I leader europei si sono riuniti per il vertice della Comunità politica europea
Si è conclusa ieri sera a Budapest la quinta edizione del vertice della Comunità politica europea che ha visto riunirsi 42 tra Capi di Stato e Governo dei paesi europei. Al centro delle discussioni del summit, tenutosi alla Puskas Arena della capitale magiara, sono state le questioni sulla sicurezza del continente, le migrazioni, soprattutto il fenomeno migratorio illegale e la sua strumentalizzazione per fini politici, aspetti riguardanti la sicurezza economica dei paesi e la connettività nei campi energetico, tecnologico e dei trasporti.
Le sfide securitarie poste dalla guerra in Ucraina, ma anche dall’espandersi del conflitto in Medio Oriente, sono state il principale argomento di dibattitto del primo vertice dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane. La rielezione di Trump ha destato preoccupazione tra gli alleati oltreoceano, che temono di veder diminuito il supporto all’Ucraina.
Dall’inizio del conflitto, Trump ha più volte criticato i paesi NATO per non spendere abbastanza per la difesa e perfino dichiarato che inviterebbe la Russia ad attaccare le nazioni che non rispettano la soglia del 2% del PIL. In generale, le capitali europee temono l’agenda isolazionista che Trump ha già adottato durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, con molti che vedono in Washington un alleato non affidabile.
L’idea di creare una piattaforma per favorire il dialogo e la cooperazione tra i paesi europei per affrontare questioni di interesse comune e rafforzare la sicurezza e la stabilità del continente europeo è scaturita in seguito all’invasione su larga scala dall’Ucraina da parte di Mosca. A giungo del 2022, durante una riunione del Consiglio europeo, su iniziativa del presidente francese Emmanuel Macron, i leader europei hanno raggiunto l’accordo per l’istituzione della Comunità politica europea.
Il vertice di Budapest nel segno delle differenze sulla questione ucraina
Ad inaugurare il vertice è stato il primo ministro ungherese Viktor Orban, una delle figure più controverse nel panorama politico europeo. Considerato molto più vicino a Putin di quanto i suoi alleati gradirebbero, è inoltre un estimatore di Donald Trump.
Nel discorso inaugurale ha affermato che la situazione in Europa “è di per sé difficile, complessa e pericolosa”. Ha rimarcato che l’Europa deve assumersi una maggiore responsabilità nelle questioni securitarie e aumentare gli sforzi per salvaguardare la propria sicurezza e i propri interessi. Ha dunque colto l’occasione per sostenere nuovamente il suo piano di pace, che prevede un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina. Non esattamente ciò che gli alleati di Kyiv vorrebbero. Come era prevedibile, inoltre, Orban ha espresso preoccupazione circa gli aiuti finanziari da destinare all’Ucraina, che ritiene stiano prevenendo una rapida risoluzione del conflitto.
La divergenza di opinioni su come affrontare la questione della guerra in Ucraina tra Orban e coloro con posizioni vicine a quelle del premier ungherese, come la sua controparte slovacca Roberto Fico, e gli altri alleati europei di Kyiv, sono riaffiorate nel corso del vertice. Il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha ribadito l’importanza di non sottostare alle intimidazioni dei leader autocratici. Un concetto ribadito dal segretario generale della NATO Mark Rutte, che ha confermato il sostegno all’Ucraina e la volontà di fornire più materiale bellico, sostegno finanziario e supporto politico.
L’intervento di Zelensky e la frustrazione di Kyiv
L’intervento del presidente Zelensky al vertice era certamente tra quelli più attesi, soprattutto alla luce della rielezione di Trump, che più volte ha minacciato di voler ridurre il sostegno a Kyiv e sostenuto di esser in grado di risolvere il conflitto in un solo giorno senza però specificare come.
Nel corso del suo intervento, ha respinto la proposta ungherese per il cessate il fuoco, evidenziando i rischi di un congelamento del conflitto senza garanzie di sicurezza. Secondo Zelensky, ciò preparerebbe il terreno per far sì che l’occupazione delle regioni ucraine continui. Ha inoltre apertamente manifestato il suo disappunto in merito alle dichiarazioni su eventuali ritirate e concessioni territoriali da parte ucraina, che ha definito “inaccettabili” e un “suicidio per l’Europa”.
La frustrazione sulla mancanza di una risposta decisa nei confronti del Cremlino è trapelata quando ha domandato se anche l’Europa farebbe bene a cercare il favore del dittatore nordcoreano Kim Jong-un, una mossa che secondo Zelensky avrebbe dovuto esser condannata duramente, non solo a parole.
Il presidente ucraino si è anche soffermato sul “piano per la vittoria” e ringraziato gli alleati per il supporto. Ha detto che Kyiv rimane aperta a qualsiasi soluzione che porti ad una “giusta pace”. Ha infine esortato gli alleati ad aumentare il supporto al proprio paese. “Ci stiamo difendendo non contro le parole dei russi, ma contro attacchi russi. Abbiamo bisogno di armi a sufficienza, non supporto nelle trattative. Gli abbracci con Putin non aiuteranno. Alcuni di voi lo hanno abbracciato per venti anni e le cose stanno peggiorando”, ha dichiarato.
Le divisioni interne agli alleati occidentali beneficiano la Russia
Nel corso del quinto vertice della Comunità politica europea, Kyiv ha ottenuto la conferma del supporto da parte delle istituzioni europee, della NATO e della maggior parte dei paesi occidentali. Ciò che emerge, tuttavia, è anche l’impressione che la strada da compiere per una risposta comune e un accordo condiviso per la risoluzione del conflitto sia ancora lunga.
Le posizioni di figure come Orban e Fico certamente non aiutano a creare unità, ma anche le differenze tra i paesi a favore di un supporto a oltranza a Kyiv sono evidenti, con la spaccatura principale che corre lungo il confine tra Europa occidentale e orientale. A circa due anni e mezzo dall’invasione russa dell’Ucraina, Kyiv è tuttora costretta a combattere contro un paese militarmente più forte con numerose limitazioni imposte alla propria capacità di difendersi e contrattaccare. E l’unico beneficiario di ciò è la Russia di Vladimir Putin.