Di Erika Leonardi
Ritenere che, solo per aver detto o scritto, il nostro destinatario sia riuscito a entrare nel nostro pensiero, è un grosso errore. C’è già una perdita di contenuto nel passare da quello che abbiamo in mente alla formulazione di frasi, che diventa ancora più consistente dopo che le nostre parole entrano, attraverso l’orecchio o l’occhio, nella mente dell’altro.
IL PERCORSO
L’atto del comunicare è descritto come un percorso a due vie. La prima è quella che va dall’emittente al destinatario, e veicola un messaggio. La seconda ripercorre il percorso al contrario con una inversione dei ruoli: il destinatario diventa emittente nel momento in cui dà un feed back a chi aveva attivato il gioco. C’è anche una forte asimmetria nell’atteggiamento dei due soggetti, egualmente protagonisti della comunicazione. Chi formula un messaggio, a voce o scritto, lo fa per una necessità: è quindi spontaneamente attivo. Non possiamo dare per scontata una posizione analoga al suo destinatario. Il suo atteggiamento potrebbe andare dall’indifferenza, a una tiepida attenzione, a un livello di reattività, oppure a una chiusura con una reazione di resistenza se non di opposizione.
Come adoperarci per un esito favorevole dell’impegno dedicato a dire o a scrivere?
UN SAGGIO ATTEGGIAMENTO
Non dare nulla per scontato: né che l’atro sia disponibile o predisposto ad ascoltare o leggere, né che abbia capito quello che noi volevamo dire. Perché potrebbe accadere che il nostro destinatario abbia compreso il significato letterale delle parole, ma gli dia un significato diverso. E qui si aprono tanti esiti differenti.
Messo in chiaro il rischio, occorre attrezzarsi. La formula si realizza con due step:
- motivare il destinatario a reagire,
- dare istruzioni su come dare un ritorno.
Ciò comporta un maggiore impegno, che però ripaga. Potremmo così sapere se abbiamo colto nel segno. Aumenta così la probabilità di successo del nostro atto comunicativo.
Parole di Albert Camus: “Un cattivo scrittore è chi si esprime tenendo conto di un contesto interiore che il lettore non può conoscere. Per questa via l’autore mediocre è portato a dire tutto quello che gli piace. La grande regola sta invece nel dimenticarsi in parte, a favore di una espressione comunicabile. Questo non può avvenire senza sacrifici.”