Come salvare la democrazia nel bel mezzo della rivoluzione

La rivoluzione francese non è mai stata sinonimo di democrazia. Ce lo dimostrano tutte le teste che, spesso senza motivo, furono fatte cadere in quel periodo, così come la presa del potere da parte di Napoleone con, in omaggio, quindici anni di sanguinose guerre per tutto il continente europeo. Va anche detto che i rivoluzionari avevano quasi paura del concetto di democrazia. Il governo del popolo era temuto quanto richiesto.  Tuttavia, anche se attanagliati da questo timore per il termine e il concetto di democrazia, essi non furono in grado di evitarla o, quantomeno, di ricercarla con costante insistenza. Proprio come continuiamo a fare noi.  Ecco dunque un piccolo elenco di idee che, sorte nell’ambito della rivoluzione francese, potrebbero offrire nuova linfa al dibattito democratico ricordandoci come, già agli albori dell’Ottocento, fosse ben presente il problema relativo al come salvare la democrazia.

La rivoluzione francese

Il contesto:

15 febbraio 1793. Il quarto anno di rivoluzione è appena iniziato. Il re, Luigi XVI  è stato ucciso nell’estate del 92 e la guerra con Inghilterra, Austria e Olanda è da poco entrata nel vivo. Con la morte del re il popolo francese si è schierato a favore della repubblica e viene eletto un comitato di costituzione con il compito di redigere il testo fondamentale della nazione.

A dominare il comitato è l’imponente figura del marchese  Nicolas de Condorcet. Un intellettuale così acuto e brillante che neanche i suoi oppositori, spesso, osano mancargli di rispetto. Un politico e un matematico che si trascina sulle spalle tutta l’eredità dell’illuminismo . Il 15 febbraio 1793 Condorcet si prepara a parlare davanti alla Convenzione Nazionale per descrivere il suo progetto. L’intellettuale ha pensato bene a come organizzare la nazione e il suo pensiero si muove seguendo due direttive principali: la necessità di fermare la rivoluzione per cominciare a ricostruire lo stato; e la consapevolezza che qualsiasi democrazia, per funzionare, deve unire con cura e cautela, a seconda dei casi, la partecipazione diretta e indiretta del popolo.

Condorcet è un moderato, ma prima ancora è un razionalista.  Sa bene che in una rivoluzione tutto ciò che si guadagna può esser perso in un attimo, per ambizione o stupidità. Di seguito leggerete quindi tre punti chiave del progetto condorcettiano che, come già accennato, potrebbero offrire una nuova panoramica su cosa sia la democrazia e su come evitare che essa degeneri.

Il marchese di Condorcet

1 – La pena di morte:

Si potrebbe credere che non ci sia alcun bisogno, nel 2019, di parlare di pena di morte. Basta fare però un giro su Facebook per accorgersi di come essa sia richiesta e voluta da una parte della popolazione. Nel progetto condorcettiano la pena di morte è abolita se non per i crimini contro lo stato. I motivi che portano l’intellettuale a una decisione simile sono piuttosto basilari e difficilmente attaccabili:  è impensabile richiedere ad un uomo di non difendere la propria vita. Il potere dello stato di mettere a morte i propri cittadini genererebbe, dunque, nel cittadino, il diritto alla difesa contro lo stato.  Condorcet, da ottimo illuminista, pone quindi il diritto alla vita in un ambito pre-statale.

In seconda istanza Condorcet sa bene che la pena di morte può trasformarsi in arma politica. Il confine tra i criminali e i nemici del potere è sempre molto labile. Nessuno può assicurarci un utilizzo non strumentale del potere di uccidere. A riprova di questo, un anno dopo la presentazione del progetto costituzionale, nel 1794, Robespierre prenderà il potere inaugurando il periodo del terrore, che ha reso famosa la rivoluzione francese per l’uso incondizionato e politico della ghigliottina. Lo stesso Condorcet, nel cercare la fuga, sarà riconosciuto e ucciso.

2 – La revisione costituzionale:

Chiunque affermi che la costituzione di uno stato non debba essere mai toccata, purtroppo, sbaglia senza ombra di dubbio. La costituzione è la rappresentazione dei valori fondativi di una nazione. I valori però, anche se fondativi, sono portati per loro stessa natura a variare nel tempo. Poiché sono proprio i “tempi” e la società a definirli. Alla luce di questo ragionamento Condorcet propone l’obbligo, ogni vent’anni, di un referendum costituzionale. Il referendum avrebbe come oggetto la possibilità di convocare un’assemblea costituente, con il compito di rivedere e riformare parte della costituzione.

L’intellettuale francese sa bene che gli errori sono sempre possibili. Sa che nessuna costituzione è perfetta.  L’unico modo per tutelare e salvare la democrazia è quello di garantire una revisione costante ai principi fondamentali della nazione.

Roberspierre

3 – La legge elettorale:

Noi italiani sappiamo bene come funziona. Il partito che governa scrive la propria personalissima legge elettorale nella speranza di trovarsi avvantaggiato nella competizione. Viene però rimpiazzato da un nuovo partito che, senza pensarci due volte, si getta immediatamente sulla stesura di una nuova legge elettorale. E così via e così via, fino alla fine dei tempi.

Per salvare la democrazia da questo pericoloso metodo di competizione elettorale, Condorcet, suggerisce di porre la legge elettorale all’interno della costituzione. Una legge elettorale in costituzione sarebbe al riparo da qualsiasi modifica “di partito”. In questo modo sarebbe possibile impedire la creazione di una nuova legge elettorale ogni nuova legislatura. Per modificare la legge si potrebbe solo compiere una riforma costituzionale; un procedimento così complesso e articolato da scoraggiare qualsiasi iniziativa puramente “partitica”.

La fine della storia:

Il progetto di Condorcet non viene accettato. I rivoluzionari lo ritengono troppo complesso, moderato e astratto. Bisogna in effetti riconoscere che il progetto è difficilmente applicabile ma resta in ogni caso un ottimo trattato di filosofia politica. Un trattato in cui si lotta per la difesa della democrazia quasi senza nominarla. Pochi mesi più tardi un nuovo progetto sarà presentato da Herault de Séchelles, a capo di un nuovo comitato. Il testo riprenderà in più parti l’opera di Condorcet con il solo pregio aggiuntivo della sua semplicità. La costituzione però avrà vita breve poiché, come accennato, Robespierre prenderà presto il potere trascinando la rivoluzione nella sua forma degenerativa più temibile: il terrore. Condorcet ha fallito. Non è riuscito a salvare la democrazia.

 

Andrea Pezzotta

 

Exit mobile version