Come cambia la prostituzione durante una pandemia

cambia la prostituzione

Da ormai più di un anno il mondo del lavoro non è più lo stesso. La regola vale anche per i sex-workers

La pandemia ha innegabilmente cambiato il volto dell’occupazione, ma la novità non riguarda solo albergatori, ristoratori o estetisti. Come cambia il lavoro, infatti, cambia anche la prostituzione, realtà già di per sé precaria.

Lo sfruttamento sessuale della prostituzione

Le statistiche diffuse nel 2019 da Save the Children riguardo lo sfruttamento sessuale in Italia parlano chiaro: su dodici ragazze coinvolte nel fenomeno una è minorenne, mentre il 5% delle vittime ha meno di 14 anni. La nazionalità delle giovani sono perlopiù nigeriana, ivoriana e tunisina; le regioni più interessate, invece, sono la Sicilia, la Liguria e la Campania.

L’atto di prostituzione, ricordiamo, non è considerato illegale nel nostro Paese, se esercitato secondo determinate dinamiche. La linea oltre la quale si cade nei cosiddetti “atti osceni in luogo pubblico” è sottile, e qualsiasi implicazione di soggetti minorenni è ovviamente vietata. Ma la prostituzione è soprattutto priva di una regolamentazione che tuteli chi ne trae una retribuzione ogni giorno, proposta che era stata avanzata due anni fa dal Consiglio regionale del Veneto. All’iniziativa si era espresso favorevole anche il leader della Lega Matteo Salvini:

Io continuo a ritenere che si debba togliere alle mafie, alle strade e al degrado questo business, anche dal punto di vista sanitario. Per me il modello austriaco è quello più efficiente.

Con il Covid-19 il volto della prostituzione cambia

Parallelamente alla diffusione del virus, l’attività è stata costretta ad adeguarsi all’impossibilità di operare come suo solito. Ad infierire non solo la chiusura dei territori, ma anche le norme restrittive riguardanti le saune, le sale massaggi, gli hotel.

Inevitabile, quindi, lo spostamento su piattaforme online come Onlyfans, sito che nel 2020 è arrivato a registrare 500 000 nuovi utenti al giorno. Ma se la prostituzione “su schermo” salvaguarda da abusi fisici, i pericoli che si possono percorrere su internet non sono certo da meno. Uno dei rischi a cui si va incontro iscrivendosi a questo tipo di siti è quello di finire vittima di doxing, ovvero la pratica di  diffondere pubblicamente online informazioni personali.

È tuttavia frequente che la prenotazione in rete preveda un successivo contatto in strada, in un locale o addirittura nell’abitazione dell’offerente, che si trova in balia delle fake news su presunte immunità di origine etnica e delle informazioni errate riguardo i dispositivi di contenimento del contagio. Anche in questo caso il fenomeno non risparmia le giovanissime, vittime di coercizione e talvolta tortura.

La richiesta di materiale pedopornografico è inoltre aumentata fino al 30% in alcuni Stati dell’Unione Europea.

Questi, probabilmente, i pretesti che la scorsa estate convinsero la senatrice Alessandra Maiorino a denunciare il sito di incontri EscortAdvisor, nell’idea di abolire la prostituzione “come si fece con la schiavitù”. E i clienti?

Che si arrangino. Non è un dovere dello Stato garantire prestazioni sessuali a pagamento per i suoi cittadini.

Ci troviamo quindi davanti a un bivio: regolamentare e tutelare la prostituzione o soffocare il fenomeno come si può?

Certo è che urgono provvedimenti nei confronti di una realtà in continuo cambiamento, ma che non gode ancora di alcun miglioramento.

Katherina Ricchi

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