In questi giorni, a seguito delle proteste per la morte di George Floyd, tra i richieste, cori e slogan, è spuntato un ambiguo “Abolish the police”. Per quanto estremo possa apparire, questo motto è davvero quello che sembra? Per la mentalità europea, frutto di una cultura di un certo tipo, potrebbe suonare infatti come una proposta piuttosto estrema, per non dire pericolosa. Ma la gente vuole davvero impugnare la forca e decidere di risolvere i contrasti per i problemi di condominio finendo a tenere tra le mani la testa mozzata del vicino molesto?
L’immaginario che noi europei abbiamo della polizia statunitense è variopinto. Quando guardiamo qualche film o serie tv, poi, sentiamo parlare di sceriffi, di ranger, di federali o di agenti segreti. In questi giorni, poi, abbiamo sentito parlare spesso di Guardia Nazionale statunitense, ma tutto questo, per noi che viviamo da questa parte dell’Atlantico, va a finire un po’ nel calderone delle forze a disposizione dello stato per mantenere l’ordine e non ci permette di capire bene come funziona la polizia negli Stati Uniti, i rapporti tra le forze in gioco e, soprattutto, le richieste dei manifestanti sull’abolish the police.
Sì, anche qui c’entrano gli schiavi
Iniziamo con una premessa di tipo storico. La polizia negli Usa nasce più o meno negli anni della guerra civile, tra il 1861 e il 1865. Si trattò, all’epoca, dell’ufficializzazione e statalizzazione delle slave patrols. Queste erano vere e proprie pattuglie di persone armate assunte dai proprietari terrieri per vigilare sui territori confederati, alla ricerca degli schiavi in fuga dalle piantagioni verso gli Stati liberi del Nord. Gli schiavi, infatti, erano facilmente riconoscibili per il marchio impresso a fuoco sulla loro pelle da parte dei proprietari. Una volta riacciuffati, quindi, essi venivano restituiti al “legittimo” proprietario.
Una polizia, tante polizie
Lo stato della Pennsylvania è stato il primo a ufficializzare l’adozione di un corpo di polizia, a seguito dello sciopero del carbone del 1902. Nel 1917, invece, nacque la polizia dello Stato di New York e negli anni Venti nacquero anche i corpi degli altri Stati. L’obiettivo era abbastanza semplice: liberare la National Guard, il corpo di riservisti (cittadini che alternano il lavoro per lo stato a un’occupazione civile) tuttora esistente in ciascun stato federato, da alcuni compiti. La National Guard, infatti, tra le altre cose, ha un ruolo anche nelle emergenze di protezione civile e in questi giorni ha risposto alla chiamata del Presidente Trump per tenere a bada i manifestanti ad esempio davanti alla Casa Bianca.
Tornando quindi alla suddivisione della polizia negli Stati Uniti, possiamo fare riferimento principalmente a quattro categorie, che raccolgono circa 800 mila agenti, presenti in 18 mila dipartimenti su tutto lo stato: i federali, gli statali, le autorità della contea, i municipali.
La polizia interna a ogni singolo Stato
La polizia propriamente intesa esercita i suoi poteri solo all’interno di un determinato Stato, al di fuori della giurisdizione della contea dello sceriffo. Gli agenti, chiamati anche “state troopers”, dispongono di una certa autonomia per condurre attività di contrasto alla criminalità e di indagini nel campo del diritto penale. Si pongono dunque in una posizione intermedia tra gli uffici degli sceriffi, con competenza sul territorio di una contea, e le agenzie federali aventi competenza sull’intero territorio statunitense.
La polizia propriamente intesa ha una serie di compiti lunghissima. Si occupa ovviamente del rispetto delle leggi sul traffico su strade statali e autostrade interstatali, di sovrintendere alla sicurezza del governo statale, proteggendo il governatore, e anche della formazione di nuovi agenti per la polizia locale per i comuni troppo piccoli senza una propria accademia di polizia. Fornisce inoltre servizi di supporto tecnologico e scientifico, oltre al coordinamento tra varie giurisdizioni delle forze locali di polizia in casi gravi, in quegli stati membri che concedono poteri di polizia pieni in tutto il loro territorio.
La pervasività
Al di là dei tecnicismi, questa lunga lista di competenze si traduce in una grande pervasività nella vita dei cittadini. Vale a dire che la polizia negli Usa è molto presente nella vita di tutti i giorni. I suoi compiti vanno da banali interventi quotidiani per aver smarrito le chiavi alle richieste di aiuto in veri e propri reati. Il motto “Abolish the police”, quindi, va inserito in questo contesto. In molti, da tempo, chiedono di togliere alcuni compiti dalla sorveglianza delle forze armate. “Abolish the police” per la maggior parte dei manifestanti è una richiesta di diversificazione delle forze dell’ordine a seconda del tipo di bisogno del cittadino. Esattamente come ciò che avviene in Italia e che porta la gravità della situazione ma anche la differenze di competenze a distinguere l’intervento dei vigili urbani da quello dei Carabinieri.
Per qualsiasi tipo di bisogno, infatti, il cittadino si trova di fronte un agente che ha, di norma, il diploma di maturità e un addestramento generico di sei mesi. Un altro dei punti sottolineati dai manifestanti, infatti, è la mancanza di una formazione mirata al fine di disinnescare le situazioni di panico. Questo, in uno stato democratico, sta alla base dell’uso della forza da parte dello Stato. L’intervento della polizia infatti dovrebbe essere mirato ad allentare le situazioni di tensione, ma, spesso, l’arrivo degli agenti è benzina sul fuoco all’interno di un contesto sociale già in bilico.
