Con Eduardo contro la cultura dello scarto

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Il Rione Terra di Pozzuoli è il primo sito artistico europeo gestito da chi ha avuto esperienze carcerarie: ragazzi che hanno conosciuto l’Istituto minorile di Nisida, donne che sanno cosa sia la vita nella Casa Circondariale poco lontana da qui.
Con il progetto Puteoli Sacra, in sei hanno seguito educatori, esperti dell’Accademia di Belle Arti, insegnanti dell’Università Federico II di Napoli e sono diventati i custodi e le “guide pastorali” della Pozzuoli antica. Ora accompagnano il viaggiatore in un cammino che incomincia nel II secolo a.C.

Conoscono domus e tabernae, sotterranei e mosaici dove polpi e capricorni nuotano insieme. Tornano indietro nella storia e mostrano come il Duomo di S. Procolo inglobi il Tempio di Augusto, costruito a sua volta sul Capitolium di Giove.
Sono consapevoli di quanto i capolavori di Artemisia Gentileschi rappresentino il riscatto di una donna e di un’artista, prigioniera di una società patriarcale e violenta.
Don Gennaro Pagano è il direttore della Fondazione Regina Pacis che, con la Fondazione con il Sud, ha voluto questo progetto. È anche il cappellano dell’Istituto minorile di Nisida, ed è laureato in psicologia della devianza con una tesi su giovani e sistema camorristico.

“Puteoli sacra – ci spiega il sacerdote – rientra in quell’attività di prevenzione necessaria affinché non si cada ancora nell’errore. Questa iniziativa sta funzionando e in tre anni potranno essere assunte altre dodici persone. La vita di questi ragazzi sta cambiando grazie alla bellezza, perché la bellezza è di per sé inclusione e salverà il mondo”.

Don Gennaro cita Dostoevskij, proprio nel momento in cui c’è chi tenta di mettere sotto accusa persino lo scrittore russo.

“Non scherziamo… in questo tempo di guerra l’anestesia del pensiero sta dando il peggio di sé… Parliamo di autori che sono patrimonio dell’umanità e di una cultura che può aiutare a cambiare strada”.

Tra i sostenitori di questa impresa c’è anche la Fondazione Eduardo De Filippo.

“Il nostro scopo non è solo il teatro – ci spiega Francesco Somma, direttore della Fondazione – Eduardo non voleva diventare un monumento e noi vogliamo proseguire nel suo impegno: cercare di prevenire l’esclusione, favorire l’inclusione e mettere in moto dinamiche nuove. Abbiamo sempre in mente che il Maestro, in una lezione all’Università la Sapienza, disse che la fine del ciclo della vita di un uomo è un punto di partenza per la vita di altri cicli di essere umani”.

Fortissimo fu infatti l’impegno del drammaturgo verso chi si trovava “in una barca che faceva acqua da tutte le parti”, come disse, da Senatore a vita, nell’interrogazione parlamentare del 23 marzo 1982.
La sua voce di dentro a Palazzo Madama sollevò il problema della questione morale, sottolineò la spaccatura tra popolo e classe dirigente e ribadì la necessità di riconsiderare il rapporto tra cittadino e Stato. Per tutto questo chiese al Governo di dare nuovi spazi al Filangeri, il carcere minorile di Napoli, affinché si costruissero villaggi, abitazioni e botteghe, e si avessero scuole, lavoro e dignità anche per chi aveva sbagliato.

Dopo quarant’anni, questi nodi sono ancora irrisolti e la “Legge Eduardo”, la n. 41 del 1987 sulla condizione giovanile in Campania, non riceve finanziamenti dal 2006.

“Luca De Filippo ha portato avanti con tenacia la passione civile del padre”, aggiunge Francesco Somma. “Al Comune di Napoli e ai napoletani, ha donato il San Ferdinando, il teatro distrutto dalla guerra che Eduardo aveva ricostruito tra tante difficoltà. Luca ha voluto la Fondazione e ha continuato a smuovere le coscienze insistendo con le istituzioni affinché gli anni trascorsi dalla legge Eduardo non fossero anni persi.”

Ora che neanche Luca c’è più, il progetto del Rione Terra si inserisce in questo incrocio tra impegno, arte e storia. Ma come si sta procedendo nella direzione indicata dal Maestro, e quanto Puteoli sacra potrà incidere su una realtà sempre più complessa?

“Siamo grati a Eduardo per tutto quello che ha fatto per i figli feriti di Napoli – risponde don Gennaro – e vogliamo continuare ad essere concreti. Per spiegarci meglio, spesso usiamo la metafora dell’incendio di Pozzuoli del 1964: fu un evento negativo, ma fece emergere la bellezza del Tempio. É la dimostrazione che anche da un danno, se ci si impegna, possono nascere cose buone. Non dimentichiamo che la realtà è un concetto e può avere tanti aspetti. Noi stiamo lavorando contro la cultura dello scarto e qui al Rione Terra si sta ribaltando la vita di alcune persone: anche questa è realtà”.

 

Daniela Morandini

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