“Nascondere” l’inquinamento – Il cambiamento climatico richiede interventi tempestivi e nuove idee. E’ questa la direzione presa dalla Climeworks, azienda dedita alla rimozione della CO2 dall’atmosfera.
Cristoph Gebald e Jan Wurzbacher, i due imprenditori tedeschi artefici del progetto, avevano presentato il modello già nel 2017: il loro impianto si trova a Hinwil, piccola città della Svizzera; è proprio qui che ha sede la Sauber, una storica scuderia di Formula 1, luogo ideale per la sperimentazione in atto. Tuttavia, di cosa parliamo?
Il prototipo della Climeworks si trova sul tetto di un termovalorizzatore, che brucia rifiuti per produrre energia elettrica: si presenta come una grande ventola (sono stati costruiti impianti formati da dozzine di esse); aspirando l’aria dall’esterno, crea al proprio interno una miscela con una particolare sostanza assorbente. Questi granuli microscopici si legano alla CO2, che si separa, così, dal resto dell’aria. “L’impianto sarà in grado di catturare 900 tonnellate di CO2 l’anno – spiegava nel 2017 Valentin Gutknecht, Ceo dell’azienda – attraverso l’uso di collettori e grandi filtri realizzati dopo anni di tentativi. Potrebbe essere una rivoluzione”.
La novità sta anche nella possibile vendita della CO2: parliamo dell’industria automobilistica e alimentare (es: le bevande gassate). Non solo. L’anidride carbonica, convogliata in serra, stimolerebbe la crescita della verdura. Si riconfermano così gli ultimi dati divulgati da Eurofound: l’energia rinnovabile crea posti di lavoro e questo progetto sembra garantire ulteriore introito. Una delle intenzioni è quella di pompare l’anidride carbonica nel sottosuolo, dove si legherebbe agli strati rocciosi; le sperimentazioni sono attualmente in corso vicino a Reykjavik (Islanda).
Ovviamente, i costi in gioco sono elevati: lo sviluppo dei macchinari ha constatato una spesa tra i 3 e i 4 milioni di dollari, portando l’azienda in perdita; inoltre il loro funzionamento richiede grandi quantità di energia elettrica. La rimozione di una tonnellata di CO2 costerebbe tra i 500 e i 600 dollari. Attualmente non è comunque il problema più grave, vista la recente raccolta fondi per circa 50 milioni di dollari; sarà però da constatare il reale beneficio degli impianti, se e come daranno i loro frutti nel tempo.
Il problema principe, però, riguarda governo e istituzioni; attualmente nessuno ha mostrato particolare interesse ad acquistare CO2. I dati sulle emissioni di anidride carbonica sono allarmanti, ma nonostante ciò il mondo sembra andare nella direzione opposta. Niente di nuovo, in ogni caso: è difficile stupirsi dopo gli atteggiamenti degli ultimi anni; basti solo ricordare Trump rinunciare agli accordi di Parigi (impresa piuttosto opinabile per un presidente degli USA nel 2017).
Ancora una volta, l’unico ago della bilancia resta la decisione di altri; vedremo se si tratterà di cognizione o dell’ennesimo schiaffo al buon senso.
Eugenio Bianco