La militarizzazione
Un’altra questione, poi, riguarda anche la militarizzazione delle forze dell’ordine negli Stati Uniti. Secondo alcuni, l’idea che la polizia debba essere equipaggiata in modo massiccio risale a un retaggio delle guerre condotte nel Novecento, mentre altri attribuiscono l’incremento delle dotazioni alle più recenti campagne contro la droga e il terrorismo. Lo storico Charles Beard, ad esempio, sostiene che il cambiamento culturale durante la Grande Depressione abbia incoraggiato la militarizzazione delle forze dell’ordine, mentre c’è chi sostiene che la creazione di squadre SWAT e unità tattiche all’interno delle forze dell’ordine durante gli anni Sessanta abbia dato avvio a questa tendenza. Le SWAT infatti sono un’altra pagina molto delicata della questione sicurezza negli Usa.
La questione SWAT
Si tratta di corpi speciali che solitamente si occupano di missioni ad alto rischio, come operazioni antiterrorismo, salvataggio di ostaggi e antisommossa. Hanno dipartimenti sia a livello dei singoli stati sia a livello federale. E sono dotate di armi molto specifiche, come mitragliatrici, gas lacrimogeni, granate, fucili di precisione ovviamente nelle mani di tiratori scelti. Non essendo la SWAT un unico corpo speciale, ma piuttosto un insieme di piccoli nuclei indipendenti nella maggior parte dei dipartimenti di polizia, il tipo di equipaggiamento cambia a seconda del budget a disposizione per ogni dipartimento dove una squadra SWAT è distaccata.
Negli ultimi anni, comunque, l’uso di attrezzature e tattiche militari per ragioni di ordine pubblico è sempre più discusso e in molti lamentano l’uso delle SWAT in situazioni di non reale emergenza. L’arrivo di queste squadre, in alcuni casi, complica addirittura le tensioni già esistenti, come avvenuto nel 2014 a Ferguson, in Missouri. Nel 2015, anche in conseguenza dell’accaduto, Obama ha imposto una stretta sul trasferimento di equipaggiamento militare alla polizia. Nel 2017, manco a dirlo, l’amministrazione Trump ha annunciato di aver ripristinato i rifornimenti.
Il curriculum di Biden sulla militarizzazione della polizia
Mentre le idee di Trump in proposito sono abbastanza chiare, non tutti gli elettori antirepubblicani trovano nella figura di Joe Biden una risposta alle loro istanze. L’ex senatore del Delaware, infatti, ha una posizione piuttosto controversa in materia, soprattutto tra i giovani elettori afroamericani, a causa di alcune scelte passate. Biden nel 1994 è statoinfatti tra i principali promotori della Violent Crime and Law Enforcement Act.
Questa legge, nota anche come Crime Bill, ha portato a un incremento di 100 mila unità per le forze di polizia, oltre a corposi investimenti nel sistema carcerario e per le forze dell’ordine in generale. E questo, per una categoria di elettori anti Trump, rende Biden comunque una figura incredibilmente poco distante dalle posizioni dell’attuale presidente.
Il Justice in Policing Act: una riforma possibile?
Il 1994 per noi e per Biden, comunque, è stato 26 anni fa. Il contesto in cui si muovono i Democratici è cambiato, così come si è fatta più urgente l’esigenza di recuperare credibilità anche nella fascia più socialista e più vicina alla figura di Bernie Sanders, ad esempio. Giusto la settimana scorsa i Democratici hanno annunciato una riforma federale, che quindi riguarderebbe tutti gli Stati, per perseguire i poliziotti accusati di condotta violenta. Nel sistema statunitense, infatti, è possibile essere riassunti in un altro Stato per molti poliziotti “licenziati” da un dipartimento, senza che nessuno chieda nulla. La riforma riguarderebbe anche alcune pratiche molto contestate, come ad esempio la famigerata choke hold (la presa per il collo) o l’ingresso in una proprietà senza suonare il campanello (no knock warrant) possibile oggi a certe condizioni.
E poi ancora: restrizioni sugli strumenti militari a disposizione della polizia, corsi di aggiornamento e riduzione delle mansioni. Tra i compiti da depennare dagli impegni della polizia ci sarebbe la gestione di alcuni problemi particolarmente delicati. Per citarne alcuni: la gestione dei tossicodipendenti, dei senzatetto o delle persone con problemi mentali, che Biden vuole affidare a una rete più strutturata di specialisti e assistenti sociali. E’ però improbabile che la legge, chiamata Justice in Policing Act, diventi realtà, soprattutto al Senato. Incontra infatti i favori dei Repubblicani più moderati, ma molti conservatori vogliono lasciare la competenza ai singoli Stati sulla questione.
Aumentare la polizia o aumentare l’assistenza?
A qualsiasi latitudine, però, la panacea di tutti i mali sembra l’aumento della polizia. Dire che è solo Salvini a riempirsi la bocca con politiche di rinforzo delle forze dell’ordine è infatti parecchio ipocrita. La soluzione di pancia è sempre la stessa: i cittadini hanno paura di una categoria di persone? Aumentiamo la polizia. Moltiplicare all’infinito il numero di agenti, quindi, astrattamente secondo molti politici è l’unico modo per prevenire la criminalità.
Il problema, anche qui, è relativo alle risorse e al razzismo o classismo sistemico.
Se certe fasce sociali de facto emarginate non hanno accesso a percorsi ad hoc basati sull’integrazione è facile che accedano al mondo dell’illegalità, passando per la strada della microcriminalità. Per farla breve: se investo sulla scuola, intercetto il bambino prima che diventi criminale. Se investo sulla polizia, invece, intercetto l’adulto che, ormai, criminale lo è già diventato. C’è solo un piccolo problema: fare una scelta di questo tipo è molto impopolare. E quando le cose sono impopolari, beh, sapete come va a finire.
Elisa Ghidini