La recente sentenza del Tar del Lazio, che ha rigettato il ricorso contro lo scioglimento del comune di Foggia per infiltrazioni mafiose, non ha scoraggiato l’ex sindaco Franco Landella. Quest’ultimo, protagonista di una lunga battaglia legale per contestare il decreto di commissariamento, ha già annunciato la sua intenzione di presentare ricorso in appello presso il Consiglio di Stato.
Le dichiarazioni di Franco Landella e la sua battaglia legale
Nella nota diffusa alla stampa, l’ex primo cittadino di Foggia ha voluto sottolineare come il suo ricorso al Tar sia stato un atto di responsabilità civica e personale, nonostante la consapevolezza delle difficoltà che avrebbe incontrato. “Sapevo che il percorso per ottenere giustizia sarebbe stato lungo“, ha dichiarato Landella, sottolineando come l’obiettivo resti la ricerca della verità in una questione che egli considera tutt’altro che chiusa. Nonostante il rigetto del Tar, l’ex sindaco ha ribadito la sua convinzione che la sentenza non rappresenti la fine della battaglia legale, ma solo una tappa di un percorso più ampio che si sposterà ora nelle aule del Consiglio di Stato.
Landella ha inoltre messo in evidenza quella che definisce “l’abnormità del provvedimento” di scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Secondo lui, questo tipo di decisioni, basate su un principio che definisce “del più probabile che non“, colpisce ingiustamente intere comunità e amministrazioni locali senza fornire prove concrete e sufficienti. A suo avviso, la normativa che permette il commissariamento dei Comuni in casi di presunte infiltrazioni mafiose richiede una riforma urgente, come auspicato da alcune figure istituzionali, tra cui il ministro dell’Interno Piantedosi e il vicepresidente della Commissione Antimafia, Mauro Dattis.
Le motivazioni del Tar e la difesa dell’ex sindaco
La sentenza del Tar del Lazio ha stabilito che Landella, nel suo ruolo di sindaco, non avrebbe adeguatamente vigilato sull’operato della burocrazia comunale e sui gestori dei pubblici servizi. Questo “deficit di controllo“, secondo il tribunale, sarebbe uno dei motivi alla base dello scioglimento del Comune. Tuttavia, Landella ha rigettato tale critica, rivendicando con orgoglio i risultati ottenuti durante i suoi sette anni di amministrazione. Tra le sue realizzazioni, l’ex sindaco ha menzionato il risanamento economico delle due ex municipalizzate Ataf e Amgas, che, al momento del suo insediamento, si trovavano in una situazione di grave crisi finanziaria.
Landella ha inoltre evidenziato il miglioramento delle finanze comunali, affermando di aver lasciato nelle casse del Comune un avanzo di circa 80 milioni di euro, nonostante avesse ereditato un deficit di 87 milioni di euro dalle amministrazioni precedenti. Ha anche sottolineato di non aver mai aumentato la Tari, le tariffe dei parcheggi o altre imposte comunali durante il suo mandato, a differenza di quanto fatto dai suoi predecessori.
Le problematiche della vigilanza e la critica alla normativa sugli scioglimenti
Uno dei punti centrali della difesa di Landella riguarda la difficoltà, per un sindaco, di esercitare un controllo capillare sulla burocrazia comunale e sui dipendenti. Secondo l’ex sindaco, è impossibile per un amministratore locale essere a conoscenza di eventuali parentele scomode di consiglieri eletti o verificare se un dirigente comunale ha richiesto il certificato antimafia. Landella ha evidenziato come sia stato accusato di “omessa vigilanza” senza che vi fossero prove concrete di un suo coinvolgimento diretto o indiretto con la criminalità organizzata. Ha inoltre sottolineato che, durante i suoi sette anni di amministrazione, non è mai stato oggetto di indagini né sono emersi rinvii a giudizio per reati di mafia.
Landella ha criticato duramente l’efficacia della normativa che regola lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose, descrivendola come uno strumento che colpisce indiscriminatamente amministratori e comunità locali senza basarsi su fatti concreti. L’ex sindaco ha ribadito che la sua amministrazione non è mai stata influenzata dalla criminalità organizzata e ha espresso la speranza che coloro che hanno spinto per lo scioglimento del Comune di Foggia “rivedano la propria coscienza“.
Le osservazioni dell’avvocato difensore Saverio Sticchi Damiani
A sostegno delle posizioni di Landella, è intervenuto anche il suo avvocato, Saverio Sticchi Damiani. Il legale ha contestato la ricostruzione fornita dal Tar del Lazio, ritenendo che non vi fossero elementi concreti che giustificassero il provvedimento di scioglimento del Comune. Secondo Sticchi Damiani, dalle risultanze istruttorie non emerge alcuna “partecipazione attiva” dell’amministrazione comunale in associazioni criminali. Al massimo, ha sostenuto l’avvocato, si potrebbe parlare di un “omesso controllo“, che comunque non sarebbe sufficiente a giustificare lo scioglimento del Comune.
Inoltre, Sticchi Damiani ha criticato la motivazione fornita dal Tar, descrivendola come frammentaria e incompleta, facendo riferimento alla relazione della Prefettura di Foggia, la quale, secondo il legale, non avrebbe prodotto prove sufficienti a dimostrare collegamenti concreti con la criminalità organizzata.