Nazifascismo e informatica, estremismo e mondo digitale: ecco come un algoritmo può reclutare complottisti e negazionisti sul Web.
Di questi tempi si fa fatica a tenere i piedi a terra e, di certo, alcune dichiarazioni di politici e personaggi pubblici, persino di medici e uomini di scienza, non aiutano a smaltire la confusione generale. Del resto sono tempi difficili, così confusi che sembra non competere più all’artista trasformare la cruda realtà in qualcosa di più commestibile per i sensi e la ragione. E no, di questi tempi, grazie ai social network e alla rete in genere, ci si può organizzare, creando gruppi e partiti di negazionisti e complottisti.
La persuasione del web
Esistono pezzi di società che la realtà la trasformano fino a al punto da far diventare piatta la terra. Purtroppo, però, se gli artisti producono spettacolo, molti di questi gruppi di persone, invece, producono uno spettacolo raccapricciante. Oltre alle fake news, vi sono altri mezzi informatici che permettono di reclutare persone. Esistono algoritmi in grado di persuadere gli utenti e metterli al servizio dell’estrema destra.
Un virus al servizio dell’estrema destra
Si prenda QAnon, ad esempio. Ovvero, una teoria che fa di Donald Trump una specie di messia con il compito di liberare il mondo da cattivissimi come George Soros, Barack Obama e Hillary Clinton. Fosse solo l’ennesima americanata, forse non staremmo neppure a parlarne adesso. Il problema è che questa teoria, nata da un nickname di un utente anonimo che nel 2017 si faceva chiamare Q, ha oltrepassato l’oceano, è sbarcata in Europa. Poi, viste le nuove condizioni, ha mutato un po’ la forma, un po’ la sostanza.
In Italia
In Italia, ad esempio, ha sostenuto dapprima il governo Conte al suo insediamento, per poi ripiegare su Salvini e su posizioni apartitiche. Oppure, si prenda Iron March, un forum nazifascista, uno degli amministratori ha fondato un gruppo terroristico neonazista nel Regno Unito chiamato National Action. Lo stesso gruppo che ha manifestato sostegno all’assassinio della parlamentare inglese Jo Cox per mano di Thomas Meir. Il forum ospitava anche membri come Brandon Russel, fondatore del gruppo nazista paramilitare Atomwaffen Division, nonché possessore di materiale esplosivo destinato a far saltare sinagoghe, linee elettriche e una centrale di energia elettrica di Miami. Sono tanti i nazifascisti italiani iscritti a Iron March: di solito sono quelli che si identificano con l’immagine di Benito Mussolini. La polizia ha potuto riconoscerli grazie agli indirizzi IP, o e-mail presenti negli archivi.
Algoritmo o virus?
Nonostante queste teorie complottiste siano state più volte smentite (come se ci volesse molto per screditarle!), queste continuano a vivere e a diffondersi in tutto il globo. Come un organismo che riesce a sopravvivere, spostarsi e addirittura adattarsi al contesto politico. Il sistema GPT-3 ricorda proprio questo, un organismo, o, visto i tempi che corrono, è più opportuno dire “un virus”. Un algoritmo sarebbe in grado di condensare concetti e ideologie e farle filtrare nelle varie chat e nei vari forum, come se fossero proferite da un utente reale. Scrive Andrea Palladino su l’Espresso:
Immaginiamo di entrare in uno dei tantissimi canali Telegram legati al mondo QAnon. Leggiamo qualche post, poi proviamo a fare delle domande, spinti dalla curiosità: “Chi sono i nemici dell’umanità?”. Pochi secondi ed ecco che un utente risponde: “Il triangolo dei burattinai, la famiglia reale saudita, i Rothschilds e George Soros”. Cambiamo canale ed entriamo in qualcosa simile al Forum Iron march (chiuso nel 2017, dopo sei anni di attività). Il modello comunicativo cambia, così come il linguaggio: “L’implacabile nemico dell’umanità è l‘ebraismo organizzato. Chi potrebbe fidarsi di un popolo che si è sparso nei paesi europei dell’inizio della civiltà?”.
Nessuno di questi due messaggi è stato scritto da un umano. Sono simulazioni di intelligenza artificiale, dove un algoritmo è in grado di riprodurre l’ideologia, il linguaggio, i concetti del mondo ultranazionalista, complottista, antisemita e neonazista.
La “razza bianca”
Ovviamente, dietro gli algoritmi, le fake news e le teorie complottiste, a muovere le fila vi sono ingegneri informatici, comunicatori, giornalisti e militanti con un obiettivo preciso: reclutare più persone possibili e prepararli allo scontro contro chiunque a cui venga in mente di attaccare la “razza bianca”. Lanciare in rete un algoritmo, in grado di sviluppare teorie più o meno coerenti, di dare risposte più o meno coerenti e persuadere chi ancora non è troppo convinto, può creare scompigli enormi nei paesi di tutto il mondo.
Il sistema GPT-3 usa l’intelligenza artificiale e, attraverso l’automatizzazione di alcuni dati, è in grado di simulare le prestazioni di un utente in una chat o un forum reale. Un expertise consolidato continua a lavorare per virilizzare contenuti destinati a Facebook, Telegram, Instagram ecc. A volte, come si deduce dalle varie inchieste dell’FBI, questi gruppi sono aiutati anche dalle intelligence statali. Iniettato nella rete l’algoritmo potrà sguazzare libero, come un virus, nelle società di tutto il mondo, esercitando la propria influenza sugli equilibri sociali e politici delle nazioni.
L’isola felice dei nostalgici
Non c’è alcun dubbio che nostalgici del nazismo e del fascismo provino ad affidare a un sistema semantico automatizzato le basi della loro ideologia politica. Grazie a un gruppo di hacker che ha reso disponibile l’archivio del forum Iron March, un gruppo di ricerca del Middlebury Institute of International Studies ha potuto rivelare che l’algoritmo “dialoga” con una persona e interagire con essa, mentre riproduce l’ideologia di uno specifico gruppo politico. Una programmazione neanche troppo difficile da elaborare per chi è del mestiere.
Basta selezionare per GPT-3 un po’ di tweet, qualche post, qualche forum, qualche paragrafo e il modello ideologico comincerà a formarsi, senza il bisogno di ulteriori addestramenti. L’uso di una tecnologia sofisticata per spargere propaganda di estrema destra è dunque cosa certa. Come certo è il fatto che l’utente, anche mentre sta navigando su Youtube o Instagram, a causa del business delle pubblicità, può essere reindirizzato sul sito web di disinformazione, se lo ha già visitato una volta.
La propaganda sui social
Quindi, facendo 2+2, possiamo di certo ammettere che il web ospita siti che guadagnano diffondendo propaganda nazifascista e disinformazione.
In tempi così cupi è difficile restare coi piedi a terra. Anche perché, come abbiamo visto, quelli che la testa l’hanno persa da un po’, inseguendo mitologie e stereotipi inesistenti, hanno risolto il problema. Hanno affidato l’ideologia che sostengono ai processi e alla causalità di un algoritmo. Così possono essere coerenti con il loro passato e continuare a non usare il cervello. Essere felici di restare al servizio dell’estrema destra e magari di far saltare qualche antenna con la speranza che elimini il Covid.
Alfonso Gabino