Concerti, rimborsi e voucher: gli appassionati di musica sanno esattamente di cosa stiamo parlando.
Per chi non fosse ancora informato sulla questione provvediamo subito: la pandemia ha reso impossibile lo svolgersi degli eventi pubblici, e quindi anche dei concerti. In molti Paesi, per rispondere alle esigenze di chi aveva acquistato i biglietti senza poter godere dello spettacolo, si è discusso della soluzione dei voucher. Tra questi, l’Italia ha deciso di adottarli come unico metodo. A coloro che avevano acquistato uno o più biglietti per assistere ad un concerto nel 2020, sarà quindi corrisposto un voucher dello stesso valore, utilizzabile per assistere, nell’arco di 18 mesi, ad un concerto organizzato dalla stessa agenzia che aveva organizzato quello per cui si era acquistato il biglietto.
La misura fa parte del decreto battezzato Cura Italia. Il Governo la ha definita d’intesa con Assomusica, l’associazione di categoria degli organizzatori di concerti. Naturalmente, se il concerto a cui si voleva assistere fosse stato non annullato, ma semplicemente rimandato al 2021, i fan possono scegliere di tenere un posto riservato per il prossimo anno.
La mossa non è piaciuta a molti.
Ovviamente, i primi a scatenarsi sono stati i consumatori, ma non solo loro. La cosa ha dato vita ad una querelle internazionale. Sulla questione concerti, rimborsi e voucher si è espresso addirittura Paul McCartney, rimproverando duramente l’Italia.
È veramente scandaloso che coloro che hanno pagato un biglietto per uno show non possano riavere i loro soldi. Senza i fan non ci sarebbe musica dal vivo. Siamo fortemente in disaccordo con ciò che il governo italiano e Assomusica hanno fatto. A tutti i fan degli altri Paesi che avremmo visitato quest’estate è stato offerto il rimborso completo. L’organizzatore italiano dei nostri spettacoli e i legislatori italiani devono fare la cosa giusta in questo caso. Siamo tutti estremamente dispiaciuti del fatto che gli spettacoli non possano avvenire ma questo è un vero insulto per i fan.
Così ha scritto l’artista, in italiano, sul proprio profilo Facebook. Ok zio Paul, hai segnato un punto per esserti schierato in difesa dei fan. Tra l’altro, alcune organizzazioni dei consumatori come Federconsumatori e Codacons, hanno già annunciato delle class action sulla questione. La sera stessa in cui è apparso il post, 10 giugno 2020, il ministro Dario Franceschini ha commentato:
È evidente che la ratio della norma è che il voucher valga solo per un concerto dello stesso artista e che se questo non si terrà lo spettatore avrà diritto al rimborso. Il Parlamento credo potrà intervenire in conversione per togliere ogni dubbio interpretativo sulla norma
Sulla questione concerti, rimborsi e voucher si sono espressi anche i rappresentanti della D’Alessandro e Galli, l’agenzia che avrebbe gestito i concerti di McCartney in Italia. Questi ultimi hanno specificato che lo staff dell’artista era a conoscenza della misura dei voucher prima della cancellazione. Assomusica poi ha risposto a propria volta in toni molto critici.
Sulla questione concerti, rimborsi e voucher vanno infatti precisate un paio di cose.
Innanzitutto zio Paul ci è tanto simpatico, nutriamo il massimo rispetto per il rappresentante di uno dei gruppi musicali più famosi del mondo. Dobbiamo però specificare che, i biglietti per la sua esibizione, avevano un prezzo che oscillava tra i 100 ed i 600 euro. Dobbiamo sottolineare pure che non è stato il Governo italiano, ma l’artista in accordo col proprio staff a decidere di non rimandare, ma annullare del tutto i propri concerti.
Il punto fondamentale della questione però è un altro. La scelta dei voucher è dipesa dalla volontà di sostenere le società che si occupano dell’organizzazione di concerti ed eventi in genere, non privandole di liquidità. Si è tanto parlato del sostegno all’arte e alla cultura, lamentandone soprattutto una quasi totale carenza. Va detto che queste società sono un punto importante della filiera culturale, oltre a dare lavoro, anch’esse, ad un nutrito numero di persone.
Insomma, caro McCartney, lungi da noi criticarti, ma forse sei stato un po’ frettoloso. Certo poveri fan, che magari dopo il lockdown non avranno nemmeno la stessa disponibilità economica che avevano in precedenza. Quello dei voucher, però, è un nodo un po’ complesso.
Interessante l’intervento di Claudio Trotta, fondatore di Slow Music e della Barley arts, che si è espresso in merito al problema sulle pagine de l’Internazionale.
Il sistema dei voucher si usa in tutto il mondo e va corretto, non abolito: serve a sostenere gli imprenditori e promoter locali, che grazie alla liquidità garantita da questo strumento possono continuare a pagare perlomeno in parte le maestranze e le altre persone che lavorano per loro. Però dovrebbe essere usato per tutelare le fasce più deboli. Abbattere i voucher comunque aiuterebbe il consolidamento del controllo della intera filiera in poche mani, quelle dei grandi gruppi internazionali, che già controllano l’intero ciclo produttivo, distributivo e di vendita dei biglietti e che rischiano di abusare della loro posizione.
Insomma Paul scusaci tanto, ma forse è il caso di fare più fatti e meno post su Facebook.
Mariarosaria Clemente