Ci sono quelli che non credono all’Olocausto, alla storia sovietica, o quelli che minimizzano gli effetti della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki. Dietro, ci sono quelli che negano la crisi climatica, a braccetto con quelli che pensano che l’uomo non sia mai stato sulla Luna. A questi si aggiungono i complottisti che credono che l’HIV sia un’invenzione per rimpinguare le casse delle case farmaceutiche, esattamente come il Coronavirus per i negazionisti che si sono assembrati a migliaia a Roma, per dimostrare le loro ragioni. Ovviamente senza mascherina. Ma come si diventa negazionisti nel 2020?
Ognuno di noi è il frutto di ciò che vive, degli incontri e delle coincidenze quotidiane e delle informazioni di cui viene in possesso, attraverso lo studio, il lavoro e il travaso di dati che, da generazioni, avviene dai genitori ai figli, in un perpetuo gioco del telefono senza fili. E’ frutto poi dei confronti di questi dati con la sua esperienza, che li rafforza, li demolisce o semplicemente li aggiorna.
Questione di fiducia
E’ il gioco della vita, ce lo insegnano ancora alle elementari, quando ci spiegano il metodo scientifico di Galileo, che si mette a formulare ipotesi e a dimostrarle. Usiamo il verbo sapere, effettivamente, con grande leggerezza: cosa sappiamo, in fondo, noi? Cosa abbiamo ipotizzato e dimostrato? Ben poco, rispetto a quel che diciamo di sapere. Il nostro sapere, spesso, avviene per interposta persona; il processo di apprendimento si svolge in modo rappresentativo, con qualcuno che sperimenta e poi, in seguito, trasmette la sua scoperta “premasticata” a qualcun altro che si fida e la fa sua, come concetto appreso.
Il baratto delle conoscenze
Ma perché ci fidiamo? Perché il tempo è poco, le informazioni sono tante e l’apprendimento è basato sul baratto fiduciario di conoscenze. Il mio meccanico mi dice che il guasto alla mia macchina è dato della cinghia di trasmissione, il mio idraulico mi spiega l’origine dell’infiltrazione e il mio macellaio mi dà il pezzo migliore per la tagliata di questa sera. Io, in cambio, se sono avvocato, consiglio al meccanico cosa fare per quella lite di vicinato. Se sono insegnante, probabilmente, insegno al figlio dell’idraulico a contare e se sono medico suggerisco al macellaio una cura per quel mal di schiena insistente. E’ tutto qui: se voglio sopravvivere, devo delegare, decidendo di pagare gli altri per ricevere informazioni che io non ho tempo di acquisire.
Alle origini dei movimenti No Mask
Nella storia, però, oggi più che mai, sembra pressante l’urgenza di negare anche i più basilari concetti acquisiti con il meticoloso studio delle scuole elementari. Insomma, pare che intere categorie di persone si siano stufate di delegare e vogliano occuparsi personalmente delle informazioni che ricevono: la loro priorità è approfondire, nel senso di sconfessare quanto normalmente dato per acquisito.
Colpa di Internet? Apparentemente no. Il negazionismo nasce molto prima: basti pensare che nel 1918, durante l’epidemia dell’influenza Spagnola, oltre un secolo prima della nascita di Facebook, nacque la prima forma di movimento no mask. Nella formazione convivevano due fronti: quelli secondo cui le misure di prevenzione calpestavano i diritti costituzionali e i moderati, che credevano nella pericolosità del virus ma non nell’efficacia delle mascherine.
Negazionismo e complottismo
Il negazionismo e il complottismo sono due estremi della stessa mancanza di fiducia negli altri. Nella prima corrente, si arriva alla semplificazione assoluta di un fenomeno complesso, dicendo, semplicemente, che non esiste. Nel complottismo, invece, a essere particolarmente seducenti sono le teorie alternative più elaborate rispetto alle versioni ufficiali. Insomma: non può esistere una pandemia nel 2020, deve esserci sotto qualcosa d’altro. Oggetto di complottismi e negazionismi sono necessariamente eventi che impressionano l’opinione pubblica, come la morte improvvisa di un personaggio famoso o gli attentati terroristici. Oggi, su questi ultimi, si possiede anche una mole impressionante di dati, registrazioni, audio e video che, se incrociati, possono prestare il fianco alle ricostruzioni più fantasiose.
Internet è solo la cassa di risonanza
Il Novecento, costellato da eventi e scoperte impressionanti, è stato solo successivamente il secolo di Internet, come cassa di risonanza del complottismo. Si appare certamente i più informati, i più aggiornati o, più semplicemente, i più squinternati. Alle cene di famiglia, si inizia a dire che l’Olocausto, in fondo, non è stato poi tutto quel che raccontano. I commensali si dividono negli Yes Men, quelli che ascoltano pendenti dalle labbra, futuri proseliti delle teorie più strampalate, e quelli che invece si concentrano, imbarazzati, sul contenuto del piatto, desiderosi di arrivare quanto prima a fine della cena, magari con la fedina penale ancora intonsa.
