Come i politici hanno cambiato la loro comunicazione in pandemia

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E’ praticamente quasi un anno che abbiamo a che fare con la pandemia, non solo come pazienti, come cittadini e come lettori di notizie. Dopo 11 mesi di coronavirus, è possibile anche tracciare un bilancio anche sulla comunicazione politica in pandemia. Vediamo come questo 2020 ha fatto della comunicazione emergenziale la normalità.





Come ha dimostrato Elisa Gambarini sulle pagine di YouTrend parlando di comunicazione in pandemia, ogni gruppo sociale tende a diventare più unito quando si trova a dover fronteggiare un pericolo proveniente dall’esterno. Si tratta di un effetto che in politologia viene chiamato “rally round the flag“, che significa infatti “radunarsi sotto la stessa bandiera”. Secondo la letteratura in materia, un leader politico può godere di un maggiore consenso durante i periodi di crisi. Questo, però, sarebbe vero solamente per orizzonti temporali piuttosto brevi.




La spiegazione è abbastanza semplice: il gradimento politico è un riflesso della percezione che i cittadini hanno avuto rispetto al tipo di decisioni prese, alle conseguenze in termini di dati, alla durata e ai tempi di reazione, oltre alle possibilità di ricostruzione che si intravedono.




Il rally round the flag nel passato

Terremoti, attentati e minacce alla sicurezza di un Paese, anche in passato, hanno fatto stringere i cittadini attorno alle istituzioni. Nella storia, ad esempio, l’attacco giapponese alla base di Pearl Harbor “fruttò” al presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt un balzo del 12% nei consensi. Nel 2001, il 39% di americani in più iniziarono ad apprezzare l’operato del presidente Bush, dopo l’11 settembre. Sempre secondo i dati riportati da YouTrend, il terremoto dell’Aquila del 2009 comportò un aumento nella fiducia verso il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (+5%). La popolarità di Hollande, invece, dopo gli attentati terroristici del 2015 crebbe addirittura del 30%.

Più intenso nei Paesi più divisi

Si tratta quindi di oscillazioni di entità differente, dovuti al peso dell’evento scatenante e al contesto in cui questo avviene. Secondo Matthew Baum, politologo statunitense, più è diviso il paese o peggiore è lo stato di crisi in cui già versa, maggiore sarà l’effetto del rally round the flag. Se infatti sono molti a criticare il governo, poi, potenzialmente è più alto il numero di coloro che possono iniziare a sostenere il leader politico del momento.

La pandemia e il consenso

Per quanto riguarda gli effetti della pandemia (e della sua gestione) sul consenso politico, ad esempio, ad aprile Boris Johnson aveva beneficiato di un balzo interessante nel consenso. Se molti britannici erano rimasti perplessi di fronte alle strampalate teorie di BoJo sull’immunità di gregge, un suo cambiamento di rotta ha permesso a molti elettori di provare a ridargli fiducia. Nel lungo periodo, però, questo effetto positivo si è invertito: la situazione è quindi tornata al livello prepandemia. Si può facilmente immaginare che il primato del Regno Unito nell’avvio della campagna vaccinale si traduca in un’altra oscillazione di consensi a favore di Johnson, anche se i dati in merito non sono ancora disponibili. Bisogna però tenere conto che, nonostante l’entusiasmo iniziale per l’arrivo dei vaccini, non sono pochi i cittadini inglesi che hanno manifestato qualche perplessità in merito all’eccezionale velocità con cui il Paese è arrivato al traguardo.

 

Anche in Francia e in Germania si sono osservati dei cospicui aumenti nell’indice di gradimento verso Marcon e Merkel. Quest’ultima, giusto ieri, è stata la protagonista di un video diventato poi virale, in cui chiede accoratamente ai tedeschi di accettare le restrizioni natalizie più rigide.

Secondo Morning Consult, per Trump, invece, il consenso è rimasto più o meno invariato, mentre i brasiliani hanno punito la gestione del presidente Bolsonaro con percentuali di gradimento inferiori.

La situazione italiana

Veniamo ora alla situazione italiana e alla figura del presidente del consiglio Giuseppe Conte. Secondo l’Atlante politico di Demos, tra febbraio e marzo, il governo italiano ha ottenuto una fiducia da parte del 30% di italiani in più. I sondaggi, che prima della pandemia attribuivano al premier il 44% dei consensi, hanno superato quota 70% alla voce “Giuseppe Conte”. In Puglia e in Calabria, ha raggiunto anche picchi del 90%. Questa vera e propria esplosione di consensi si è poi sgonfiata nei mesi successivi: rimane però il valore più alto negli ultimi decenni. Secondo i dati di novembre forniti da Ipsos, il gradimento nei confronti del premier Conte si è stabilizzato attorno al 60%, con oscillazioni di un paio di punti percentuali.  Sulla scena politica italiana, quindi, si conferma come il leader politico più apprezzato. In crescita, poi, l’approvazione degli italiani nei confronti dell’operato del ministro della Salute Roberto Speranza (38%, +1).

Politica e ottimismo

Che ruolo ha avuto poi l’ottimismo nella comunicazione dei leader? Secondo l’analisi del sentiment, cioè quel metodo di indagine relativa alle parole utilizzate sui social, nei commenti e nei post relativi a un argomento o a una persona, le reazioni positive ai post del premier britannico si aggiravano attorno al 64%, mentre il presidente Trump poteva vantare un 78%. Meno premiato, invece, da questo punto di vista, l’atteggiamento cauto di Macron, che ha registrato un sentiment positivo in 4 commenti su 10.

Conte e la comunicazione in pandemia

In linea con le percentuali di gradimento, invece l’analisi del sentiment in risposta ai contenuti pubblicati da Conte, che in Italia ha ottenuto il 58% di reazioni positive sui social, soprattutto nelle seguitissime dirette dalle conferenze stampa.

Tra le parole più utilizzate nella comunicazione politica di Conte in pandemia, ci sono sicuramente “emergenza”, “insieme”, ma anche “Facebook”. Nel mese di marzo, secondo il conteggio di YouTrend, Conte ha twittato per 129 volte, con un picco di 71 mila condivisioni. Anche su Instagram, la comunicazione istituzionale la fa da padrona: qui il tasso di coinvolgimento nei contenuti del premier è attorno al 3,1%. Si tratta di un numero che dà una percezione di quante persone rispondano e con che tipo di reazione, come un like o un commento, a un post o a una storia.

Dimmi che social usi e ti dirò chi sei

Anche la scelta del mezzo a cui affidare la propria comunicazione in pandemia dice molto di un leader. Se Conte (sulla spinta di Rocco Casalino) ama Facebook, Trump smanetta su Twitter. Decisamente più formale è invece Angela Merkel, che non ha una pagina ufficiale Facebook, ma affida i suoi comunicati alla pagina istituzionale Bundesregierung, espressione del Governo. A fare la sua parte sui social è soprattutto il suo portavoce, Steffen Seibert. Simile invece alla gestione social di Conte, è quella del presidente francese Macron, che usa Facebook, Twitter e Snapchat. Insomma, dimmi che social usi e ti dirò chi sei.

Elisa Ghidini

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