Di Andrea Umbrello
È una conclusione per la quale l’aggettivo “sorprendente” sembra a stento adeguato. Il giudice della Corte Suprema Luiz Edson Fachin ha stabilito che il tribunale provinciale del Brasile meridionale, che aveva condannato e imprigionato l’icona di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva con accuse di corruzione nel 2017, non aveva giurisdizione per processare il caso.
La condanna di Lula faceva parte del grande scandalo “Car Wash” , in cui decine di politici e uomini d’affari brasiliani sono rimasti coinvolti in indagini sulla corruzione che per certi versi ricordano il nostro scandalo italiano “Mani pulite” durante gli anni ’90.
La posizione di Lula ha attirato per anni l’attenzione della più grande nazione dell’America Latina, dividendo amaramente gli esponenti di sinistra, che lo idolatravano per le sue munifiche politiche di welfare da quelli di destra, che lo hanno sempre visto come l’incarnazione della cattiva gestione e della corruzione.
“Credo che il popolo brasiliano non desideri nemmeno avere un candidato come Lula nel 2022, tanto meno pensare di poterlo eleggere”
A dirlo è l’attuale presidente Jair Bolsonaro, che respinge il rischio di una sfida col suo rivale socialista di 75 anni nella corsa verso le prossime presidenziali a ottobre 2022 , ma la realtà è che, con le correnti politiche in netto cambiamento e l’estensione dell’insoddisfazione nei confronti di Bolsonaro, tutto può succedere in Brasile. Se la corte suprema confermerà la sentenza, i casi di corruzione contro Lula cadrebbero e sarà libero competere per la presidenza brasiliana, e di competere con ottime possibilità di successo. Questo dicono i sondaggi. Nessun altro candidato dell’opposizione si avvicina al magnetismo elettorale di Lula, è anche per questo che il popolo brasiliano aspetta da anni un leader oggi ritrovato, un uomo definito da Barack Obama come “l’uomo“, una guida che secondo un sondaggio Ipec riceverebbe oltre il 50% dei voti degli intervistati.
Solo pochi anni fa, la guida di uno dei Paesi più importanti del mondo è stata ingiustamente e pericolosamente defalcata al suo legittimo presidente attraverso una battaglia legale che oggi viene giudicata come una farsa e un mostruoso assalto della stampa locale complice di questa prevaricazione.
Oggi Luiz Inácio Lula da Silva ritorna a essere un uomo pulito, un leader riabilitato di un partito (Pdt ) pronto ad una guerra politica con la destra e che ha recentemente presentato alla procura generale della Repubblica una richiesta di interdizione del presidente Jair Bolsonaro per “incapacità mentale”. Il partito di Lula sostiene che durante la pandemia di Covid-19 Bolsonaro “ha messo a repentaglio la vita dei brasiliani, agendo in maniera contraria a come agirebbe una persona in piena salute mentale”.
“il Brasile non deve più votare un troglodita come Bolsonaro”.
Come dimostrano le sue dichiarazioni poco prima che l’annullamento delle accuse di corruzione diventassero ufficiali, Lula non ha mai smesso di essere tra le principali figure dominanti della politica brasiliana, ma è anche un uomo di 75 anni stanco e uscito dal carcere solo nel novembre 2019 dopo 580 giorni dietro le sbarre, e anche se riuscisse ad arginare gli ultimi ostacoli legali rimanenti a un’altra corsa presidenziale, è tutt’altro che sicuro il tentativo di sconfiggere un leader di estrema destra come Bolsonaro, che ha già sfidato e vinto le previsioni dei critici in più occasioni.