Willy Monteiro Duarte, un altro splendido ragazzo
è stato ucciso da “balordi”, questa volta a Colleferro,
pochi chilometri da Alatri dove fu massacrato tre anni fa Emanuele Morganti da altri “balordi” fratelli gemelli dei primi.
Quanto successo a Colleferro è una cosa terribilmente dolorosa, che lascia senza fiato. Però a questo punto dobbiamo guardarci in faccia e dirci le cose come stanno. La categoria dei “balordi” è più o meno la stessa, edonisti, cocainomani, fascistelli (o fascistoni a giudicare dalle magliette con il lupo di Libertà è Azione), stronzi dichiarati, impuniti. Le circostanze sono più o meno le stesse, tranne il fatto che al linciaggio di Emanuele hanno assistito centinaia di persone sostanzialmente senza fare niente.
Ho aspettato prima di scriverne, per capire un minimo quanto accaduto a Colleferro. E posso dire, senza offesa per nessuno, che ricomincia un triste spettacolo:
- Vedo in rete che ci sono persone esasperate che chiedono la “pena di morte”, l’”ergastolo”, punizioni esemplari.
- La giustizia che fa una fatica mostruosa a star dietro alla quantità impressionante di casi simili a quello avvenuto a Colleferro. Le forze dell’ordine dichiarano quasi sempre di “conoscere già” gli autori di questi gesti per pregresse ignobili gesta: spaccio, comportamenti violenti e illegali di ogni genere.
- L’informazione si accende sui territori periferici e sulle provincie soltanto quando accadono questi disastri, un pochino di spettacolo, i “tiggì”, i “tolcsciò”, chiacchiere a non finire.
- Poi sarà la volta di processi impotenti, frustranti, durante i quali i “balordi” sono liberi di prendere per il culo le famiglie delle vittime.
- Poi il silenzio della morte prende il sopravvento, i familiari delle vittime nella immensa solitudine del lutto, lì a leccarsi le ferite nei cimiteri.
Perché dobbiamo guardarci in faccia? Perché noi dobbiamo decidere quale società vogliamo, cosa vogliamo essere. Le povere vittime sono figli e figlie nostre, ma anche i “balordi” lo sono. Anzi quei “balordi” lo sono ancora di più delle vittime, perché a noi piacciono i vincenti, i bulli, gli spacconi, gli sboroni. Ci piacciono nella politica, in tv, al cinema, nel paese e nel quartiere. Sì, a noi piacciono gli imbecilli che sbraitano, urlano, si atteggiano, comandano, rompono il caxxo a tutti, noi li ammiriamo. Noi li votiamo, li eleggiamo, li vezzeggiamo, in una parola LI ALLEVIAMO.
In questo senso per favore lasciamo cadere ogni ipocrisia e guardiamoci in faccia: quei balordi ci rappresentano più delle vittime. Loro sono più simili a noi. Noi le vittime le evitiamo, di solito, perché i perdenti non ci piacciano. Ok, quando le vittime finiscono in “tivvù” diciamo “poveretto” “mi dispiace”, ma dopo un po’ torniamo ad ammirare la categoria degli “stronzi“ e lo facciamo senza remore. Quelli che alzano la voce, che alzano le mani, che fanno ciò che noi non abbiamo il coraggio di fare, quelli lì CI PIACCIONO DA MORIRNE.
Noi dobbiamo decidere cosa siamo e cosa vogliamo essere, nessun controllo di polizia può sostituire il “controllo sociale”. Se una società è coesa, sana, tende ad isolare gli “stronzi” non li esalta, non li ammira, non ne fa degli eroi. Magari prova a modificare la loro inclinazione, a “recuperarli” alla società stessa ben prima che ammazzino qualcuno, o si schiantino contro un albero a duecento all’ora dopo aver consumato alcool e cocaina.
Certo, se il “sistema giustizia” funzionasse un po’ meglio non guasterebbe, ma la polizia non può essere ovunque in ogni momento. I nostri occhi invece sono ovunque, così le nostre coscienze.
Nei nostri territori, nei paesini come Colleferro, ovunque abbondano le svastiche, i fasci, i manifesti violenti di organizzazioni criminali che si travestono da organizzazioni politiche, con slogan che hanno facile presa, che illudono. I territori sono abbandonati a se stessi, siamo nel far-west, ci sono solo le parrocchie e gli sceriffi disarmati dinanzi alle bande di violenti, sono pochissime le organizzazioni civili che fanno cose egregie ma nel deserto più assoluto. Ciascuno di noi si fa i caxxi propri, arraffa e arruffa.
La micro-criminalità ha sostituito la solidarietà sociale nel silenzio complice della maggioranza. I nostri figli, nipoti, amici hanno a che fare con quella microcriminalità. Ciascuno di noi ne conosce a iosa di “balordi”, noi sappiamo cosa fanno, dove vanno, cosa comprano con quali soldi. Quando comprano automobili che non potrebbero permettersi, sappiamo come hanno fatto, o no? O mi sbaglio? Non è per questo che quando ci chiamano a testimoniare nei processi stiamo zitti, o farfugliamo cose incomprensibili? Non è perché sappiamo perfettamente chi sono, ci prendiamo il caffè, ci lavoriamo, ci andiamo al pub assieme?
Quella malattia lì, quei comportamenti lì ci riguardano, ci crescono accanto e a volte dentro. dentro le case e dentro di noi. Ogni famiglia, a ben guardare, ha morti e feriti “sul campo”, come fossimo in guerra.
La partecipazione civile, democratica, alla vita collettiva è ridotta a poca cosa, qualche pro-loco. Fine. Se fossimo partecipi, vigili, solidali, gli “stronzi” e i “balordi” avrebbero meno spazio. Ma anche i migliori di noi al massimo stanno davanti uno schermo come quello che ho davanti a me in questo momento, a sfogarsi come sto facendo io, magari a scrivere cose violente e insulse come quelle che critica e che biasima, inconsapevole che così riproduce quella stessa merd*.
Ma cosa siamo? Cosa siamo diventati? Cosa vogliamo essere? Almeno facciamoci questa domanda, potrebbe essere un buon inizio.
Daniele Vicari
Mi sei piaciuto. Tanta verità nelle tue parole.