900 milioni di elettori, 8mila candidati, 2mila partiti in lizza. E ancora: 543 seggi uninominali, 4 milioni di supporti per il voto elettronico, 7 fasi di voto per una spesa stimata di 10 miliardi di dollari. Sono questi alcuni degli impressionanti numeri relativi alle operazioni di voto più imponenti della Terra: le elezioni in India.
Dall’11 aprile scorso e fino al 19 maggio, la popolazione indiana è coinvolta nel rinnovo del Lok Sabha, uno dei due rami del parlamento di Nuova Delhi. Cinque delle sette fasi di voto per le elezioni in India si sono già svolte, mentre le ultime due sono fissate per il 12 e il 19 maggio. Si attenderà poi il 23 maggio per procedere al conteggio elettronico dei voti e alla diffusione dei risultati.
A darsi battaglia sono principalmente il partito Bharatiya Janata (BJP) del primo ministro Narendra Modi, dato per favorito, e l’Indian National Congress (INC) di Rahul Gandhi. Quest’ultimo punta a risollevarsi dalle elezioni del 2014, quando ha vinto solo 44 seggi. Nella precedente chiamata al voto, la metà degli elettori ha votato comunque per un partito diverso dal BJP o dal Congresso. Si trattava essenzialmente di movimenti regionali o basati sulle caste, risultati poi fondamentali per la formazione delle alleanze parlamentari.
Come si fanno votare 900 milioni di persone?
Nel video, alcune delle impressionanti immagini relative all’intenso lavoro della commissione per le elezioni in India
Secondo le fonti ufficiali, quest’anno saranno chiamati a votare 84 milioni di persone in più rispetto alle ultime elezioni del 2014. I giovani per la prima volta al voto sono 15 milioni, mentre i seggi sono circa 930 mila in tutto il paese. Circa 270.000 paramilitari e 2 milioni di persone facenti capo alla polizia di stato stanno vigilando invece sulla sicurezza e sulla trasparenza delle operazioni di voto.
Le regole per le elezioni in India stabiliscono che ci debba essere un seggio elettorale entro 2 chilometri da ogni abitazione. Per queste intense settimane, lo Stato ha quindi reclutato 11 milioni di scrutatori. Inviati nei villaggi più remoti, attraversando ghiacciai, deserti e giungle, si devono assicurare che tutti gli aventi diritto possano votare. Il voto viene registrato mediante supporti elettronici, che saranno poi sincronizzati per il conteggio finale del 23 maggio. Non esistendo votazioni cartacee, persino all’unico abitante della remota foresta nazionale di Gujarat, habitat dei leoni asiatici, è stato garantito un seggio elettorale, completo di macchina per il voto elettronico.
Nello Stato di Assam, gli ufficiali hanno viaggiato con i supporti per le operazioni di voto a bordo di elefanti, mentre nella zona del Kashmir, gli abitanti hanno allestito ponti improvvisati per l’attraversamento dei corsi d’acqua da parte del personale elettorale.
S.Y. Quaraishi, ex capo della Commissione per le elezioni in India, ha dichiarato a marzo: “Lavoriamo da sempre sulla base della legge di Murphy: quello che può andare storto, andrà storto. Perciò dobbiamo essere preparati e avere un piano B, C e D, come si fa da 70 anni”.
L’analfabetismo
In India circa un quarto della popolazione è analfabeta e votare potrebbe rappresentare un problema. Anni fa, un artista ha quindi realizzato su mandato della Commissione elettorale i simboli per ogni partito. Si tratta di immagini semplici ma efficaci, riconducibili alla vita di tutti i giorni: tavoli, spazzolini da denti, ventilatori sono a tutti gli effetti simboli di partito. Esistono dalle prime elezioni libere indiane, tenutesi tra il 1951 e il 1952. In quegli anni solo il 16 per cento dei cittadini sapeva leggere e scrivere ed era quindi inevitabile adottare una soluzione per semplificare l’espressione dei voti.
Il problema principale: la corruzione
La macchina elettorale sembra stia reggendo bene, nonostante alcune difficoltà ampiamente previste. Da metà marzo, infatti, secondo The Economist, le forze di polizia hanno sequestrato mezzo miliardo di dollari in contanti, oro, droga e alcool, con cui i candidati avrebbero tentato di corrompere gli elettori. A proliferare in questo contesto, anche veri e propri intermediari che cercano di mettere in contatto i candidati con gli abitanti dei villaggi più poveri, giudicati più sensibili alle offerte di denaro. E’ sempre The Economist a riportare la notizia del vero e proprio assalto all’ufficio di un partito da parte degli abitanti di un villaggio. Si sono resi conto infatti di essere stati truffati da uno di questi mediatori, colpevole di essersi tenuto molti dei soldi a loro destinati da parte del candidato.
Le regole sulle spese elettorali sono però molto generiche. Non è certo una novità che permettano quindi solo ai più ricchi di tentare la corsa al parlamento. Tra i candidati per le elezioni in India, infatti, si trovano attori, personaggi sportivi, discendenti dalle grandi dinastie, miliardari e anche malviventi. In questo contesto, quasi nessuno si è visto risparmiato da accuse di furto, tradimento e legami con il terrorismo. Il sistema di finanziamento ai partiti indiano, poi, non sembra avere la trasparenza tra le sue priorità. Secondo la legge, i donatori di importi inferiori a 20.000 rupie (equivalenti a 255 euro) possono godere di riservatezza. Nel 2017 governo di Modi ha poi introdotto un sistema di bond elettorali per consentire anche donazioni anonime su larga scala. Di conseguenza, oltre la metà di tutto il reddito dei partiti nazionali in India deriva da fonti sconosciute.
2019: l’anno delle donne?
Il New York Times ha definito il 2019 come l’anno delle donne in India. Dal 1962, l’affluenza femminile alle elezioni per il Lok Sabha è aumentata del 20%, mentre l’elettorato maschile ha visto un incremento del 5%. Le donne costituiscono attualmente il 48% dell’elettorato, ma detengono solo l’11% dei seggi del Parlamento. Dopo alcune simboliche conquiste recenti, alcuni studi ritengono plausibile che l’affluenza femminile possa superare quella maschile in questa tornata elettorale: una svolta che potrebbe rappresentare un problema per i consensi del BJP.
Elisa Ghidini