Se son rose fioriranno.
Non si piacevano e lo hanno dichiarato un milione di volte: si sono accusati reciprocamente di inciucio, incapacità, egoismo e persino di fascismo ma poi, alla fine, Forza Italia, Partito Democratico e Movimento 5Stelle paiono aver trovato romantica intesa davanti al “piatto tedesco”, un sistema elettorale che come un deus ex machina dovrebbe salvarci dall’indecisione, portarci alle elezioni e garantirci la governabilità.
E il Rosatellum? Un punto di partenza, da emendare e correggere su modello tedesco, qualora si abbia una concreta intesa (e i numeri in Parlamento, soprattutto). Arriva proprio dal Movimento 5Stelle l’idea di guardare all’efficentissima Germania, per anni accusata di voler dettare legge all’intera Europa ed oggi invece diventata modello da seguire (pare) per quanto riguarda la governabilità e la democrazia: la base degli elettori a cinque stelle ha votato positivamente sulla piattaforma online, non prima di aver ricevuto il benestare dai piani alti, e quindi la proposta è partita ufficialmente.
Prima un incontro tra PD e FI e poi, ieri, un breve scambio tra i capigruppo democratici e del Movimento, un incontro “serio” com’è stato definito dagli stessi partecipanti, tra cui Roberto Fico e lo stesso Ettore Rosato.
Com’è il sistema tedesco. Di fatto, il sistema elettorale tedesco è un proporzionale puro, con una soglia di sbarramento al 5%. Ciascun elettore tedesco vota due volte: il primo voto serve a scegliere un candidato all’interno del proprio collegio (chi prende più voti vince), con il secondo voto sceglie il partito e questo secondo voto è il più importante perché determina la percentuale di seggi che un partito, quindi una corrente, deve avere all’interno del Parlamento (20% di voti comportano 20% di seggi). La particolarità del sistema tedesco è che i voti dati al singolo candidato si traducono in seggi in ogni caso, anche se grazie a quei candidati il partito di riferimento finisca per superare la soglia proporzionale stabilita con il secondo voto; in questo caso anche tutti gli altri partiti riceveranno dei deputati in più, in modo che la proporzione tra le forze politiche resti invariata. Un sistema complesso, quindi, ma anche molto efficiente che è di fatto possibile perché la Germania non ha un numero fisso per i parlamentari: i seggi totali variano di elezione in elezione.
E in Italia? Nel nostro Paese il numero di parlamentari totali è fisso, questa è la maggiore differenza di cui tenere conto qualora si voglia “importare” il sistema elettorale tedesco: in questo caso, occorreranno delle correzioni; Beppe Grillo in questo senso propone una prevalenza della quota proporzionale e l’introduzione di un premio di maggioranza, che tuttavia non trova riscontro in nessun altro sistema simile in tutto il mondo.
Matteo Renzi è ben disposto, quindi, ad accogliere le istanze dei partiti ed orientare il Rosatellum verso una correzione “alla tedesca” ma rimane fermo sulla necessità che vi sia uno sbarramento al 5% . Proprio la soglia di sbarramento è quella che scatena le polemiche maggiori, da più parti; secondo Sinistra Italiana e AP di Angelino Alfano sarebbe una soglia di sbarramento troppo alta. Sebbene una soglia di sbarramento inferiore, numeri alla mano, porterebbe qualche rischio per la governabilità, le considerazioni dei partiti minori (sebbene non scevre di interesse personale) non sembrano poi così peregrine: secondo i sondaggi, i partiti minori, dalla fascia sinistra al quella destra dell’arco costituzionale, sarebbero depositari di circa il 13% dei voti totali; escluderli vorrebbe dire negare rappresentanza in Parlamento a circa 6 milioni di Italiani, una cifra pari a 6 volte la città di Milano: un numero che parrebbe troppo grande da liquidare, in un regime democratico, persino in nome della governabilità. Ecco perché avanzano proposte di riduzione della soglia al 4 o al 3%.
Il sistema tedesco produrrà in Italia, così come già accade in Germania, governi senza coalizioni ma di larghe intese: fatto che fa storcere il naso per primo a Matteo Salvini che però dichiara di “fidarsi del voto degli italiani alle urne” e di accettare qualsiasi proposta purché si vada al elezioni al più presto, magari già da settembre; questa prospettiva non piace nemmeno alla sinistra che teme di scomparire di fronte ad un’intesa tra i colossi FI-PD-M5S.
Il sistema tedesco ha sicuramente il pregio di tradurre in larghissima parte la rappresentanza dei cittadini, come avviene per ogni proporzionale, e favorisce anche un rapporto diretto con gli elettori ed è qui, forse, che si può sollevare l’ultima e personalissima perplessità: in un sistema italiano più volte corrotto, clientelare e macchiato da episodi ricorrenti di voto di scambio (al punto da vietare le preferenze sulle schede a partire dalle elezioni del 1994) ci si chiede se l’Italia sia matura abbastanza all’introduzione di un sistema che preveda una vicinanza così stretta tra elettore e candidato e una visione del voto così “personale”.
Alice Porta