Il Concerto del Primo Maggio a Roma è ormai diventato un tradizionale appuntamento. In occasione della Festa dei lavoratori, migliaia di persone si radunano in Piazza San Giovanni per assistere ad un evento in cui si susseguono gli artisti più in voga del momento. Ma, scorrendo la lista, non si può fare a meno di notare una cosa: la mancanza di nomi femminili.
L’unico che spicca è quello della conduttrice Ambra Angiolini, che affiancherà Lodo de Lo Stato Sociale sul palco. Leggendo la scaletta non si può fare a meno di notare che non ci sia nemmeno una donna. Non come solista perlomeno. Saranno solo sette le donne che si esibiranno: Francesca Mesiano del duo Coma_Cose, Veronica Lucchesi, Erika Lucchesi e Marta Cannusci de La Rappresentante di Lista, Isabella Tundo del duo La Municipal e le due artiste emergenti Ylenia Lucisano e Margherita Zanin.
A sollevare la questione è il critico musicale Michele Monina con un articolo su Linkiesta dove spiega come sia il riflesso di una concezione culturale della donna.
Ma soprattutto ci vorrebbe che il problema del sessismo venisse a galla una volta per tutte. Che se ne parlasse. Esattamente come si dovrebbe fare o si sta cominciando a fare in altri settori della società. Qui c’è il vantaggio ma anche la responsabilità che i cantanti hanno un pubblico che li sta a sentire, e che magari si rifà a quello che sente per farsi una propria opinione. Che almeno gli artisti alzino la voce, quelli che ce l’hanno e hanno ancora palchi e album in cui farsi sentire.
Il problema del ruolo della donna nella società resta e passa anche da questi episodi. E diventa ancora più antipatico quando la risposta che gli organizzatori danno è che le “Big” contattate non si sono rese disponibili. Peccato che nella scaletta, ad esclusione di qualche nome più conosciuto, gli altri risultano emergenti o comunque di nicchia.
L’organizzazione poi, con un mal riuscito tentativo di porre rimedio alla polemica, ha pubblicato sui social un post in cui compare la foto dello staff che sta dietro all’organizzazione del concerto del primo maggio, con la seguente didascalia: “Lo sapete che il 1 maggio 2019 è un evento a trazione femminile?”. Perché le donne stanno bene dietro le quinte, a lavorare a bordo campo. Mentre gli uomini sul palco, a prendersi gli applausi.
La risposta delle donne
Su Linkiesta inoltre donne di spicco del panorama politico italiano e non solo hanno firmato una lettera rivolta a Cgil, Cisl e Uil – le sigle sindacali che appoggiano l’organizzazione del concerto del primo maggio: “E’ una scelta intollerabile e ingiustificabile. Come irricevibili sono le motivazioni avanzate dagli organizzatori della kermesse”.
Inoltre in risposta al Concertone a maggioranza maschile, sul palco dell’Angelo Mai a Roma (Viale delle Terme di Caracalla 55) saliranno decine di artiste del panorama romano per lanciare un forte messaggio: dire basta al concerto del primo maggio come passerella televisiva. Si deve tornare a parlare di lavoro, di parità di genere e condizioni retributive e di giustizia sociale. “Non ci stiamo: è un controsenso che anche sul palco dei sindacati confederali, sempre attenti alle questioni di genere, si perpetui una contraddizione così assurda” come si legge sul comunicato.
Non solo una questione musicale, ma riflesso del Paese
La questione dell’assenza di cantanti donne sul palco può aprire a spunti di riflessione riguardo la condizione occupazionale delle donne nel nostro paese. Secondo i dati raccolti dall’Istat nel terzo trimestre del , il tasso di occupazione femminile era fermo al 49,4%, mentre gli uomini arrivavano al 68,5%. Situazione che peggiora al Sud dove lavora meno di una donna su tre e tra le under 24 risulta occupata meno di una ragazza su dieci, che rende l’Italia fanalino di coda dell’Europa.
Altro tema estremamente attuale è quello della disparità salariale tra uomo e donna a parità di qualifica. Secondo il Global Gender Gap Report 2018, su 144 Paesi, l’ Italia si piazza al 126esimo posto per la parità retributiva tra uomini e donne. Eppure l’art. 37 della Costituzione italiana parla chiaro: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. […]”.