I cognomi esistono da moltissimo tempo, negli ultimi secoli della Repubblica romana le persone utilizzavano tre nomi: Il nome proprio, il cognome, e il soprannome. All’epoca il cognome sottolineava una caratteristica fisica o morale, o il luogo di provenienza. Con il tempo divenne ereditario, designando la famiglia di appartenenza.
Il cognome moderno, come lo conosciamo noi, si diffuse tra il IX e il X secolo in concomitanza con la crescita dei grandi centri urbani. Quando divenne indispensabile distinguere i vari individui che avevano lo stesso nome personale.
Con il passare del tempo l’uso del cognome si diffuse sempre di più, fino a diventare obbligatorio per legge, come al giorno d’oggi.
Cognome materno e paterno
La tradizione vuole che sia tramandato il cognome paterno. Quando nasce un bambino, quindi, prende il cognome del padre anche se poi, a seconda dello stato, cambiano usanze, leggi e abitudini. In Spagna, ad esempio, i figli assumono sia il primo cognome del padre che il primo della madre, invertendo l’ordine a seconda delle volontà. Negli Stati Uniti, invece, una coppia può decidere se chiamare proprio figlio con il cognome della madre, o aggiungerlo, o anteporlo a quello del padre.
In Italia il cognome è assegnato al momento della dichiarazione di nascita, per l’iscrizione del nuovo nato nel registro comunale dello stato civile. Se il figlio è nato da una donna sposata allora prenderà sempre il cognome del marito. Se la donna non è sposata ma il figlio è riconosciuto dal padre al momento della nascita prenderà cognome paterno, viceversa se è la madre a riconoscere per prima il figlio potrà attribuire il cognome materno. Nel caso in cui il riconoscimento avvenga contemporaneamente da parte di entrambi i genitori, prevale sempre il cognome paterno.
Cognome paterno retaggio patriarcale
L’attribuzione del cognome paterno è più che altro una consuetudine instauratasi nel tempo e confermata dall’articolo 262 del Codice Civile. Negli ultimi anni, però, si è arrivati a ragionare sulla questione, chiedendosi se tale articolo possa davvero considerarsi costituzionale. La norma pare più che altro figlia di una visione patriarcale, per la quale era solo l’uomo a contare qualcosa all’interno del nucleo famigliare. Per questo motivo il cognome della donna era ritenuto inutile, e oggi si continua a perpetuare questa tradizione erede di una cultura maschilista.
Situazione in Italia
Nella sentenza 286 si afferma chiaramente come la consuetudine dell’attribuzione del cognome paterno sia poco coerente con i principi di uguaglianza.
«retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna».
È stato il tribunale di Bolzano, nel 2016, a sollevare la questione, dopo che una coppia non sposata di comune accordo aveva deciso di attribuire al figlio il cognome della madre. Il singolo caso è stato preso come punto di partenza per arrivare a un pronunciamento più generale. La Corte Costituzionale, quindi, all’epoca si era espressa manifestando l’intenzione di porre fine a questa situazione. Anche perché l’Italia è oramai uno dei pochi Paesi in Europa ad avere ancora un sistema di attribuzione automatico del cognome paterno.
Per chiedere la possibilità di attribuire il cognome materno si è anche organizzata una raccolta firme su Change.org , con l’obiettivo di arrivare a una maggiore uguaglianza. Secondo i richiedenti le norme attuali violano l’articolo 2 della Costituzione sul diritto all’identità, l’art. 3 sull’uguaglianza dei cittadini, e il 29 sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi.
Dopo il pronunciamento del 2016 non è seguita una modifica poiché dichiarando anticostituzionale l’articolo del Codice Civile si creerebbe un vuoto legislativo. Per la sentenza 286/2016, però, è possibile dare al figlio il cognome materno, purché i genitori siano d’accordo e purché quello materno segua quello paterno. Se la coppia è sposata non è possibile trasmettere solo il cognome materno ma se non lo è si può adottare un escamotage. Al momento della nascita solo la madre dovrà riconoscere il figlio, assegnando il proprio cognome. Il padre lo riconoscerà dopo e sarà il Tribunale dei Minori a decidere quale cognome lasciare al neonato
Battaglia femminista e non solo
Ad oggi, quindi, grazie alla Corte Costituzionale è stato fatto un passo avanti. In ogni caso non è possibile dare solo il cognome della madre, ma si può attribuire il doppio cognome. Molte organizzazioni femministe e non solo, stanno portando avanti la battaglia per modificare la tradizione millenaria del cognome paterno. L’obiettivo è quello di dare ai cognomi lo stesso valore, di modo che non si tratti più di prassi o tradizione, bensì di libera scelta.
Nel 2017 è seguita una circolare che esplicitava la possibilità di attribuire entrambi i cognomi ma ciò non è sufficiente. Sono stati presentati quattro disegni di legge e in alcuni si propone di modificare l’articolo del Codice Civile. Due presentati nel 2018, uno nel 2019 e l’ultimo quest’anno. Questi disegni di legge risultano assegnati alla Commissione Giustizia in sede redigente, ovvero si sta cercando di accelerare l’iter di approvazione della legge, ma la presa in esame non è ancora stata avviata.
Nel febbraio 2021 la Corte Costituzionale con l’ordinanza 18 si è trovata costretta a pronunciarsi ancora sulla questione. Evidenziando la necessità di una nuova legge che faccia chiarezza.
Quest’anno, infatti, in occasione del quinto anniversario della sentenza emanata dalla Consulta, si è svolto un convegno dal titolo Cinque anni devono bastare per la riforma del cognome. Rete per la Parità ha organizzato l’iniziativa. La presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha auspicato che si approvi la riforma prima della fine della legislatura, forse quindi dovremmo attendere fino al 2023 per sentire ancora parlare di cognome materno.
Piccoli traguardi per una grande vittoria
È importante che non si dimentichi l’argomento, e si continui a parlarne. Sicuramente la questione del cognome, se confrontata ad altri problemi più urgenti, può considerarsi meno importante. La verità, però, è che si tratta di una battaglia significativa, e ottenere l’approvazione di una riforma in merito all’articolo del Codice Civile sarebbe un raggiungimento importante. Ogni piccolo traguardo è infatti un passo avanti verso la vittoria finale, verso la cancellazione delle disparità e il superamento di una visione patriarcale.
Non si tratta solo di una battaglia femminista ma di una ‘battaglia umana’. Per raggiungere l’uguaglianza in quanto individui meritevoli degli stessi diritti, sia uomo che donna. Forse nel 2023 arriverà il momento in cui l’attribuzione del cognome sarà una libera scelta, e dare a un neonato il cognome materno non sembrerà più un atto rivoluzionario, ma la normalità.
Marta Chiara Buiatti