Il cinema ha proposto spesso scenari negativi di repressione politica o di violenza. A volte invece, ha esasperato le differenze economiche e sociali. Così, nella lotta di classe immaginata dai film distopici, vediamo i protagonisti tentare di capovolgere il sistema, eliminando le discriminazioni.
Lo sfruttamento del proletariato
Il film muto Metropolis, del 1927, simbolo del cinema espressionista, è il capolavoro in bianco e nero del regista tedesco Fritz Lang. L’opera è profetica per il suo tempo, poiché il tema narrativo della distopia si diffonderà maggiormente a partire dagli anni ’40, in aperta critica con i regimi totalitari.
La vicenda è ambientata nel 2026, in un futuro che vede l’accentuarsi delle divisioni classiste. Metropolis è una città in cui un gruppo di ricchi industriali costringe al continuo lavoro forzato la classe proletaria. Il protagonista e salvatore è Freder, figlio dell’imprenditore e dittatore Joh Fredersen. Sconvolto dall’orrore e la brutalità della società instaurata, decide di far cambiare le cose. Così, il giovane si avventura nei sobborghi operai e si finge un lavoratore, per provare in prima persona la fatica e lo straniamento del lavoro operaio. Nonostante i tentativi di manipolazione da parte del padre, i lavoratori si ribelleranno, danneggiando le fabbriche, simbolo della loro sottomissione. Freder sarà, però, mediatore dell’intesa tra suo padre e gli operai, ripristinando pace e armonia.
Metropolis propone la lotta di classe come conflitto tra sfruttati e sfruttatori di marxiana memoria.
La discriminazione genetica
La lotta di classe immaginata dai film distopici non sempre è, in senso stretto, la contrapposizione tra ricchi e poveri. In Gattaca – La porta dell’universo, del 1997, diretto da Andrew Niccol, la società è divisa in due categorie: validi e non validi. In questo futuro ipotetico, la procreazione è artificiale. Attraverso la selezione di cellule embrionali dei genitori è possibile far nascere esseri umani con un corredo genetico perfetto. A questi, sono riservati i più alti ruoli della società. Alle persone nate in modo naturale, invece, sono destinati i lavori più umili.
Protagonista è Vincent, interpretato da Ethan Hawke, che, per scelta dei genitori, non è nato in laboratorio e sogna di diventare un astronauta. Nonostante la sua intelligenza, una patologia cardiaca lo fa etichettare come “non valido”. Trova, però, un modo per eludere il rigido sistema di regole, comprando l’identità di un’altra persona.
Appartenevo a una nuova sottoclasse, non più determinata dal livello sociale o dal colore della pelle; no, ora la discriminazione è elevata a sistema.
Vincent Freeman – Gattaca – La porta dell’universo
I ricchi e l’immortalità
Andrew Niccol dirige un altro film distopico che tratta il tema della lotta di classe, In Time, del 2011.
Nell’anno 2169, le persone sono geneticamente programmate per non invecchiare. All’età di 25 anni, il timer sul braccio di ogni persona si attiva con un conto alla rovescia di un anno, al termine del quale l’individuo muore all’istante. Il limite può essere esteso con il denaro e la valuta corrente è proprio il tempo. Il lavoro, le necessità e i beni di lusso vengono pagati attraverso il tempo accumulato nei timer. Proprio per questo, la società risulta essere squilibrata: i ricchi possono vivere per sempre, gli altri cercano di negoziare giorno per giorno la loro sopravvivenza.
Il protagonista del film è Will Salas, interpretato da Justin Timberlake, che vive nella zona più povera e degradata, chiamata “il ghetto”. Will, stanco di questo sistema e disperato per aver perso la madre, metterà in atto il piano di rapinare le “banche del tempo” per distribuirlo ai poveri, in stile Robin Hood. Il milione di anni distribuito ai poveri scatena un esodo dalla zona 12 alla zona più ricca, sovvertendo l’ordine stabilito e mandando nel caos il sistema, proprio come Will voleva.
La lotta per la sopravvivenza
Snowpiercer, del 2013, segna il debutto cinematografico in lingua inglese del regista sudcoreano Bong Joon-ho, meglio noto per aver vinto quattro premi Oscar nel 2020 con Parasite.
La storia è ambientata nel 2031; a seguito di un’era glaciale, i sopravvissuti vivono all’interno di un treno, lo “Snowpiercer”, che continua a spostarsi intorno alla Terra. Ciò che resta dell’umanità è diviso in classi sociali: i più poveri vivono nelle ultime carrozze, in pessime condizioni di igiene e scomodità. Curtis, il protagonista, interpretato da Chris Evans, decide di ribellarsi e condurre una rivolta fino alla testa della locomotiva, dove i ricchi vivono nel lusso.
Le riflessioni che derivano da questi film sono diverse.
Un esempio, è che Niccol potrebbe intendere il nostro presente come un mondo in cui il capitalismo ha ridotto l’uomo a merce e in cui, letteralmente, il tempo è diventato denaro, un mondo in cui le divisioni socioeconomiche esistono e potrebbero addirittura peggiorare, a scapito della vita stessa.
Da notare, inoltre, che la collocazione spaziale in base alle divisioni sociali è simbolica e rappresentativa in questi film: dall’alto in basso in Metropolis, dalla periferia al centro in In Time, dalla coda alla testa del treno in Snowpiercer.
Martina Bonanni