Attraversare gli accadimenti storico-politici italiani degli ultimi trent’anni significa percorrere un tornante che, in una qualche misura, restituisce tracce, cenni, spunti in più sull’attuale stato di cose. Tornare indietro, ripercorrere la strada al contrario, si configura, allora, come il tentativo di approssimarsi alla trasformazione politica e culturale nella quale siamo gettati. In questa cornice, il linguaggio non solo ha accompagnato ma anche, in buona parte, determinato la metamorfosi complessiva del nostro paese. E può, dunque, fungere da prezioso canale interpretativo. D’altronde, da millenni, l’uomo abita il denso ed intricato nesso tra parole e cose. Ed è quello che, nel testo Com’è successo. Una repubblica in crisi, parola per parola, edito Fandango Libri, fanno anche Paola Di Lazzaro e Giordana Pallone. Ripercorrono l’ultimo trentennio della politica italiana dal punto di vista del linguaggio. Soffermandosi su quanto il progressivo strutturarsi di un’approssimativa e semplificata neolingua abbia condotto ad una conseguente semplificazione dei processi democratici e della vita pubblica.
Com’è successo? Nel tentativo umano di fare luce su ciò che ci riguarda, ci si imbatte – con una certa frequenza – in questo interrogativo cruciale e fondativo ma, al contempo, inesauribile. Fondamentale perché permette, in una qualche misura, di aggiungere qualcosa in più rispetto al già-dato. Insolubile perché si tratta di un attraversamento che non presuppone un definitivo e assoluto punto di arrivo. Ma solo punti di arrivo che, nel loro stesso svolgersi e preteso fissarsi, diventano istantaneamente rinnovati punti di partenza. Motivo per cui, sui fatti, si continua a tornare sia retrospettivamente, sia sul piano prospettico che si affaccia sull’avvenire. Riattraversare i tornanti storici, culturali, sociali, economici, filosofici, scientifici, politici, giuridici che si sono manifestati e imposti nel tempo. E nel ripercorrerli a ritroso, ritrovarsi, in una qualche misura, rinnovati rispetto al punto di partenza dal quale ci si muoveva inizialmente.
È un esercizio di consapevolezza, piuttosto che di conclusività. E si ritorna, ancora e di nuovo, ancora e sempre, sulle questioni fondamentali che stanno a fondamento del proprio esserci. Alla domanda «com’è successo?», appunto. Ripetizione e rinnovamento, ritornare per arricchirsi e tentare – in questo modo – di attraversare l’esistenza come un esercizio di costante affinamento. Un’ininterrotta opera di labor limae su di sé e, di conseguenza, sugli altri. E si approda già nell’alveo di riferimento del politico, teatro d’incontro tra individui e collettività. Occorrerebbe ripensare la politica in tal senso per ricucire la distanza che, ad oggi, caratterizza un diffuso modo esistenziale del cittadino italiano.
POLITICA E PARTECIPAZIONE
La politica non si riduce – non può, e non deve farlo – all’idea di casta che detiene potere, privilegi e margine d’azione. E che confina – da torre d’avorio remota e quasi inaccessibile – il cittadino in una zona di inerme e deterministica inerzia. Dovrebbe – al contrario – riguardare tutti, in un unico flusso di prospettive, attività e funzioni diverse. La politica, in un assetto democratico, dovrebbe fondarsi sulla partecipazione, e su di essa articolarsi. Qui, l’approdo a uno dei diversi punti cardine del libro Com’è successo. Una repubblica in crisi, parola per parola di Paola Di Lazzaro e Giordana Pallone. Il profondo, fondamentale e ineludibile senso partecipavo che dovrebbe determinare struttura, lineamenti e sensi delle regioni della politica. Questione attraversata dalle autrici, a più riprese, nel corso dell’opera e ribadita ai nostri microfoni, di fronte ai quali Paola Di Lazzaro ha dichiarato:
Quando parliamo di partecipazione, parliamo sicuramente di un elemento chiave della vita politica di un paese che, probabilmente, negli ultimi trent’anni […] viene snaturato. Da quella che era una partecipazione effettiva, efficace, viva – all’interno, ad esempio, delle sedi di partito, ma anche del dibattito pubblico – diventa una partecipazione sempre più assottigliata, in un mero – spesso – esserci online, esserci in alcuni momenti particolari della vita di un partito, come possono essere le primarie o le consultazioni online alle quali abbiamo assistito negli ultimi anni.
