Coltivazione di oppio in Myanmar: +33% nel 2022

La coltivazione di oppio in Myanmar cresce del 33% nel 2022 mentre il Paese è teatro di un aspro conflitto civile

A distanza di due anni dal colpo di stato militare che ha interrotto il processo di transizione democratica del paese, il Myanmar si trova in una situazione politica compromessa. Mercoledì 1 febbraio la giunta militare ha prorogato lo stato di emergenza per poter continuare a reprimere le manifestazioni di dissenso all’interno del Paese. Dopo il golpe del 2021, gli attivisti e i manifestanti hanno costituito le Forze di difesa del popolo, un’organizzazione armata di resistenza. La coltivazione di oppio in Myanmar, in questo difficile contesto, è cresciuta del 33% nell’ultimo anno, secondo lo United Nations Office on Drugs and Crime  (UNODC). I coltivatori infatti, costretti dalla crisi economica e politica, hanno convertito parte della loro produzione agricola in oppio, molto più redditizio. Il Myanmar si attesta così come il secondo produttore mondiale, dopo l’Afghanistan.

Myanmar

I dati dell’UNODC sulla coltivazione di oppio

Sono 40.100 gli ettari di terreno adibiti alla coltivazione di oppio nel 2022, secondo le stime sul Myanmar dell’ufficio ONU. La crescita del trend di produzione, verificatasi sia nel 2021 che nel 2022 (con una differenza in positivo del 33% tra le due annate), è in contrasto con la situazione di decrescita iniziata nel 2014 e terminata nel 2020.

L’oppio prodotto lo scorso anno si attesta intorno alle 800 tonnellate (20 kg per ogni ettaro, in media). Gran parte del prodotto nazionale (39% circa) viene coltivato nello stato dello Shan, nel sud-est del Paese. Oltre il 60% dell’oppio coltivato viene esportato (i principali beneficiari del prodotto grezzo sono Cina e Vietnam), il resto si divide in consumo interno e guadagno per i contadini che lo coltivano.

Gli sconvolgimenti nell’economia, nella sicurezza e nella governance, conseguenze dirette della presa di potere da parte dell’esercito nel febbraio 2021, si sono sommati e i contadini delle aree remote dello Shan settentrionale e degli Stati di confine, aree

spesso soggette a conflitti, non hanno avuto altra scelta se non quella di tornare a coltivare l’oppio.

Questo ha dichiarato Jeremy Douglas, rappresentante locale dell’UNODC.

Oppio: caratteristiche e utilizzi

In natura, l’oppio si ricava dal papaverum somniferum non ancora fiorito, una pianta erbacea presente in molte zone del pianeta a clima temperato. Le infiorescenze del papaverum  se recise producono una sostanza lattiginosa dalle proprietà psicoattive. Gli oppiacei possono anche essere di origine artificiale (oppioidi prodotti in laboratorio – sintetici o semisintetici).

L’oppio ha specifiche qualità analgesiche, infatti da esso si ricavano farmaci fondamentali per la cura del dolore cronico o di origine tumorale: morfina, fentanyl, ossicodone, codeina, metadone, tra tutti. Dall’oppio si ottiene anche l’eroina, che, secondo l’UNODC, insieme agli altri oppioidi (legali e illegali) costituisce circa il 20% del mercato globale di stupefacenti.

La situazione attuale in Myanmar

Il Paese è in mano a una giunta militare dal colpo di stato del febbraio 2021. Da quel momento, infatti, il generale Min Aung Hlaing, ex ufficiale di fanteria e capo delle forze armate birmane dal 2011, ha assunto il ruolo di capo del governo, controllando de facto l’intera nazione. I militari hanno preso il potere utilizzando la violenza e la Costituzione. Proprio così, essi hanno usufruito di alcune prerogative che si erano riservati all’interno della Carta fondamentale stilata nel 2008: il possesso di 1/4 dei seggi del Parlamento, indipendentemente dai risultati elettorali, e il controllo di alcuni ministeri strategici, per esempio.

Dal momento del golpe, i militari hanno arrestato tutti i principali oppositori politici, tra i quali Aung San Suu Kyi, leader della Lega nazionale della democrazia  e Premio Nobel per la pace, condannata a oltre 30 anni di carcere. Il suo partito era l’effettivo vincitore delle elezioni di fine 2020, contestate dall’opposizione militare per presunti brogli (mai avvenuti, in realtà). La giunta militare ha fin da subito utilizzato il pugno duro contro le proteste, pacifiche e non, sorte in tutto il Paese. Si stima che in questi due anni siano stati uccisi circa 3000 civili e arrestati migliaia di attivisti e manifestanti resistenti. Il regime ha persino fatto ricorso ad attacchi aerei per far desistere i ribelli.

Diversi governi esteri, tra cui l’Unione Europea, hanno imposto dure sanzioni a persone e aziende connesse con la giunta militare birmana. Tra le sanzioni rientrano per esempio l’embargo sulla vendita di armi, il congelamento di conti bancari, il divieto di vendita di materiale “dual use” o il divieto di qualsiasi forma di cooperazione militare. Per questi e altri motivi (come gli strascichi della pandemia), il Myanmar, un tempo tra i paesi che dovevano guidare la crescita economica nel sud-est asiatico, si trova ora in uno stato di profonda crisi economica, con basse prospettive di crescita. Proprio questa crisi ha incentivato l’attuale produzione di oppio nel Paese.

Luca Oggionni

 

 

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