Lo studio della fisica nucleare e lo sviluppo delle AI sono la nuova frontiera per lo sviluppo di strategie create ad hoc per combattere la siccità e contrastarne gli effetti.
Nel 2018, Cape Town ha ottenuto un triste primato: essere la prima grande metropoli del mondo a rimanere quasi senza risorse di acqua potabile disponibile.
Ormai di siccità si sente parlare quasi quotidianamente, con dati allarmanti: desertificazione della Namibia, che vanta una carenza di piogge dal 2011 in vaste zone; animali spiaggiati, rimasti intrappolati da secche improvvise. Circa 700 bambini muoiono ogni anno a causa del consumo di acqua infetta e il dato è destinato ad aumentare.
Nella giornata mondiale dedicata all’acqua, celebrata lo scorso 22 marzo, più di 60 paesi hanno canalizzato l’attenzione del pubblico alle problematiche connesse alla carenza di fonti potabili e alle strategie per combattere l’imperante siccità.
Il triste primato però è detenuto dal continente africano: il 32% della popolazione subsahariana non ha accesso a fonti di acqua potabile.
Le conseguenze economico sociali del fenomeno sono devastanti. In primo luogo, la popolazione di aree soggette a desertificazione è costretta a migrare in territori dove l’approvvigionamento idrico è più sicuro.
Il flusso dei “migranti dell’oro blu” si aggiunge dunque alle migliaia di persone che annualmente si spostano, fuggendo da realtà al limite della sopravvivenza.
In secondo luogo, il costo totale dell’insicurezza delle risorse idriche sull’economia globale è stimato in 500 miliardi di dollari all’anno. All’incirca l’1% del prodotto interno lordo globale.
Ma non parliamo di un’emergenza contestuale temporanea. Al ritmo di crescita odierno, con la necessità di sostenere ritmi tecnologici sempre più serrati, il fabbisogno medio di acqua crescerà costantemente, all’incirca del 30% entro i 2050.
L’anno scorso, la popolazione mondiale ha esaurito le risorse disponibili nel giro dei primi sei mesi del 2018. Significa che andiamo a credito del nostro pianeta per i seguenti sei.
A livello energetico, minore disponibilità idrica si traduce in un più elevato rischio di blackout. Secondo gli ultimi report, molti impianti termoelettrici funzionano con il 4% dell’acqua necessaria, ben al di sotto della soglia del 15-20% utile per non causare massicce interruzioni dell’energia elettrica.
Ovviamente esistono soluzioni alternative: il raffreddamento ad aria o ad acqua marina desalinizzata, così come l’investimento in risorse a bassa produzione di CO2, dal fotovoltaico all’eolico. Ma parliamo di investimenti costosi nel settore energetico, che dovrebbero essere sostenuti a livello globale, facilitati da una cooperazione multistato.
Nel caso di Cape Town, la situazione è diventata critica quando i livelli di acqua potabile nelle dighe sono scesi sotto il 20%.
Scienziati e ricercatori hanno iniziato ad applicare le conoscenze in campo di fisica nucleare per meglio capire e, di conseguenza, canalizzare le risorse idriche.
Secondo la Dott.ssa Jodie Miller, della Stellenboch University, “l’idrologia isotopica è uno strumento facile e veloce per ottenere informazioni essenziali di prima mano per meglio comprendere come si comporta il sistema di falde acquifere sotterraneo”.
Analizzano le molecole di acqua, si possono determinare i fattori di rischio per le sorgenti, analizzando i movimenti e le percentuali di disponibilità dell’acqua a grandi profondità.
Lo sviluppo a tecnologico diventa un’arma fondamentale per coadiuvare la ricerca scientifica: lo studio delle AI viene considerato un efficace strumento per l’arginamento dei cambiamenti climatici.
Durante il summit sull’utilizzo delle AI, in corso a Ginevra, il Segretario Generale dell’Organizzazione Mondiale Meterologica, Petteri Taalas, afferma che le AI non solo sono monitor efficaci dei fenomeni climatici estremi, ma permettono l’analisi di dati volti migliorare l’efficacia dei metodi di prevenzione volti a combattere la siccità.
Scienza e tecnologia combinate possono aumentare l’efficacia dei mezzi di contrasto ai mutamenti climatici, ma alla base deve permanere un meccanismo di cooperazione inter-stato, per sostenere i costi di ricerca e sviluppo e splittare le risorse.
Chiara Nobis