La visione a colori del mondo, analizzando la struttura anatomica dell’occhio, è permessa dalla retina. Se così non fosse, come avrebbe fatto il Caravaggio a creare una miscellanea di luci-ombre per rendere plastico il suo personaggio in primo piano e chi gli faceva da cornice? E andando avanti nel tempo, come avrebbe fatto l’ottimista (benché avesse problemi di alcool) Vincent Van Gogh ad inventare la tecnica dei colori discordanti-complementari per rendere il colore giallo la prerogativa dei suoi dipinti notturni, soggetto che amava di più rappresentare? Chiedetelo a lei, la retina.
Come è fatta la retina?
La retina è fatta da pars cieca e pars pigmentata, fatta a sua volta da coni e bastoncelli. Quella di nostro interesse è la pars pigmentata.
La pars pigmentata contiene i coni e bastoncelli che sono cellule specializzate, ovvero recettori o sensori della sensibilità visiva. Esse trasmettono il messaggio arrivato dal campo visivo.
Luce o buio?
Se il campo visivo è intriso di luce, i coni saranno iper-polarizzati internamente (potenziale interno negativo sotto i – 70 mV) e quindi inibiti; se, invece, sarà buio, i bastoncelli raggiungeranno un potenziale di azione che, in genere, corrisponderà a maggiore di +40 mV, così saranno in stato di eccitazione.
Come si trasmette il messaggio?
Per trasmettere il messaggio, questi sensori sfruttano, a loro volta, delle cellule bipolari nell’intermezzo (che sono neuroni con un corpo centrale e due code ai poli del corpo, che sono gli assoni). Esse hanno lo scopo di trasmettere le informazioni dei colori alle terminazioni nervose del nervo ottico.
Lo studio scientifico:
Fino a questo momento, le uniche ricerche sviluppatosi in tal senso sono state fatte sul topo, pertanto, vertevano sulla possibilità di crescita delle cellule specializzate nella visione “in bianco e nero”, ovvero sui bastoncelli perché essi vedono tramite depolarizzazione durante la visone notturna.
A tal proposito, le ricerche scientifiche non si potevano fondare, invece, sulla capacità di crescita dei coni che, al contrario dei bastoncelli, dovrebbero essere di nostro interesse perché abbiamo detto essere l’incipit di una veduta del mondo tipica dell’uomo, ovvero a colori.
In particolare, la veduta base dell’uomo si esplica sulla sua percezione dei tre colori principali, ovvero blu, rosso, verde.
Certamente, questo tipo di prospettiva del mondo “in bianco e nero”, ovvero dal punto di vista dei coni del topo, non permetteva fino ad oggi di comprendere, in primis, lo sviluppo delle cellule-coni e, consecutivamente, qualora se ne fosse compreso lo sviluppo, di poter intervenire in uno stadio di esse nel momento in cui fosse anomalo, per poter riparare il loro malfunzionamento. Naturalmente, questo getta le basi per la cura contro la cecità dei colori.
Il daltonismo e l’albinismo
Esempi tipici di tali processi morbosi che riguardano la veduta dei colori, sono: il daltonismo, visione distorta dei colori base oppure l’albinismo.
L’albinismo consiste in ipo-pigmentazione della cute ma anche oculare con logica riduzione o assenza, che si verifica durante la vita intrauterina (feto), della melanina nella cute, nei capelli, nei peli e negli occhi (Albinismo Oculocutaneo, OCA) o quasi esclusivamente negli occhi (Albinismo Oculare, OA).
Tuttavia, grazie allo studio del team di biologi della Johns Hopkins University, guidati dalla figura di Kiara Eldred, il quale è stato pubblicato sulla rivista “Science“, sono state utilizzate le cellule staminali pluripotenti indotte (IPS) che hanno un genoma più variegato delle loro derivate, ovvero le cellule multipotenti o precursori. Questo ne permette un migliore e più preciso intervento nelle patologie oculari trattate.
Come dice la parola stessa “staminali”, esse sono cellule ancora in fase non differenziata in un tipo ci cellula (es. del muscolo o dell’osso ecc.), la cui induzione nella crescita, in vitro, ovvero in provetta, ne ha permesso la direzione verso la linea cellulare dei fotorecettori coni.
Quest’ultimi, in base al numero di pigmenti che possiedono, riescono a essere stimolati (mediante il fenomeno della iperpolarizzazione) da diverse lunghezze d’onda della luce. Questa è la tipica differenza sulla visione dei tre colori principali nell’uomo che getta le basi, come abbiamo detto, per la futura realizzazione di una cura per le forme di cecità oculare.
Potrebbero esistere altre visioni e altri colori?
Ad oggi, tal obiettivo raggiunto è motivo, certamente, di orgoglio ma ci siamo mai chiesti se noi non vedessimo il mondo come lo vedono le altre specie animali? Nel senso che, se la nostra visione delle stelle, del mare, della natura, del sole, fosse limitata perchè, per fare un esempio di un animale, gli elefanti percepissero un altro colore, oltre ai tipici colori che siamo abituati a pensare o a vedere, quali blu, rosso e verde?
Allora, nella realtà oggettiva delle cose, e non mediata dalla nostra visione, il mondo potrebbe avere un quarto o quinto colore base che noi non siamo tenuti a vedere ma che nella realtà esiste?
Roberta Mineo