A queste parole, ha fatto eco l’intervento – sulla questione discussa – di Giordana Pallone:
Com’è successo che il 40% dell’elettorato si sottrae al diritto-dovere di voto e, quindi, a partecipare ad un esercizio collettivo per antonomasia […] come il voto? Probabilmente perché, negli ultimi trent’anni, si è demolito anche nel linguaggio comune e nel linguaggio pubblico […] il valore della rappresentanza politica e, quindi, l’esercizio del voto. Sia attraverso la delegittimazione del Parlamento – che affrontiamo nel primo capitolo – sia attraverso la destrutturazione dei partiti – nel secondo – sia attraverso la partecipazione stessa.
COM’È SUCCESSO, COM’È SUCCESSO?
Ecco l’emergere, da queste parole, della convergenza di intenti delle due scrittrici, tra loro distanti per tragitti formativi e professionali. Ma accomunate dall’esigenza teorica e prassica di impegnarsi coralmente in un progetto a due voci che ha assunto, poi, la forma-libro nell’opera che stiamo attraversando. E se ripercorrere la genesi di un’opera significa, in una qualche misura, accostarsi allo spirito della stessa, sfruttando un gioco fonico suggerito dallo stesso titolo, abbiamo chiesto alle autrici: com’è successo, Com’è successo? Ad iniziare, Paola Di Lazzaro:
È successo proprio come è descritto […] nelle dediche. Ci siamo conosciute […] in un posto molto informale, […] un’enoteca vicino casa, nel nostro quartiere […]. Sono luoghi di chiacchiere, in cui si affronta un po’ di tutto, dal calcio – che è un’altra passione che ci unisce – alle cose di tutti i giorni, a cose più o meno serie e divertenti. E poi c’è questo tema, la politica, che obiettivamente […] sembra sempre un po’ più residuale, o stravagante, o quasi di nicchia, da affrontare in contesti, se vogliamo informali. […] Forse un tempo parlare di politica era la normalità – per politica si intende tutto quello che accade nei giorni, nelle nostre giornate, oltre a quello che accade raccontato dai giornali e dalla televisione. E lì, confrontandoci su alcune questioni […] trovavamo una certa convergenza quasi stupita.
Convergenza prospettica, screziata di un sottile ma radicato senso di stupore, sulla quale ritorna anche Giordana Pallone:
Nel confrontarci […] avevamo trovato una convergenza su quello che stava accadendo e ci siamo chieste quale fosse l’origine. […] Siamo arrivate a ragionare dell’insieme di quelli che sono stati i processi di questi trent’anni con il decisivo contributo della parte del linguaggio e della riformazione del linguaggio. E la cosa su cui probabilmente ci siamo trovate, da subito, è stata la condivisione dello stupore rispetto a quello che accadeva.
LE PAROLE E LA COSA PUBBLICA
Risposte dalle quali tracima il respiro di un’opera tanto composita quanto unitaria, che si configura come un invito alla complessità nell’attraversamento della quotidianità. Mai prescrittive e sempre indicanti l’essere dell’attuale stato di cose – piuttosto che un generico ed arbitrario dover essere – Paola di Lazzaro e Giordana Pallone si prendono carico di una delle attività culturali che più impegnano l’uomo da millenni: l’attraversamento del rapporto tra parole e cose. È da questo filtro, infatti, che attraversano gli ultimi trent’anni della storia politica italiana. Parole e cosa pubblica, dunque.
Perché se uno dei più fecondi canali di comprensione della «trasformazione politica e culturale» nella quale siamo gettati risiede nel voltarsi «indietro […] cercando di rifare la strada al contrario», «le tracce più evidenti sono da riconoscere nel linguaggio». Ecco, dunque, la strutturazione di un’opera i cui capitoli desumono il titolo da alcune delle più diffuse espressioni-emblema degli ultimi trent’anni. Inciucio, Sindaco d’Italia, Primarie, Casta, Presidente operario, Fannulloni sul divano, Né di destra né di sinistra. E, ancora, tra queste l’emergere di ulteriori, tanto impiegati quanto inflazionati, vessilli linguistici caratterizzanti l’ultimo trentennio del discorso intorno alla cosa pubblica italiana. Ribadisce, ai nostri microfoni, Paola di Lazzaro:
Ogni capitolo ha un titolo ma, all’interno di quella parola, ce ne sono tante altre. Prendiamo il caso dei fannulloni, sotto fannulloni – chiaramente – c’è tutto l’alveo dei divani. […] Partendo da questa ricostruzione, […] affrontiamo, capitolo per capitolo, un aspetto particolare dell’ambito delle istituzioni, della politica.
