’azione sul clima vanno affiancate le attività di controllo degli organi giudiziari e le pressioni della società civile se vogliamo davvero veder cambiare le cose. L’idea dell’esistenza di diritti climatici si fa sempre più forte, così come la necessità di difenderli ad ogni latitudine del pianeta.