Uno spot, un racconto, una storia: la storia di chi può vivere liberamente il proprio amore. È questo ciò che narra il nuovo corto natalizio di Posten Norge, il servizio postale norvegese, lanciato per celebrare i 50 anni dalla depenalizzazione dell’omosessualità nel Paese. È un esempio di comunicazione inclusiva che può avere un grande impatto sulla cultura sociale.
When Harry met Santa
Lo spot norvegese, dal titolo “When Harry met Santa”, richiama il classico del 1989 “Harry ti presento Sally” e racconta una relazione amorosa sviluppatasi nel corso di molti anni. Si tratta della storia d’amore tra Babbo Natale e Harry.
I due si incontrano per la prima volta una vigilia di Natale, quando Harry sorprende Babbo Natale a consegnare dei regali in casa sua. Si scambiano un lungo sguardo prima che Babbo natale svanisca. Scatta subito qualcosa e negli anni a venire gli incontri tra i due diventano meno casuali. Stringono infatti un legame profondo anche se il tempo passato insieme è effimero. È per questa ragione che, qualche anno dopo, Harry fa una sola richiesta a Babbo Natale: «All I want for Christmas is you».
Così, Babbo Natale organizza il servizio postale norvegese, al quale affida la consegna dei regali, per passare finalmente un po’ di tempo con l’uomo che ama.
L’obiettivo
Al di là dello spot in sé, che ha suscitato reazioni fortemente positive di gioia e commozione, risulta interessante riflettere sul tipo di messaggio che si intende veicolare.
Come si evince dal testo a conclusione del corto, questo nasce per celebrare i 50 anni dalla depenalizzazione dell’omosessualità in Norvegia.
La stessa Monica Solberg, direttrice marketing di Posten Norge, ha infatti dichiarato l’intenzione di celebrare un anniversario così importante per il Paese con una bellissima storia d’amore. Ha poi sottolineato l’importanza di creare un contesto lavorativo inclusivo e diversificato.
Dunque, la promozione del servizio postale nazionale è passata attraverso la diffusione di valori di inclusività e uguaglianza.
L’importanza di una comunicazione inclusiva
La Norvegia, si sa, è una realtà lontana e diversa dalla nostra. In Italia uno spot pubblicitario simile avrebbe certamente provocato reazioni contrastanti. In molti avrebbero gridato allo scandalo. «Vogliono distruggere la famiglia tradizionale», avrebbe affermato qualcuno.
Ma non si può fare di tutto una questione politica. Quindi facciamone una questione mediatica.
L’importanza di promuovere, attraverso i media, una comunicazione inclusiva è facilmente intuibile se si considerano alcuni dati relativi ai sentimenti omofobici diffusi nel Bel Paese.
Secondo il report di Arcigay su omofobia e transfobia, nel 2021 si conta un caso di aggressione ogni tre giorni. Inoltre, presso la Gay Help Line, il servizio di ascolto telefonico dedicato alle persone LGBTQ+ in stato di disagio, giungono 50 richieste di aiuto al giorno. Dati poco rassicuranti se si tiene conto del fatto che questi sono soltanto i casi accertati. Presumibilmente infatti i numeri delle aggressioni sono molto più elevati.
In questo contesto si denota l’importanza, non solo di una legge ad hoc che punisca simili violenze, ma anche e soprattutto di un tipo di educazione improntata all’inclusività, all’uguaglianza e al rispetto delle differenze.
Sebbene la famiglia e la scuola siano i centri primari di educazione e formazione, un ruolo importante in tal senso può essere svolto dai media. Questi ultimi svolgono infatti una funzione socializzante. Trasmettono valori, opinioni e atteggiamenti che hanno la capacità di plasmare la realtà sociale. Per questa ragione, l’uso che si decide di farne ha un impatto considerevole.
In che modo una comunicazione inclusiva può essere utile alla società?
Per comunicazione inclusiva si intende un tipo di comunicazione il più possibile rappresentativa della realtà. Una comunicazione inclusiva, quindi, non si rivolge a un solo pubblico – nel caso specifico cisgender ed eterosessuale – ma rispetta e valorizza le differenze, senza caricarsi di giudizi.
Proprio in virtù della funzione educativa e socializzante esercitata dal sistema mediatico, l’utilizzo di questo tipo di comunicazione assume un’importanza se possibile maggiore, poiché trasmette valori di rispetto e uguaglianza idonei a contrastare ogni forma di pregiudizio.
Esporre il pubblico alla visione di spot pubblicitari che rappresentino anche coppie omosessuali, significa normalizzare queste relazioni e trasmettere la consapevolezza che non esiste un solo tipo di amore degno di essere vissuto.
Pertanto, sarebbe opportuno cominciare a comprendere che la famiglia del Mulino Bianco non è l’unica esistente e meritevole di essere rappresentata.
Dopotutto non sono passati 50 anni dalla decriminalizzazione dell’omosessualità in Italia, ne sono passati 132. Ma questa è un’altra storia.
Federica Fiorello