Il negazionismo sull’AIDS
Nel 2003, ad esempio, il giudice sudafricano Edwin Cameron, affetto da AIDS, parlò dei negazionisti dell’HIV e dell’Olocausto.
“Per i negazionisti le verità sono inaccettabili. Giustificano idee radicali e che vanno in controtendenza rispetto alle prove schiaccianti confermate da esperti laici. Per fare ciò distorcono la realtà, affermano mezze verità, dichiarano falsità su ciò che asseriscono i loro avversari, e cambiano il loro modo di pensare così come le loro idee quando fa a loro comodo”.
Una strategia spesso utilizzata dai negazionisti è l’incompletezza intrinseca della statistica. Come a dire che cento, mille, un milione di casi analizzati non saranno mai tutti i casi presenti nel mondo. Un po’ come avviene con gli effetti collaterali dei bugiardini: su molte assunzioni, c’è sempre un caso piccolo che sballa la statistica e presenta effetti indesiderati. Il problema quindi, nel negazionismo, non sono i dati, ma la lettura che si fa degli stessi, che spesso è più subdola e sottile e che si traduce nel mettere in relazione cause con effetti che la maggior parte degli studiosi vedono come scollegati.
Il negazionismo come tattica retorica
Lo scienziato e medico Mark Hoofnagle ha definito il negazionismo come l’utilizzo di semplici tattiche retoriche, per dare un’impressione di legittimità alla discussione. E’ insomma una discussione in cui il negazionista si mette alla pari rispetto al professionista e cerca di maneggiare il dato comune a entrambi con degli strumenti che, il più delle volte, non possiede. Anche il prof. Burioni è dello stesso avviso e si scaglia con opinioni molto forti nei confronti degli antivaccinisti.
Che i vaccini causino autismo è una menzogna. Pura e semplice. Dimostrata come menzogna da centinaia di studi scientifici, dal fatto che le lesioni cerebrali dimostrate negli autistici indicano una insorgenza prenatale della malattia, dal fatto che i segni dell’autismo sono già apparenti ad un occhio esperto che osserva i filmini dei bambini precedenti alla diagnosi (e alla vaccinazione) e da mille altre inoppugnabili evidenze scientifiche. Dire che i vaccini causano l’autismo è insomma una bugia, particolarmente schifosa perché genera in genitori già sfortunati e sofferenti il senso di colpa derivante dal pensare di avere causato, con la vaccinazione, questa malattia che secondo i bugiardi si sarebbe potuta evitare
Le cinque strategie dei negazionisti
Il negazionismo, però, è un mondo variegato e secondo Hoofnagle sono cinque le tattiche che i negazionisti mettono in campo quando discutono.
- Le teorie del complotto, secondo le quali tutto è un disegno cospiratorio mirato a sopprimere la verità, come nel caso di chi dice che le Torri Gemelle siano state abbattute dallo stesso governo USA per crearsi un pretesto al fine di iniziare una guerra.
- Il cherrypicking, letteralmente la selezione di ciliegie. con cui si utilizzano documenti obsoleti e imperfetti, generalmente anomali, per screditare la tesi dominante. Quando si fa loro notare che, ad esempio, l’autore di quello studio è stato sconfessato dalla comunità scientifica, questa è una medaglia al petto del negazionista e non un fattore di scoraggiamento. Il fatto che citino autori e studi ambigui, anzi, è proprio coerente con il coraggio intellettuale che sbandierano contro l’ortodossia di pensiero.
- L’uso di falsi esperti. Medici radiati, pseudoscienziati, giornalisti sconfessati dai fatti sono quindi gli emarginati che cercano, come professionisti audaci messi a tacere dal pensiero dominante.
- La tattica del moving the goalposts (letteralmente “spostare i pali della porta”), cioè chiedere sempre più prove, ignorando quelle precedenti, ritenute insoddisfacenti.
- Altri errori logici, come falsi storici, dettagli numerosissimi e seducenti, con un apprezzamento particolare per l’equivalenza “segreto = inganno”. Informazioni riservate, perché coperte dal segreto professionale o dalla proprietà industriale, sono terreno fertile per le teorie del complotto.
La manifestazione di Roma
Gli argomenti dei negazionisti sono quelli che si sono sentiti negli slogan della manifestazione contro la dittatura sanitaria che si è tenuta a Roma, sabato 5 settembre. Come riporta Il Secolo XIX, le dichiarazioni dei manifestanti sono slogan contro “una politica che distrugge la vita attraverso vaccini, tamponi e limiti alla respirazione”. Si parla in modo fervente di 5G, di libertà, di figli, di Costituzione, di emergenza gonfiata, dei nemici del popolo Soros, Bill Gates, Obama e Clinton. Tutto questo, ovviamente, senza mascherine. Quelle poche presenti sul suolo di Piazza della Bocca della Verità, ironicamente, vengono bruciate a favore di telecamera. Intanto i negazionisti se la cantano e se la suonano, nella loro pittoresca bolla senza pandemia, molto più inquietante, forse, del mondo fuori, che con il virus ci sta facendo i conti.
Elisa Ghidini