La legge aumenta la pena: Ghana e la comunità LGBTQ+

aumenta la pena: chi non denuncia i membri della comunità LGBTQ+ è complice

La legge aumenta la pena: Ghana e comunità LGBTQ+

Il 28 febbraio, nel Ghana è stato approvato il decreto-legge. Esso aumenta la pena per chi si professa appartenente alla comunità LGBTQ+ o coinvolto nella stessa. Solo il veto del presidente del Ghana Nana Akufo Addo può fermare l’iter legislativo.

Ghana e la comunità LGBTQ+

Dunque chi scinde biologia e coscienza di sé non è ben accetto: la pena per gli “innocenti criminali” era già di tre anni di detenzione (a partire da un minimo di due mesi). Ora, con le nuove misure, sono puniti anche coloro che aiutano in qualunque modo i membri della comunità LGBTQ+ con una pena da cinque fino dieci anni di reclusione. Di conseguenza, si incoraggia chi è a conoscenza di uomini e donne macchiatisi di tali nefandezze a denunciare gli stessi presso le autorità competenti. Chi preferirà restare nell’ombra per salvare un amico, un parente o, più in generale, preservare l’inclusività, sarà trattato come un complice del crimine. In questo modo sono inclusi lavoratori come giornalisti e operatori sanitari.

Come aumenta la pena nella vita quotidiana

Difatti, il governo del Ghana ha messo in atto un vero e proprio isolamento sociale della comunità LGBTQ+. Si assisterebbe ad una frattura tra membri della comunità LGBTQ+ e il resto della popolazione del Ghana. Per i primi, l’accesso a molti servizi (dalla sanità al semplice acquisto di cibo e altri beni) sarebbe negato. Ma tutto è ancora un’ipotesi. Infatti Amnesty International ha già manifestato la propria preoccupazione, e ha chiesto al presidente del Ghana di non firmare la proposta per bloccare l’effettiva messa in atto.

Ghana e Chiesa cattolica

Col suo provvedimento nazionale, il Ghana, a maggioranza cristiano, sembra non vedere di buon occhio il piccolissimo – ma non trascurabile – passo avanti dell’autorità centrale. Infatti, all’inizio del mese scorso, anche la Chiesa cattolica sembra essersi aperta all’accettazione di idee diverse dalle sue. È stato proprio Papa Francesco a mostrare disponibilità verso “due persone che si vogliono bene”. Ora le coppie omosessuali possono ricevere almeno la benedizione dal pontefice che ha notato l’ipocrisia nella sua Chiesa: Nessuno si scandalizza se do la benedizione a un imprenditore che magari sfrutta la gente: e questo è un peccato gravissimo. Mentre si scandalizza se la do a un omosessuale. Questa è ipocrisia!” come ha riferito nell’intervista al settimanale “Credere”.

Guardando al contesto africano, la stretta del Ghana non sembra essere un unicum: in altri stati del continente africano, la comunità LGBTQ+ è duramente contrastata con provvedimenti che arrivano fino alla pena di morte. Ma questo non giustifica in alcun modo sia il fatto che aumenta la pena sia il provvedimento precedente, anzi non fa che sottolineare che la questione è gestita in modo ancora peggiore in altri stati vicini.

Le violazioni

La nuova legge è in palese violazione dell’articolo 1, 18 e 30 della Dichiarazione Universale dei diritti umani, ma questi tre sono solo quelli più stridenti col nuovo provvedimento. Infatti violerebbe anche tutti gli altri diritti universali che riguardano il raggiungimento di una vita dignitosa: gli emarginati membri della comunità LGBTQ+ non potrebbero avere una casa, cibo, acqua e qualunque altro bene. Se è vero che il Ghana non ha firmato nel 1948 la Dichiarazione universale dei diritti umani, esso è comunque membro dell’ONU dal 1955. Come si può far parte di un’organizzazione intergovernativa e sovranazionale come l’ONU se non si condividono gli ideali di libertà ed inclusività posti a monte?

Insomma, un orientamento sessuale “non-convenzionale” sembra essere visto come uno dei crimini peggiori sul suolo del Ghana, e a pagarne le conseguenze sarebbero anche tutti gli altri cittadini intorno a loro, come se si punisse una cosca mafiosa. Ma ancora niente è definitivo. Il Presidente del Ghana fermerà tutto ponendo il suo veto? Guardando il quadro in Africa, le speranze sono ben poche.

 

 

Andrea Ruzzeddu

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