È intorno a questo tracciato di espressioni e significati che, sostengono le autrici:
[…] progressivamente si è strutturata una neolingua che alimenta una molteplicità di fenomeni, ancora in corso, caratterizzati dal perseguimento spasmodico e acritico di una semplificazione della vita pubblica e delle istituzioni democratiche.
SULL’EPOCA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE PERMANENTE
Semplificazione dei partiti, della competizione politica, della rappresentanza. Alla quale si affianca, «la progressiva e inesorabile delegittimazione di ruoli e funzioni», sul piano istituzionale, democratico, civile e della partecipazione pubblica. E, a fronte di ciò, ecco l’ergersi della proposta di Paola Di Lazzaro e Giordana Pallone. Imperniata su un impianto di cautela metodologica, tanto prezioso quanto raro a trovarsi in un’epoca chiassosa che, fin troppo spesso, non permette un dialogo autentico. E che, conseguentemente, scalfisce il lavoro corale e multipolare che caratterizza la ricerca umana, quale impresa collettiva di ininterrotto e reciproco arricchimento.
È ciò che, sull’ampio raggio, accade diffusamente in un’era che le autrici ribattezzano della «campagna elettorale permanente». Dove lo spettacolo al quale anche la politica – con l’industria culturale – è chiamata a partecipare, diventa arena di scontri dall’impalcatura tendenzialmente manichea. I cui attori sono chiamati a muoversi da presupposti ed entro tracciati il più possibile esclusivisti, se la sfida consiste nel generare consenso. Parlare alla “pancia” della gente, rivolgersi al piano più istintivamente emozionale e, in tal senso, tentare il più possibile di sbaragliare i competitor. Anche, e soprattutto, a costo di rinunciare alla complessità di cui esistenza, vivere collettivo e comparto politico-istituzionale consistono. Se anche il libero mercato dell’agone politico ha assunto questa forma, ecco il diffuso ricorso alla comunicazione di trincea. Che, a regola etimologica, disperde il senso profondo che il termine comunicazione – dono reciproco – dovrebbe inverare.
Ed ecco il diffuso impiego del discredito, dell’offesa, dell’epiteto strettamente categorizzante teso ad estromettere dalla discussione l’avversario – o chi si assume come tale. Allora il confronto – che assume più i contorni di una disputa – sempre più incatenato in una dinamica di esclusivisti e perentori noi-voi, perde terreno in termini di dati, fatti e argomentazioni.
RICUCIRE LA COMPLESSITÀ DELLA VITA PUBBLICA
In questa cornice, le autrici di Com’è successo, restituiscono al lettore una mappa storico-politica e un’ampia gamma di domande fondamentali. In questi anni, a fronte di ciò, si è lavorato per innalzare la competenza media linguistica o per abbassare il livello comunicativo – e, quindi, contenutistico – di politica e industria culturale? Cosa si cela dietro ai miti alimentati da una neolingua che tende a semplificare la vita collettiva? Cosa resta, ad oggi, in Italia della partecipazione politica, fondamento e cardine di una democrazia rappresentativa? A quale costo si paga la progressiva retrocessione delle istituzioni a favore di una netta manovra di privatizzazione dettata dalla competitività del libero mercato e dalla carenza di risorse? Com’è successo che dirsi «né di destra né di sinistra» sia diventato un valore? Da quando, e perché, i soggetti più fragili sono considerati gli esclusivi responsabili del proprio “fallimento”?
Com’è successo si snoda tra questi ed altri non meno fondamentali interrogativi, senza avanzare mai la pretesa di esaurire discorsi ben più ampi e complessi. A evidenziarlo, in senso programmatico, sono le stesse Paola Di Lazzaro e Giordana Pallone, all’inizio dell’opera:
Senza pretese di esaustività, consapevoli degli inevitabili condizionamenti indotti da storia e convinzioni personali, abbiamo provato a raccontare il “com’è successo”, […] senza proporre ricette o soluzioni, ma condividendo con chi avrà la pazienza di leggere, la nostra personale risposta alla domanda: com’è successo?
E se, continuando sulla scia del testo, «la capacità che ha la politica di far cambiare significato alle parole è un’altra cosa che ci deve far riflettere e forse anche un po’ spaventare», è sulla soglia della questione posta dalle autrici che occorre sostare. Lavorare sulle cornici linguistiche entro cui si interpreta il mondo al fine di abitare la complessità della vita pubblica e dell’apparato istituzionale. Da individui, cittadini e membri della più ampia comunità umana.
Mattia Spanò