La comunità indiana a Londra forma il gruppo etnico più grande presente nel territorio.
Stiamo parlando del 6,6 % dell’intera popolazione londinese; questo dato comprende sia persone che sono nate nel Regno Unito con discendenza indiana, che persone nate in India ed migrate successivamente in Gran Bretagna.
Quella indiana è una comunità molto radicata ma altrettanto variegata, soprattutto dal punto di vista religioso.
La maggior parte degli indiani si concentrano nella zona di West London, e sono per lo più di religione Indù, mentre l’altra grossa fetta di popolazione indiana è di etnia Sikh e Punjabi. Southall viene infatti definita la comunità Punjabi per eccellenza proprio per l’altissima percentuale di residenti nella zona.
Gli indiani, nel tempo, hanno avuto un forte impatto sulla cultura londinese e britannica in genere: ad esempio, hanno talmente influenzato le abitudini culinarie che il secondo piatto più mangiato nella city è il ChickenTikka Masala.
Altro ambito importante è sicuramente quello dell’industria cinematografica indiana in Gran Bretagna, così come quello musicale. Basti pensare a pellicole come Sognando Beckham o The Milionaire, alla popolarità dei film di Bollywood, o meglio ancora ad artisti del calibro di Freddie Mercury. Una vera e propria miniera d’oro.
Ma non tutto ciò che luccica è oro
La città è approdo di una continua ondata migratoria, molti indiani lasciano il proprio Paese in cerca di una nuova vita a Londra e in Gran Bretagna, ma l’integrazione che spesso si vuole far intendere è fuorviante perché solo di facciata.
È quasi come se la stessa comunità indiana stessa volesse “camuffare” il fenomeno per non dare un’immagine errata e negativa di sé.
Le difficoltà di chi si ritrova a sopravvivere a Londra e in altre città britanniche sono concretamente attuali e tangibili. L’integrazione è quasi del tutto assente. Queste persone si ritrovano spesso sole, costrette a dover affrontare l’ostilità di un paese straniero, fronteggiare il razzismo e la penuria di lavoro, proprio le cose che speravano di ovviare sbarcando in un luogo che invece credevano colmo di speranze, pieni com’erano di aspettative per un futuro migliore. Non solo per loro, ma per le loro famiglie, che sono rimaste in India, nella povertà, e che molte volte possono contare solo sul loro solo aiuto per sopravvivere.
Molti, per riuscire a pagarsi il viaggio, sono costretti a ricorrere a misure estreme, a volte letali, come la vendita dei propri organi, oppure si affidano a usurai che sono costretti a ripagare per cinque volte il prezzo che è stato loro richiesto, sotto costante minaccia per la loro vita e quella della loro famiglia.
Rischiano il tutto per tutto per potersi permettere un viaggio pieno di speranze, spesso nella prospettiva di poter un giorno fare ritorno nel proprio Paese d’origine come uomini arricchiti e benestanti.
Ma questo sogno viene infranto quando si ritrovano invece a dover soffrire la fame, rinunciando ai pasti per pagare i debiti e inviare soldi alle famiglie, e affrontare lavori in nero, con la costante paura di non farcela, con la certezza di essere completamente soli.
Sono poche le vie traverse. A quelli che ricorrono a visti di studio non è permesso lavorare regolarmente e sono tenuti a studiare e sostenere necessariamente esami, quindi per potersi mantenere sono costretti a ricorrere a lavori in nero, pericolosi e sfiancanti.
C’è chi ricorre a visti matrimoniali, con matrimoni di facciata per poter ottenere la cittadinanza nel paese. Molte donne indiane britanniche infatti si offrono, richiedendo un onorario, come spose per permettere a questi uomini di lasciare il paese e ottenere il visto.
La maggior parte dei giovani non può quindi permettersi un visto, non può fare nessun tipo di accordo, per poter pagare non gli basterebbe nemmeno una vita intera di lavoro, e non resta altra via che quella della clandestinità. Sono disposti a rischiare la vita per poter continuare a nutrire anche solo un briciolo di speranza. Speranza che, più volte di quanto sia immaginabile, viene soffocata dalla morte.
Per quelli che ce la fanno, per quelli che riescono ad arrivare nella terra promessa, il futuro tanto agognato viene sostituito in fretta da pavimenti freddi sui quali dormire, ore interminabili di lavoro, fame divorante e dignità dimenticata.
Anche l’umanità è qualcosa che viene loro preclusa
Perché la società rinnega queste persone come fossero reietti, i loro stessi simili non si degnano di guardarli negli occhi, gli stessi connazionali si voltano dall’altra parte. Inizia così la discesa verso la disumanizzazione, dove si perde tutto quel poco che si ha, persino la propria dignità.
Per ottenere qualcosa all’interno della comunità indiana stessa, le cose si fanno ancora più complicate: a molte di queste persone, quando arrivano dall’India, viene chiesto il cognome e la casta di appartenenza, e, se questa è inferiore,le possibilità di farcela crollano miseramente, il disprezzo e il disgusto da parte degli stessi connazionali è chiaramente tangibile.
Il discorso delle caste, in particolare per gli Indù, è molto delicato perché rappresenta un patrimonio del loro paese, , estremamente radicato nella loro cultura e religione, che perdura anche se la realtà circostante è differente da quella dell’India.
Lo è in merito al fatto che questo sistema riscontra una grande opposizione da parte dell’opinione pubblica inglese, che lo trova discriminatorio, tanto che l’abolizione del sistema delle caste tramite una legge è all’ordine del giorno, ma è stata momentaneamente accantonata per interessi politici.
Le persone appartenenti alla caste più basse sono costantemente discriminate, escluse, ritenute impure, al pari degli animali. Infatti nessuno di loro può mischiarsi o, addirittura, sposarsi con qualcuno di casta superiore alla loro. Per queste persone la possibilità di integrarsi è quasi totalmente assente, si ritrovano come entità sole, scappate da un paese che li ha brutalizzati e che continua a perseguitarli tramite gli occhi dei loro simili.
Tutto questo viene trattato e approfondito nel bellissimo libro di Sunjeev Sahota “L’anno dei fuggiaschi”edito da Chiarelettere. Con una meravigliosa penna, precisa, chirurgica, vivida, senza mai scendere in pietismo e vittimismo, ma riportando la realtà nuda e cruda della clandestinità e dello sfruttamento, narra le vicissitudini vissute, attraverso i loro occhi, di tre ragazzi indiani in cerca di un futuro diverso.